La Coppa Italia di Mattarella

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Alla fine ha vinto il calcio e, soprattutto, chi ama il calcio ed è questo ciò che conta. La ripartenza della Coppa Italia, della Serie A, della Serie B e della Serie A femminile, in rigoroso ordine cronologico, è un segnale di fiducia, di speranza, di determinazione ad uscire dall’incubo Covid anche grazie alla forza dello sport più amato dagli italiani. Era ora e ce n’è voluta, in queste settimane di demagogiche strumentalizzazioni; di un passo avanti e tre indietro; di giravolte della politica; di capovolte di quelli che remavano contro, forse perché terrorizzati all’idea di rischiare la B e di pagare gli stipendi; di quelli che minimizzano la verità sotto gli occhi di tutti: se si fosse fermata la A, si sarebbe fermato non solo tutto il calcio, ma l’intero sport italiano di cui il calcio è il volano, il motore e il fondamentale contribuente visto che, ogni anno, paga allo Stato 1 miliardo e 250 milioni di euro, il 70 per cento delle tasse versate dalle altre discipline messe insieme. Piaccia o non piaccia agli inseguitori del Piano B, C, D, E, F, Z; dei sentieri sempre più stretti per ripartire e di tutte le altre facezie che ci sono state ammannite nel tempo dell’incertezza, del rinvio, dell’indecisione. Giorno dopo giorno, Tuttosport ha martellato sull’importanza, la necessità, addirittura l’indispensabilità della ripartenza del calcio poiché la questione non ha mai riguardato la sola, ristretta élite dei multimilionari privilegiati, bensì una delle più importanti aziende del Paese, che contribuisce all’uno per cento del prodotto interno lordo, fattura 4,8 miliardi di euro all’anno e il cui indotto dà lavoro a 300 mila persone.

Per non dire deruolo sociale della più importante disciplina affiliata al Coni che conta oltre 4 milioni di praticanti, l’ottanta per cento dei quali Under 18. Con la tenacia che tanto onora la sua gente abruzzese, Gabriele Gravina ha tenuto duro. «Non sarò mai e poi mai il becchino del calcio italiano», aveva scandito il 20 aprile. E’ stato di parola. Egli si è dovuto guardare non soltanto dalla controparte governativa, ma anche dal fuoco amico dei presidenti che non volevano ricominciare perché così non avrebbero dovuto pagare gli stipendi ai giocatori. Gravina ha vinto la partita, come l’ha vinta Paolo Dal Pino, il presidente della Lega riuscito nella titanica impresa di convincere tutti e venti i club a sottoscrivere la richiesta di ricominciare, compresi i prigionieri dei calcoli di bottega. Ma una rete importante l’ha metaforicamente segnata anche un bomber insospettato e insospettabile, a nome Sergio Mattarella. Ricominciare con la Coppa Italia: nel Palazzo della politica dicono che la proposta di Spadafora sia piaciuta subito all’Inquilino del Quirinale. La Coppa Italia è il trofeo nazionale, il Presidente della Repubblica lo consegna ai vincitori al termine della finale di cui è teatro lo stadio Olimpico della Capitale. Le semifinali di ritorno e l’ultimo atto saranno trasmessi in chiaro dalla Rai che, presumibilmente, farà un botto di ascolti. Quale competizione migliore per segnare il punto di ripartenza del nostro calcio sotto gli occhi del Capo dello Stato e di milioni italiani? Gran bel gol, caro Presidente. Non vedevamo l’ora che lo segnasse.

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