Pagina 3 | Easier Project: "Il calcio ha un segreto e noi lo conosciamo"

ROMA - Essere al proprio meglio. Ogni giorno. In ogni cosa che facciamo. Come fosse la regola e non l'eccezione. Essere presenti, "in the zone", nel flow per dirla all'inglese, in ogni campo della nostra vita. Quanto sarebbe bello? Quanto farebbe la differenza? E quanto la farebbe in campo, ai massimi livelli sportivi? È qualcosa che si può raggiungere, è qualcosa che si può ottenere. Anzi, secondo Nico Olivieri e Matteo Gatto, rispettivamente creatore e costruttore dell'Easier Project, è qualcosa per la quale non bisogna neanche sforzarsi. Bisogna semplicemente vedere quello che è davanti ai nostri occhi.

Cos'è Easier Project? E come si declina in una situazione sportiva, più precisamente calcistica?
"Perché Easier, partiamo da lì. Partiamo dal presupposto che non ci siamo inventati niente, è una professione, un filone che da qualche decina d'anni è presente e molto usato nel business e sul personale, anche nello sport, sia in Europa che in USA (NFL, golf, team olimpici). Ed è un filone che sta crescendo perché fa la differenza nel contesto in cui lo si mette in pratica. Easier perché quando si parla di performance e di benessere guardiamo a un milione di variabili - motivazione, forza mentale, gli spettatori, quanto ho dormito, etc. - ma a monte di tutto quello che influenza una performance, una prestazione, c'è una variabile più grande, che influenza tutte le altre. Come recita un detto inglese, "quando sale la marea salgono tutte le barche": ed è esattamente quello che facciamo col nostro lavoro. Siamo abituati a guardare barca per barca, ma c'è qualcosa che viene prima e quando lo capiamo, quando sappiamo come sfruttarlo, tutte le cose come creatività, motivazione, rialzarsi dopo un imprevisto, emergono in maniera naturale".

Riassumendo, parlate di qualcosa alla base che supera le dinamiche singole che siamo portati a tenere sotto controllo, ad analizzare per valutare una prestazione. Qualcosa di psicologico, di profondo.
"Parliamo di performance di qualunque tipo, nello sport è molto più evidente. Nello sport tra l'altro se ne discute constantemente, sappiamo che ne parlano allenatori, giocatori, preparatori atletici, di questo aspetto ci troviamo a sentire termini quasi magici, "abbiamo perso lo spirito", "staccato la spina", "quando c'è quella cosa lì quasi non serve più neanche che alleno"... L'impatto di tutto questo è tangibile, si vede nell'esperienza, solo che mancando una professionalità come la nostra che ti aiuta a unire i puntini e vedere dove intervenire, quella variabile diventa ingestibile, quasi una questione di scaramanzia".

In filosofia Socrate parlava di maieutica, del tirare fuori qualcosa che è già intrinseco all'essere umano. Il vostro sembra un approccio simile, dove finisce la retorica del lavorare duro, del mettere impegno esternamente?
"Noi facciamo questa distinzione, tra forza di volontà e forza di spirito. Siamo abituati a vedere la prima che però è una risorsa finita. E questo è evidente quando sentiamo frasi come "dobbiamo recuperare energie mentali" o "il campionato è lungo, ti logora" e simili. Se abbiamo come unica benzina la forza di volontà, che naturalmente non è infinita, entriamo in un discorso di esaurimento, di rifornimento, un su e giù emotivo e psicologico. Per fare un paragone, lavorare solo con la forza di volontà è come avere una barca a vela e mandarla avanti a remi. Ha senso solo se non hai capito come funzionano il vento e le vele. La forza di spirito è la vela. Qualcosa che tutti conosciamo, parlando del campo con allenatori ci dicono cose come "Alle volte mi sento in partita, vedo le mosse, riesco a capirle prima, altre volte non riesco, non sto girando, non va". Capire questo è entrare in un'altra dimensione".

I club di calcio però gli psicologi ce l'hanno già...
"Guarda, sono due cose diverse. Il nostro lavoro si integra a tutte le professionalità dello staff. Mettendo la squadra nelle condizioni di essere al loro meglio, metto anche lo staff nelle condizioni migliori per fare la differenza con le loro abilità, in maniera più semplice, psicologi inclusi. Ad esempio, se sono un allenatore e devo combattere con gli schemi che non girano, con l'energia mentale della squadra, con la mancanza di empatia, di coesione del gruppo, farò molta più fatica anche se sono un fenomeno. Al contrario posso fare davvero la differenza da guida esperta se posso lavorare su un materiale pronto a dare il meglio. E non ci riferiamo solo agli allenatori, abbiamo parlato anche con tanti preparatori atletici ed è venuto fuori che persino i test fisici fanno fatica a dare dati oggettivi, la variabile interna li influenza. C'è un link con gli infortuni, ad esempio. E c'è un link anche con la parte mentale, quella psicologica, ma il nostro lavoro sta a monte: puoi andare ad allenare il pensiero, puoi essere allenato a gestire lo stress, l'imprevisto in partita - trovarsi sotto di un gol, sotto di un uomo, etc. - ma ci sono momenti in cui viene facile e naturale gestirle e momenti in cui queste tecniche non si riescono ad usare. È come avere un obiettivo della telecamera con un vetro appannato: tutte le componenti sono al top, sono un grande fotografo, le batterie sono cariche, la macchina è pronta a dare il meglio eppure… Se non so come tenere il vetro perfetto, farò fatica nonostante ci siano tutti i presupposti per dare il meglio".

