L'Italia torna in campo per l'amichevole contro la Svizzera

Uno sfavillante 4-4 per gli Azzurri di Pozzo, firmato dalla doppietta di Biavati, dalla rete di Loik e dal rigore trasformato da Piola, nella prima gara del dopoguerra disputata l'11 novembre 1945. In quel giorno, tensioni a Corigliano Calabro per il primo comizio monarchico organizzato per il 76° compleanno del re Vittorio Emanuele III
L'Italia torna in campo per l'amichevole contro la Svizzera

La data dell'11 novembre 1945 segna il ritorno in campo dell'Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale. La Nazionale di Vittorio Pozzo, a Zurigo, è ospite della Svizzera in un incontro amichevole che regala spettacolo e, soprattutto, reti. Contro gli elvetici finisce infatti con uno scoppiettante 4-4, frutto della doppietta di Biavati, della rete di Loik e del rigore trasformato da Piola. «Otto reti. Storia lunga. Non perdiamoci in preamboli: il tempo stringe e il telefono, coi suoi minuti d'oro, ci obbliga a giusti sacrifici. Il campo del Grasshoppers è una grande fungaia di ombrelli, chiusa al nord da un anfiteatro di case i cui tetti biancheggiano di neve, confinante a sud con l'atmosfera plumbea che incombe sulla città. La neve ha cessato di cadere, ma piove, un'acquerugiola continua, un'umidità perfida che entra nelle ossa», l'affresco della giornata tratteggiato da Renato Casalbore su Tuttosport del giorno successivo.

Una strage sfiorata al comizio monarchico per il compleanno di Vittorio Emanuele III

“Si è rischiata la strage”, l’11 novembre 1945 a Corigliano Calabro. Gli strascichi della Guerra erano ancora presenti, tensioni e contrapposizioni ancora vive: quel giorno era stato organizzato il primo comizio monarchico per il 76° compleanno del re Vittorio Emanuele III. Un corteo aveva raggiunto piazza del Popolo, l’organizzazione era “accurata e tendente ad accreditare l’immagine di un movimento politicamente forte”. Fino a che si sentirono chiaramente tre colpi di pistola e una bomba a mano fu lanciata nella piazza, ma per fortuna non esplose: le forze dell’ordine reagirono sparando, per lo più in aria, e tra la folla si diffuse il panico. La responsabilità venne subito attribuita ai comunisti, “dalla cui sezione al primo piano di palazzo Caruso sarebbero partiti gli spari e la bomba” e i partecipanti al corteo decisero di devastarne la sede. Quando le forze dell’ordine riuscirono a far cessare gli scontri, non registrarono “miracolosamente alcun danno alle persone”.

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