Le Figaro: "Origine Covid, torna l'ipotesi fuga da laboratorio"

Dal dipendente contaminato da un animale da laboratorio al rifiuto trattato non adeguatamente che ha infettato una persona esterna: ecco gli scenari
Le Figaro: "Origine Covid, torna l'ipotesi fuga da laboratorio"© Getty Images

Qual è la reale origine del Coronavirus? Di acqua sotto i ponti ne è passata dal primo caso, ma dare una risposta a questo quesito rimane impresa ardua. C'ha provato il quotidiano francese Le Figaro, che fa largo all'ipotesi secondo cui l'origine di tutto sarebbe da attribuire a una fuga da laboratorio. Un'ipotesi scartata quasi immediatamente dopo la prima missione conoscitiva in Cina risalente al 30 marzo 2020, anche se il direttore dell'Oms, Tedro Adhanom Ghebreyesus, ha ribadito: "Dati e studi supplementari sarebbero necessari per arrivare a conclusioni più solide, per le quali servirebbero altre missioni con esperti specializzati, che io sono pronto a mettere a disposizione". Le zone d'ombra rimangono tante, al punto che un gruppo di scienziati, ribattezzato il "gruppo di Parigi", attraverso una lettera ha chiesto più trasparenza da parte della Cina. La lettera più recente, diffusa venerdì, propone una dettagliata metodologia d'inchiesta, con una lista di domande precise e di risorse essenziali che permetterebbero di fare un po' di chiarezza. Nel documento viene prefigurata una lista di scenari accidentali possibili, che vanno dal dipendente contaminato da un animale da laboratorio al rifiuto trattato non adeguatamente che ha infettato una persona esterna. 

Covid, ombre sulla Cina 

Il mercato di Wuhan fin da subito è stato identificato come il luogo dal quale è partita la miccia. Ciò che sorprende, però, è il ritardo nell'intervento del governo cinese. Mentre i primi casi venivano registrati già da alcune settimane, l'inchiesta è stata aperta "solo" l'8 dicembre: "La Cina ha creato una sorta di fortezza, un muro artificiale che infastidisce molto l'Oms", spiega Gilles Demaneur, co-firmatario di queste lettere aperte e membro del collettivo di ricerca indipendente Drastic, che ha indagato sulle origini della pandemia analizzando dati liberamente disponibili sulla Rete. Quali siano state le cause non è dato saperlo, ma un fatto è chiaro: l'equipe del dottor Shi Zheng Li, specialista mondialmente riconosciuto nel settore, ha identificato a posteriori in una minera di rame in disuso nello Yunnan, il cugino "naturale" del Sars-Cov-2: il RaTG13, virus scoperto in un prelievo di escrementi di pipistrelli realizzato nel 2013. "Questo non prova niente ma può anche voler dire che in Cina stessero lavorando su questo virus da parecchi anni", azzarda il virologo Etienne Decroly, direttore della ricerca CNRS, uno dei membri più influenti del "gruppo di Parigi". Altro punto interrogativo rimane sul motivo per il quale le autorità cinesi non avevano allertato l'Oms dopo che sei lavoratori della miniera di Tongguan avevano contratto nel 2012 una polmonite atipica e tre erano morti. Il problema non è sapere se questi lavoratori siano stati infettati dal Sars-CoV-2 (i quattro sieri dei pazienti inviati al WIV nel 2012 sono stati esaminati e risultati negativi), ma se abbiano potuto essere infettati da un virus simile e cosa implicherebbe questo avvenimento. Se un'infezione diretta dovuta a un virus di pipistrello fosse confermata, uno scenario che sembrava finora poco plausibile, questo vorrebbe dire che è ipotizzabile che l'attuale epidemia abbia un'origine simile. Così come bisognerebbe spiegare come il virus è circolato e come può variare rapidamente attraverso delle modifiche in laboratorio. 

L'ipotesi dell'origine animale

Dopo la pubblicazione del genoma del Sars-CoV-2, Etienne Decroy ha sottolineato la presenza di una sequenza che rende il virus particolarmente adatto all'infezione umana. Questo pone la questione nella comunità scientifica perché tale virus possiede caratteristiche riconducibili a esperimenti di laboratorio. "Ma questo può anche essere il frutto di una ricombinazione naturale tra diversi virus apparentati in seno a uno stesso ospite intermediario", suggerisce il ricercatore. Così l'ipotesi di una contaminazione tramite diversi allevamenti (procioni e visoni) non può essere esclusa. E tale ipotesi metterebbe in imbarazzo probabilmente tutta la Cina. "Il problema è che è impossibile saperlo se non si dispone di questi virus  originari - continua Etienne Decroy -. Tra gli 80mila campioni di animali selvatici, di bestiame o di pollame prelevati tra fine 2019 e inizio 2020 in Cina, nessuno presenterebbe sequenze vicine al Sars-Cov-2 secondo le autorità cinesi. Questo non vuole evidentemente dire che l'origine del virus non è interamente naturale, ma questo non esclude neanche la pista del laboratorio". Poi resta aperta la pista del pangolino. Tante le zone d'ombra e i nodi da sciogliere mentre intanto il mondo continua una battaglia iniziata già da oltre un anno. 

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