Curiose e sicuramente rivedibili regole Fiba, ma anche quelle del nostro basket. Un italiano per discendenza sanguinea, su cui si basa la legge dello Stato (anch’essa rivedibile ovverosia ampliabile al diritto per scolarità e nascita), diventa italiano in campo se nato all’estero soltanto se gioca una partita in Nazionale. Così Grant Basile ha dovuto attendere un anno e mezzo prima di dirsi italiano a tutti gli effetti sportivi, seppur in possesso di passaporto. Ma al debutto azzurro ha subito confermato le sue qualità che non sono poche e certo servono alla Nazionale, quanto i suoi 206 centimetri. Il suo fatturato: 19 punti 4 rimbalzi, 3 assist e 3 rubate in 20 minuti.
Grant, ci racconti le sue sensazioni del debutto.
«È stata un’esperienza “super coool”, meravigliosa fantastica, una bella emozione. Avere l’opportunità di indossare la maglia azzurra, in un grande ambiente, direi famigliare, giocando una partita che contava per le qualificazioni. Tutto grande».
Un’opportunità attesa un anno e mezzo, dal suo arrivo in Italia.
«Sì, è qualcosa che aspettavo da tempo, la sognavo, è stato davvero eccitante esserci riuscito. E ora sarò finalmente italiano anche per il campionato, avere la formazione è importante per la mia carriera, non lo nego».
Ha notato differenze tra il gioco internazionale e quello di campionato?
«Fin dagli allenamenti. Rappresentare la Nazionale trasmette a tutti giocatori un livello più alto di emozione e passione, che diventa intensità. Si dà tutto quanto si ha in corpo. Le partite hanno un’intensità palpabile».
Lei però ha mostrato poca emozione. Primo pallone toccato e canestro da sotto, secondo tiro, una tripla a segno appena ricevuto il pallone.
«Sono entrato in campo molto emozionato davvero, sentivo il corpo fremere. Ma su un cambio difensivo dell’Islanda ho ricevuto un fantastico passaggio. Nel secondo caso non c’è stato cambio e allora ho visto spazio e ho tirato. Così mi sono calmato e tutto è diventato più naturale. Poi avere un capitano come Spissu che è anche un gran passatore, ha superato i 250 assist in Nazionale, ti mette in ritmo. Il ct Pozzecco l’aveva detto nel piano partita, passatevi la palla e qualcosa di buono nascerà».
Al suo arrivo ci aveva detto di dover migliorare in difesa e fisicamente. Adesso?
«Devo continuare a sviluppare tutto, trovare il tempo giusto per fare le cose ascoltare. È tutto nuovo, devo crescere a ogni incontro, migliorare in difesa, ma anche le letture in attacco. Qualità mie? Sono versatile, so andare in post, ma anche aprire il campo se marcato da uno più grande o come me».
Lei è stato portato in Italia da Tortona, che però ha deciso di rescindere la scorsa estate. Cosa ha provato?
«Il club ha deciso di andare per la sua strada, ma la mia visione è che fosse importante avere stabilità e spazio per sviluppare il mio gioco. Lo scorso anno, al mio debutto, ho cambiato 4 squadre, non è stato affatto facile. È andata bene a entrambi. E a Cantù ho trovato l’ambiente ideale».
Ci parli delle sue origini.
«Mio bisnonno è partito da Palermo. Sono figlio unico, mio papà Michael giocava a basket in un piccolo college del Wisconsin, poi è stato il mio allenatore alle superiori. Ci troviamo ancora con la famiglia allargata a Natale, si mangiano gli arancini e gli spiedini. Dunque conoscevo la cucina italiana, ma qui è una rivelazione. Ogni posto in cui vai trovi piatti locali, originali».
Laurea? E cosa conosce adesso del Paese dei suoi avi?
«Sono laureato in accounting, sarebbe ragioneria, ma è più legata alle finanze. L’Italia è un Paese fantastico, la gente molto accogliente, disponibile. E ogni posto è unico, una scoperta».
Suoi obiettivi?
«Voglio sviluppare il mio gioco fino al più alto livello europeo. Per il prossimo anno voglio giocare in Serie A, possibilmente con Cantù, grazie alla promozione»
Il primo impatto con il ct Pozzecco.
«Con la sperimentale nel 2023. Conosce il gioco, da ex campione sa cosa provano i giocatori, sa che non siamo perfetti. Mi è stato di grande aiuto nel capire il gioco».