Shevchenko e i 43 angeli del Ponte Morandi

Shevchenko e i 43 angeli del Ponte Morandi© ANSA

Andrjy Schevchenko è ed è sempre stato un personaggio particolare nel contesto del calcio italiano ed europeo. Era un campione quando giocava con indosso la maglia di Dinamo Kiev, Chelsea e soprattutto Milan. E’ stato Pallone d’Oro nel 2004, trofeo ambitissimo che ogni anno si aggiudicano soltanto i migliori in senso assoluto. Ha segnato valanghe di gol e si è tolto soddisfazioni incredibili. Ma, soprattutto, è stato ed è uomo vero. Da sempre è innamoratissimo della nostra Italia, Paese che considera anche suo. Paese che ora gli dà la possibilità di iniziare la carriera in un club da allenatore, già, perché negli ultimi cinque anni più che da tecnico ha svolto le mansioni di selezionatore con la propria Nazionale, l’Ucraina, prima come assistente poi direttamente come commissario tecnico.

Con l'Ucraina ha fatto bene

Ha fatto bene con l’Ucraina, basti pensare che agli Europei, conquistati dall’Italia di Roberto Mancini, è arrivato ai quarti di finale (traguardo mai raggiunto in precedenza dalla rappresentativa ucraina) per arenarsi contro i Leoni inglesi poi domati e addomesticati dagli azzurri. Ad agosto il congedo dalla Nazionale per un po’ di meritato riposo e in attesa di un’offerta stimolante. Che è arrivata proprio dalla sua seconda patria, l’Italia, e dal club più vecchio del Belpaese, il Genoa. Ma il mestiere di allenatore è molto diverso da quello di ct. Soprattutto quando bisogna governare un collettivo di bassa classifica, composto da giocatori non certo al vertice del calcio internazionale. E in una piazza che sì s’innamora in fretta, ma, altrettanto velocemente è pronta a contestare se le cose non vanno bene. Tuttavia, Andriy è persona intelligente, e con sé ha voluto gente che conosce bene e di cui si fida. In primis, Mauro Tassotti, altra icona milanista, profondo conoscitore di calcio, in grado di mediare i rapporti fra un tecnico vincente e un gruppo da rilanciare. Alla società, ovviamente, Schevchenko ha chiesto precise garanzie, cioè rinforzi sul mercato di gennaio e sembra che gli siano stati promessi. Già, perché l’ex bomber ucraino a Genova non intende essere di passaggio, ma vuole lasciare traccia e, per sua stessa ammissione, riportare col tempo il Genoa in alto.

L'emozione

Ieri, quando si è presentato per la conferenza di rito di inizio mandato, era visibilmente emozionato. Accanto a lui c’erano Josh Wander, cofondatore della Holding 777 Partners e il manager Andres Blazquez, che hanno fatto gli onori di casa. Era emozionato Sheva e anche un po’ tirato. Misurato nelle parole, ma lo è sempre stato, attento nei comportamenti, pronto a spiegare e a chiarire le proprie idee. Ha delineato la sua visione di calcio e ha sottolineato come dovrà adattarsi alle caratteristiche tecniche di una rosa che ha la necessità di riprendere quota in classica. Ma è piaciuto, soprattutto, quando ha ricordato quelle emozioni fortissime vissute nell’ottobre 2018 quando con la sua Ucraina affrontò l’Italia in amichevole al Ferraris. In quell’occasione, l’allora ct gialloblu insieme alla squadra si recò in visita ai resti del Ponte Morandi per onorare le 43 vittime del crollo. Pianse, allora, Sheva e avere ricordato, ieri, con grande sensibilità quei terribili momenti vissuti da un’intera comunità è stato un atto di rispetto che i genovesi, anche non genoani, hanno apprezzato. Anche perché certe ferite non rimarginano mai. Sheva, l’italiano d’Ucraina, ha di fronte a sè un’impresa sicuramente insidiosa e assai complicata. L’obiettivo, come ha più volte sottolineato il tecnico rossoblù, è portare il Genoa in salvo per poi ripartire verso lidi più gloriosi. Il calendario non aiuta, l’infermeria è piena, la qualità della rosa è quello che è ma se non altro l’ucraino può contare su una società solida e pronta ad assisterlo in ogni modo e su una tifoseria pronta ad appoggiarlo. Non a caso, le ultime parole dell’allenatore in conferenza stampa sono state rivolte ai tifosi, per una sorta di appello: «Tornate in massa allo stadio, abbiamo bisogno di voi». E la tifoseria, c’è da giurarci risponderà. Se non altro, un primo risultato Sheva l’ha già ottenuto: quello di riportare entusiasmo in una piazza depressa ormai da troppi anni.

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