Comunicazione, spettacolo: Fiba ha compiuto un grande sforzo innovativo col campo “led glass”, pavimento in vetro (con paramenti di altissima qualità) su cui proiettare immagini, per il Mondiale under 19 femminile in Spagna.
«Sono molto contento si sia partiti da un evento femminile di alto livello. Un segnale, è questa la strada da percorrere. È stato uno spettacolo nello spettacolo».
Il rapporto di Fiba Europe con la Nba che cresce a dismisura. E poi aumentano i contratti two-way, in G League si è pagati meglio, i college hanno i contratti di immagine. Il rischio è vedere partire più giocatori anche giovani e veder arrivare americani meno forti. Si rischia l’impoverimento.
«Innanzitutto se un’organizzazione di basket cresce è sempre una buona notizia. I fans Nba possono guardare anche il Real Madrid o Milano. Dobbiamo trovare una giusta collaborazione con la Nba, dobbiamo spingerci a migliorare, essere più attrattivi per i giocatori. Altrimenti le regole non servono. Quest’anno i fratelli Hernangomez tornano. A me preoccupa piuttosto chi va via troppo presto, magari non gioca e frena lo sviluppo. Ma il modo in cui lavora la Nba per fare crescere il mercato e brand è un esempio. Poi c’è chi dice che la Nba è solo show. Io dico che bisogna trovare un equilibrio. E la parola che mi piace è “sportainment”, sport-intrattenimento. La partita è bella, però vogliamo fans nuovi, giovani, che adesso hanno mille altri interessi, canali, offerte di intrattenimento».
Nba, ma tanti altri sport internazionali, pensiamo a tennis e F1, si sono buttati sulle piattaforme. Il basket europeo ci pensa?
«Ci sono 80 milioni di “core-fans” in Europa, non fan casuali. Sono tanti! Potremmo costruire una piattaforma per avere tutto il basket che agli appassionati piace vedere. Campionati e coppe. Importante è che il fan possa sapere dove andare se vuole guardare il basket».
Il suo rapporto con l’Italia, la federazione. E il ricordo più bello.
«L’Italia è una parte molto importante della mia vita. Sono stato 4 anni, indimenticabili dal punto di vista personale e sportivo. Sono arrivato a 21 anni e sono diventato uomo. Se non dovessi vivere in Spagna, vivrei da voi. Nel 2015 prima di sposarci ho portato mia moglie in Italia. Abbiamo fatto il viaggio della nostra vita: presa la macchina a Roma, abbiamo girato ovunque, comprese Toscana e Veneto. A Treviso ho tanti amici. Il rapporto con la federazione italiana è ottimo. Stimo moltissimo il presidente Petrucci e per me il Segretario generale Maurizio Bertea è una delle persone più affidabili e incredibili che ci siano nel basket, membro di Fiba Europe e del Comitato Esecutivo».
Il caso dell’Arabia, del modo arabo che irrompe nel calcio non solo nell’organizzare grandi eventi, come lo vede anche per il basket?
«Io ho un bellissimo rapporto con lega e federazione del calcio iberico. I problemi sono molto simili. È importante cosa sta facendo l’Uefa. Difendere la piramide del football come quella del basket. Per me i campionati nazionali sono come il pranzo, l’Europa come quando si va a cena in un posto speciale. Allora ti prepari. Sulla questione politico-sociale, io non faccio politica, ma politica sportiva. Ci sono però compagnie in tutto il mondo che lavorano con quei Paesi. Ai Mondiali di calcio mi hanno detto che c’è stata un’organizzazione di altissimo livello. Noi facciamo sport. Il mondiale 2027 sarà in Qatar, Sono stato al meeting e abbiamo parlato di organizzazione, arene, promozione, hotel di altissimo livello».
Caso delle naturalizzazioni. E l’eleggibilità si può uniformare, a prescindere dai singoli contesti politici? Per dire, l’Italia non ha lo Ius soli.
«È molto difficile con 50 Paesi e 50 norme diverse sulla cittadinanza. La regola che solo un naturalizzato possa giocare in Nazionale è l’unico modo per tenere sotto controllo. Ormai tutti si muovono così, abbiamo fatto in Spagna con Lorenzo Brown. Ma solo uno sarà in Nazionale. Per il resto, il mondo è cambiato. E se il mondo cambia, bisogna riflettere, studiare, capire se la norma che abbiamo è corretta o se possiamo essere ancora più giusti. Venticinque anni fa era raro vedere famiglie trasferirsi in Europa. Ora abbiamo ragazzi nati qui, la Spagna ha i Garuba, ha Baba Miller. Hanno tutti i diritti di giocare in Spagna. E questo vale per tutti i Paesi».
Chiudiamo con i Mondiali. Previsioni? La Spagna è detentrice.
«Sulla Spagna non mi sbilancio oltre quanto detto. Non è la più forte, avrà assenze, ma è molto compatta, ha un sistema, è figlia di un progetto. Sui Mondiali si parla di assenze, ma sono sicuro che vedremo un basket di altissimo livello e grande intensità».