«Io non marco sui calci d'angolo». Gerrard racconta Balotelli

L'ex capitano del Liverpool nella sua seconda autobiografia: «Mario si presentò così. Ha un talento straordinario, ma è una battaglia persa»
«Io non marco sui calci d'angolo». Gerrard racconta Balotelli© PA

TORINO «Io non marco sui calci d’angolo». Pare si sia presentato così, Mario Balotelli, a Liverpool. Lo racconta Steven Gerrard nella sua biografia “My story”. L’ex capitano dei Reds racconta tanti retroscena della sua quasi trentennale esperienza ad Anfield Road (tra giovanili e prima squadra), chiusasi con un commosso saluto e il passaggio negli States, dove ora gioca con i Los Angeles Galaxy. Tra una punzecchiata a Rafa Benitez (“Non ci siamo mai piaciuti e io non gli ho mai perdonato la stupida cessione di Xabi Alonso al Real”) e gli elogi ad alcuni suoi ex compagni (“Xabi, Suarez e Torres i migliori”), Stevie G svela anche due clamorosi flop del Liverpool, come El Hadji Diouf (“Sembrava non fosse interessato al calcio”) e Mario Balotelli. Proprio all’attaccante azzurro, ieri apparso ritrovato nel derby contro l’Inter, Gerrard dedica un corposo capitolo. «Alcuni mi chiedono se Diouf e Balotelli possono essere messi a confronto, ma ho sempre detto di no. Ho rispetto per Mario, nessuno per Diouf, soprattutto dopo aver sputato verso i tifosi del Celtic durante un match di Europa League».

LA SCOMMESSA«Nella mia ultima stagione al Liverpool, un giorno di metà agosto, Brenda Rodgers venne da me e mi disse che, con un po’ di azzardo, voleva scommettere su un giocatore: Mario Balotelli. La mia reazione immediata fu un “Uh-Oh”. Non lo avevo mai conosciuto di persona, ma avevo sentito le storie sui fuochi d’artificio in casa e come Mourinho lo avesse definito ingestibile. Avevo visto come fosse un giocatore di qualità, ma anche di come la sua carriera sembrasse essere un incredibile spreco di talento. Questa era la mia opinione iniziale, ma ho anche dovuto ammettere che, quando ha giocato per l’Italia, sembrava in grado di illuminarsi e spendere di una luce brillante, come quando ha segnato il gol decisivo contro l’Inghilterra al Mondiale brasiliano. Si vedeva che era un gran giocatore, potente. Brendan doveva aver percepito, però, le mie riserve, ma pensava che ne valesse la pena scommettere. Del resto, Mario non aveva altre richieste sul mercato: il Liverpool sarebbe stata la sua ultima occasione per mettersi in mostra in un grande club. Gli sarebbe stato offerto un contratto dettagliato: ogni suo cattivo comportamento sarebbe stato punito».

NESSUN PREGIUDIZIO «Ad ogni nuovo giocatore che è arrivato al Liverpool negli anni in cui ho giocato ho sempre dato fiducia, senza avere pregiudizi. Con Mario ho fatto del mio meglio per essere di mentalità aperta, fino a quando in uno dei suoi primi allenamenti, mentre provavamo la difesa sui corner, disse: “Io non marco sui calci d’angolo. Non ci riesco”. Ho pensato: “Che cosa sei? Sei alto, uno degli uomini più forti che abbia mai visto su un campo di calcio e non riesci a marcare sui calci d’angolo?”. Rodgers fu molto rigido: “Bene, ora ci riesci. E se non ci riesci, allora imparerai”. Quello fu il primo screzio, ma da quel momento Mario cominciò a marcare sugli angoli».

IL DEBUTTO«Mario ha debuttato contro il Tottenham il 31 agosto 2014 e abbiamo vinto 3-0. Non ha giocato in modo eccezionale, ma ha lavorato duramente in fase difensiva. Sembrava parte integrante della squadra. Poi, però, ci fu l’infortunio di Sturridge. Capii subito che la scommessa di Rodgers era in pericolo: Balotelli avrebbe dovuto giocare da unica punta e lui non ci metteva abbastanza impegno negli allenamenti per interpretare quel ruolo. Tutto divenne più difficile. A Basilea, in Champions, capii che era senza speranze. L’intensità nei suoi allenamenti era calata. Il suo comportamento peggiorato. Non c’erano frizioni tra di noi, anzi. Ho provato ad aiutarlo e a lodarlo pubblicamente, ma alla fine ho capito che Mourinho aveva ragione: è ingestibile. Ha il potenziale per diventare uno dei migliori al mondo, ma non ce la farà mai per colpa della sua mentalità e anche delle persone che ruotano attorno a lui. E’ un ritardatario, vuole sempre attenzioni, dice cose sbagliate sui social media, non lavora abbastanza durante gli allenamenti. Insomma, Balotelli è una battaglia persa».

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