NEW YORK – La NBA celebra in queste ore una delle ricorrenze più particolari, ma certamente più importanti per la storia recente di questo sport: l'annuncio del ritorno di Michael Jordan. Che con la dichiarazione più breve di sempre, attraverso una nota inviata dal suo agente David Falk, disse semplicemente: “I'm back”. E il 19 marzo 1995 scese in campo con Chicago contro Indiana. Una notte che, a suo modo, sconvolse la Lega.
RITORNO – Jordan si era ritirato 18 mesi prima, dopo tre titoli NBA consecutivi, ma anche dopo lo choc per la scomparsa del padre James, assassinato dai rapinatori il 23 luglio 1993. MJ disse basta, e cercò di diventare un giocatore di baseball della MLB, un tentativo che però non ebbe successo. Il ritorno di Jordan fu nei Bulls in gran parte rivoluzionati rispetto a due anni prima, anche se i pilastri come Scottie Pippen e coach Phil Jackson erano rimasti. E cambiò pure il numero di maglia di Jordan: con il 23 ritirato dai Bulls, MJ iniziò con il 45, il numero di suo fratello maggiore Larry ai tempi del liceo.
DEBUTTO - Jordan debuttò nella sua seconda carriera con la sconfitta al supplementare sul campo dei Pacers di Reggie Miller, con 19 punti e 7/28 al tiro. A MJ bastò poco tempo per riprendere confidenza, e già alla quinta uscita arrivò la prova da 55 punti al Madison Square Garden contro New York, tuttavia nei playoff Orlando eliminò i Bulls in semifinale di conference.
RECORD – Nell'anno successivo, il primo intero con Jordan in campo, Chicago riprese il filo del discorso lasciato nel 1993: i Bulls, con Jordan e Pippen affiancati dai confermati del 1995 come Toni Kukoc, Ron Harper, Luc Longley, Steve Kerr e Bill Wennington, oltre al determinante acquisto Dennis Rodman (foto) che arrivò da San Antonio con il compianto Jack Haley, vinsero 72 gare in regular season – record storico NBA – e conquistarono nella finale contro Seattle il primo titolo del secondo threepeat targato MJ. Un percorso iniziato la notte del 19 marzo 1995.