Gandini esclusivo: "Torino, la sfida di Coppa Italia è già vinta: tutto esaurito per la finale"

Il Presidente di Legabasket, ospite di Tuttosport, analizza presente e futuro in vista delle Final Eight: "Stiamo investendo sul digitale, dobbiamo conquistare nuovi appassionati"
Gandini esclusivo: "Torino, la sfida di Coppa Italia è già vinta: tutto esaurito per la finale"

TORINO - In città per presentare la prossima Final Eight di Coppa Italia al Pala Alpitour, il presidente di LBA Umberto Gandini è ospite di Tuttosport. E si parla di basket presente e futuro, comunicazione.

Presidente Gandini, per molti la sua scelta di Torino e del Pala Alpitour era esagerata con 11.980 posti da riempire.
«E invece registriamo il tutto esaurito per la finale, mentre per il sabato delle semifinali resta qualche migliaio di biglietti. Mercoledì e giovedì sono storicamente giornate più difficili, ma avremo di sicuro 5000-5500 presenze. E restano ancora 10 giorni con la città tappezzata dai manifesti dei giocatori e i nostri marchi. E mancano gli arrivi dalle città delle squadre qualificate. Mercoledì sera c’è Varese, giovedì Tortona. Qualcuno arriverà». 
 
La chiave?
«A Torino abbiamo trovato grande supporto, qui si fa squadra. Regione, Comune, Camera di Commercio e federazione locale hanno svolto un lavoro straordinario. Noi dobbiamo andare in palasport di dimensioni importanti, continuare con Bologna-Pesaro-Milano è una scelta conservativa. Se ci radichiamo non sapremo mai quanto sia popolare i basket a livello nazionale. Se vogliamo crescere, dobbiamo andare dove c’è margine». 
 
È da qualche anno nel basket. Ha idea di come si possa fare business in Italia e in Europa. O perlomeno a pareggiare i conti?
«La grande maggioranza delle squadre pareggia, al massimo si perde qualche migliaio di euro. Gli ultimi 20 anni hanno portato tutto lo sport che non è calcio a soffrire. Lo si vede dai numeri nei palasport, dai diritti tv, dal giro di affare. Io posso dire che il basket italiano ha un giro d’affari da 120 milioni di euro e che la perdita complessiva è intorno al 10 per cento. Noi dobbiamo innanzitutto riportare la gente nei palasport e per fare questo occorre lavorare molto forte sul territorio e allargare il più possibile i confini delle persone interessate. Raggiunto l’obiettivo bisogna far diventare appassionati coloro che sono interessati. Io cerco di dare alle associate una piattaforma sui cui i club devono lavorare. La lega da quando sono arrivato a oggi ha raddoppiato il suo fatturato. Non si è potuto fare miracoli. Ma negli ultimi 12 mesi il numero di appassionati è cresciuto del 7 per cento, significa 2 milioni in più». 
 
In quale fascia di età?
«È cresciuta molto quella che a me interessa, perché il basket come lo sport in generale ha mercato dai 50 anni in su. Ora i dati certificano che tutto quanto stiamo facendo a livello social, digital porta a una crescita del pubblico dai 20 ai 25 che ha più appeal per i pubblicitari. Poi che l’audience televisiva invecchi e diminuisca è stracerto. Cercare di avere uno spazio si fa fatica». 
 
Pensate a prodotti per le piattaforme streaming come fatto da F1 e tennis?
«A Torino come aperitivo delle Final Eight faremo la proiezione a inviti martedì 14 al Lux di “Un coach come padre” la storia di Sandro Gamba, un’icona. Credo che poi la distribuzione sarà su Eleven, Dazn. E Eleven ha canale su Prime, ormai c’è molta class promotion. Per i prodotti sull’attualità occorrono mezzi, ma soprattutto bisogna creare nuovi personaggi, seguirli, costruirli. Abbiamo cominciato, investito tanto sul digitale, moltiplicato per 5 i video, siamo andati su più piattaforme, abbiamo un canale tik tok e funziona. Cose brevi e interessanti». 
 
Che catturano l’attenzione dei giovani.
«Oggi i giovani hanno una miriade di opportunità, un’offerta illimitata, poco tempo e si appassionano in particolare alle storie. Raccontare oggi le storie del basket di 40 anni fa aiuta perché fa cultura ma non porta la gente nei palasport. Devi dimostrare che è bello esserci, appassionante». 
 
Ma c’è anche la Nba.
«Un disastro dal punto di vista del paragone, perché impossibile. Il basket è l’unico sport al mondo con un prodotto così drammaticamente diverso e inarrivabile. Impianti fantascientifici atleti straordinari, marketing globale. Noi dobbiamo far sapere a chi segue la Nba che si gioca un grande basket anche in Italia, che abbiamo schiacciate e tiri da tre, talenti». 
 
Forse servono più italiani, la Bundesliga impone ai club che il 10 per cento del budget sia sui settori giovanili.
«C’è un problema di filiera. Ma lavorare sui settori giovanili oggi non è facile. Ci sono tanti costi certi e non hai ricavi perché non esiste più il mercato. L’abolizione del vincolo creerà altri problemi, ma la contemporanea istituzione del premio di formazione e del contratto di lavoro sportivo incideranno, vedremo. Deve migliorare anche la qualità degli insegnanti. Che ora partono dai settori giovanili per diventare coach, mentre sono lavori diversi. Poi dobbiamo portare il basket nelle scuole. E come ha detto il ct della pallanuoto Campagna, dobbiamo dire ai talenti di 16 anni cosa occorra per andare alle Olimpiadi. Poi si potrebbe abbassare l’età della premialità, immagino io». 
 
Come armonizzare un campionato con società che hanno budget così diversi? Lasciando che le big di Eurolega giochino soltanto playoff e Coppa Italia?
«Rappresento 16 realtà, siamo in democrazia e le proposte per migliorare le portiamo in assemblea e si discute. Il tema dei percorsi diversi non è sul tavolo. Per armonizzare un tema importante è quello dei palasport. Ora abbiamo quattro progetti in Italia: Tortona, Brindisi, Cantù, Venezia». 
 
Grandi città e wild card, tema ormai scartato?
«Per le wild card credo sia tardi . C’è stata un’opportunità post-covid, ma abbiamo provato con mano che non era possibile, il salto è molto grande. Io credo che 16 squadre in A sia il numero ideale. Mi auguro tempestiva razionalizzazione dei calendari nelle coppe».

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