Racconto il mio amico Attanasio ucciso in Congo con il carabiniere Iacovacci

Racconto il mio amico Attanasio ucciso in Congo con il carabiniere Iacovacci

Un colpo al cuore. Tremendo. Sono scioccato, addolorato, tramortito dalla notizia che è arrivata dal Congo, il mio Paese, il Paese da dove la mia famiglia è emigrata in Italia molti anni fa e con il quale ho mantenuto saldi legami, anche se oggi mi sento per metà congolese e per metà italiano in questa vostra/nostra Nazione meravigliosa, dove sono diventato il primo direttore sportivo africano a diplomarsi a Coverciano. Io, Luca Attanasio l’ho conosciuto bene, proprio in Congo. Ho apprezzato il suo altruismo, la sua generosità, il suo amore per l’Africa e per lo sport. Non riesco a credere che sia stato ucciso durante una missione umanitaria, assieme alla sua scorta, il carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista congolese Moustafa Milambo, conducente del convoglio del Programma Alimentare Mondiale (Pam). Un attentato vile, ignobile, ributtante, a quanto pare perpetrato da una banda di ribelli nella cittadina di Kanyamahoro, vicino a Goma, nel Nord- Est della Repubblica Democratica, vicino al confine con il Ruanda e con l’Uganda, un territorio ricchissimo di prodotti del sottosuolo.

Purtroppo, quella regione da troppi anni è teatro di un conflitto spaventoso e dimenticato. Nei giorni scorsi, proprio lì erano stati uccisi i Rangers addetti alla sicurezza del Parco naturale del Virunga, uno degli ultimi paradisi dei gorilla di montagna, sito Unesco patrimonio mondiale del’umanità. Nel solo 2020, le bande rwandesi e ugandesi che imperversano senza tregua hanno ucciso duemila persone, causando l’esodo di cinque milioni di abitanti. Sono incredulo nel commentare ciò che è avvenuto: due servitori dello Stato italiano, così amico del Congo, assassinati mentre stavano facendo il loro dovere, per aiutare i più bisognosi in una nazione così povera, eppure così ricca di materie prime che tanto fanno gola a chi sfrutta il mio popolo. Storicamente, l’Italia è uno dei Paesi che più aiuta la Repubblica Democratica. Sono moltissimi i missionari e gli operatori solidali italiani che con coraggio e dedizione vivono nella mia terra e sono in prima linea nell’aiuto alla popolazione.

Ho conosciuto Luca Attanasio tramite il signor Gianmario Conti, imprenditore bergamasco innamorato del Congo, cofondatore della scuola calcio Ujana (in congolese significa gioventù), nella capitale Kinshasa. Conta quattromila ragazzi ed è una delle più grandi scuole calcio africane. Io ne ero il direttore sportivo. Ho avuto la possibilità di incontrare personalmente l’ambasciatore: un signore ricco di umanità, culturalmente molto preparato, profondo amante dell’Africa. Di lui mi ha colpito una frase che mi ha detto: «L’Africa bisogna saperla amare, con i suoi pregi e con i suoi difetti». Luca, l’Africa la conosceva bene, essendo stato anche in Nigeria e in Marocco, dove aveva conosciuto sua moglie, Zakia Seddiki, madre delle sue tre figlie, di cui due gemelle, fondatrice e presidente dell’ associazione umanitaria Mama Sofia, a sostegno delle donne africane. Lo scorso ottobre, Vittorio e Zakia avevano ricevuto il prestigioso premio internazionale Nassiriya per la pace. Sempre sorridente e disponibile, ricco di idee e fautore di iniziave solidali per i ragazzi e le ragazze congolesi. Attanasio credeva molto allo sviluppo della regione più martoriata della mia terra. Se n’è andato un grande italiano e un brillante diplomatico: diventare il più giovane ambasciatore nella storia del nostro Paese non è una cosa da tutti. Mi stringo forte alle famiglie dei Caduti; a Limbiate e a Sonnino, il paese natale di Spillo Al- tobelli. Stanno piangendo i loro Eroi. Da italiano e da congolese, io vi dico grazie, Luca e Vittorio. Che il vostro sacrificio non sia stato vano.

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