
Roma - Seguendo, con appassionata fedeltà, il suo amore per la bellezza, Brunello Cucinelli ha spesso incrociato le strade dello sport. Praticandolo (molto calcio in passato, ora molto nuoto) e osservandolo da esteta dell’agonismo più che da tifoso, alla ricerca dell’umanità nel gesto e della disciplina, anche morale (epica la lotta affinché i giocatori e gli allenatori del “suo” Castel Rigone non protestassero con l’arbitro e men che meno insultassero gli avversari). Tuttavia, nel film nel quale si racconta, diretto dall’Oscar Giuseppe Tornatore con musiche dell’Oscar Nicola Piovani, di sport ce n’è giusto qualche fotogramma, in un frammento di un Super 8 d’epoca, che lo vede nelle vesti di calciatore. Eppure la prima del suo film ha visto una folta rappresentanza di sportivi, da Sascha Zverev (elegantissimo e accompagnato dal fratello Mischa) a Beppe Marotta, i campioni del mondo Angelo Peruzzi e Marco Tardelli più un lungo elenco di dirigenti (compresi Galliani, De Siervo, Gravina e Malagò), a segnare il forte legame di Cucinelli con quel mondo che fabbrica emozioni vere, brividi per l’anima che Brunello nutre in modo molto assortito, purché sia autentico, da Aristotele a Wimbledon.
Fantasia, genialità e applicazione
Emerge nitido nel film, che traccia una parabola in cui è facile ritrovare la traiettoria di molti sportivi, partiti dalla povertà e arrivati in cima al mondo. Nella felice umiltà rurale delle origini, nella campagna umbra in una numerosa famiglia di mezzadri, con un po’ di fantasia, ci si può trovare la stesse radici nella rurale e povera zona di Minas Gerais che ha visto Pelé nascere in condizioni simili. Fantasia, genialità e applicazione sono poi le chiavi del successo di Cucinelli, che ha intuizioni folgoranti, ma appoggia la sua creatività sull’instancabile capacità di lavorare per vedere realizzata la sua idea. È divertente, nel film, ascoltare l’amorevole rassegnazione della moglie quando ammette che «se Brunello si mette in testa qualcosa, quasi sempre quella cosa si fa», pausa, «anzi sempre». È il tratto che distingue i campioni dai fuoriclasse, i primi si accontentano delle loro grandi qualità, i secondi ci lavorano sopra per migliorarle. Ed è quell’abnegazione, quell’entusiasmo con cui coinvolge tutti e trascina tutti che rende simpatico anche l’aspetto egocentrico del film, smussato con l’autoironia (in conferenza stampa dirà: «Mi vedevo anche come Papa») e l’ironia affettuosa dei testimoni del film, dalla moglie alle figlie, passando per le star dello spettacolo internazionale (Oprah Winfrey contribuisce in molti passaggi, per citare una).
Cucinelli campione del Mondo
Perché se fosse uno sportivo, Cucinelli avrebbe già vinto il Mondiale: imprenditore nel settore della moda dalla fine degli Anni 70 e oggi a capo di un’azienda quotata a New York da un miliardo di fatturato, seguendo un percorso nel quale non ha mai perso di vista le sue radici (il paesino di Solomeo, quartier generale della sua impresa) e i suoi principi (una fabbrica a misura e, soprattutto, a rispetto dell’uomo). Cucinelli è un fuoriclasse italiano, è uno di quei fenomeni che ci rendono orgogliosi e che ci fanno fare bella figura all’estero. Sì, insomma, una specie di Sinner, che - tra l’altro - Brunello conosce e adora in tutto, tranne che nei colori scelti dallo sponsor per i suoi completi da gioco che disapprova quasi sempre. E il film, non a caso realizzato con altri due simboli dell’Italia nel mondo come Tornatore e Piovani, farà il giro del mondo, dopo essere uscito nelle sale italiane per tre giorni (9, 10 e 11 dicembre). Cucinelli al Mondiale ci va e anche da favorito, perché la sua storia sincera farà impazzire gli americani che già lo considerano un mito. E, sì, è bello il film, anche al di là dei messaggi importanti che lancia, è una storia che si segue volentieri, lasciandosi trasportare dalla leggerezza calviniana con cui Cucinelli ha sempre affrontato la vita, dall’infanzia povera alla lunghissima adolescenza cazzeggiante, tra le partite a carte al bar e i giri in moto, un periodo apparentemente inconcludente che poi si rileva una specie di ritiro precampionato, nel quale Brunello si è allenato in una strana, ma efficacissima palestra, per poi andarlo a stravincere quel campionato. C’è poco sport nel film di Brunello (e forse poteva essercene un po’ di più), ma se lo vede uno sportivo, è difficile che non si immedesimi, è impossibile che non ne venga ispirato.