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Easier Project e performance: la formula rivoluzionaria

"Nello sport si parla di essere "in the zone", essere "in flow". Quando ti riesce tutto. Ecco, noi sappiamo che essere "in the zone" è la regola e non l'eccezione. Come si fa? Quando tu guardi la nostra esperienza quotidiana, da professionista in qualsiasi campo, l'equivoco di base è credere che performance = capacità + applicazione/informazione. Che il mio meglio sia un processo additivo. In realtà, quando un giocatore si trova nel flusso, in the zone, sono momenti in cui non hanno fatto nulla per trovarcisi. Perché la performance è un modello sottrattivo: capacità meno interferenze. E questo è radicalmente diverso. Questo progetto si chiede cosa si intromette tra l'atleta e la naturale prestazione ottimale, cosa gli sta impedendo di eccellere. E questo dettaglio cambia completamente lo scenario".

Meraviglioso, in teoria. Ma nella pratica, al sodo? Come lavorate in una squadra?
"Lavoriamo sull'individuale, una relazione professionale con l'atleta o con l'allenatore, con il professionista. E questa è un'opzione, quella più scontata, più ovvia, quella in cui supportiamo l'atleta in campo e fuori. E sul fuori si apre un altro grande equivoco, l'idea che la pressione che ci mettiamo addosso, la carica, la sofferenza sia un vantaggio, qualcosa che ci aiuta a tirare fuori il nostro meglio. La "sana paura", "essere sulla corda", non c'è niente di sano. Frasi come "sono arrivato lì grazie a tutta quella sofferenza"... in realtà è "sono arrivato lì NONOSTANTE tutta quella sofferenza", pensa dove potresti essere arrivato se fossi stato bene. Perché TUTTI, poi, rivelando il grande equivoco, quando si tratta di dare consigli ai giovani o a chi vuole intraprendere questa carriera, dicono sempre un'unica cosa: divertiti".

Come Mancini all'Europeo all'Italia prima della partita con la Spagna...
"Esattamente, ricordo bene quelle sensazioni mostrate alle telecamere. Tornando al concreto, dal lavoro individuale a quello sulla squadra: siamo sempre in supporto al mister, al leader, all'allenatore. Il modo in cui lavoriamo è con lui, capendo con lui senza prendere decisioni ma mostrando queste variabili che noi vediamo: offriamo un pezzo del puzzle in più al tecnico, che magari è impegnato a lavorare su tanti campi ma non si accorge, tornando all'esempio iniziale, che la marea è bassa. E allora si costruisce un percorso, parlare con la squadra intera, intervenire su singoli elementi… Il nostro obiettivo è tirar fuori la squadra che esiste nella visione del mister, non in una teoria asettica".

Easier Project: dove si trova l'eccellenza nello sport

"Uno strumento di lavoro che utilizziamo molto è la distinzione. È essenziale. Più ne hai, più hai comprensione di quello che stai facendo. Se hai un bicchiere di vino e non ne capisci niente, puoi dire solo che è rosso o che è bianco. Ma più distinzioni hai, più comprendi quello che hai: potrai dire che è rosso rubino, bianco paglierino, fruttato, secco… più la tua capacità di comprensione aumenta, più aumenta il godere di quella cosa. Una distinzione utile quando si parla di performance, ad esempio, è quella tra esprimersi o ricercare: da un lato c’è il ricercare, dove entro in campo con un senso di mancanza, cercando di vincere per dimostrare di essere completo, e dall’altro c’è l’esprimersi, dove io entro e so che sto bene, ho un terreno solido sotto i piedi, la mia identità non è in gioco. A quel punto entro in campo per esprimere me stesso e quello che sono, perché è la mia passione e non potrei fare altrimenti. E una è un'esperienza miserabile, l'altra è un'esperienza fantastica. Ed è là che si trova l'eccellenza. E da Federer a Del Piero, puoi sentirlo ovunque. Quanto cambia tra chiedersi "cosa posso fare oggi per darmi il permesso di stare bene e dirmi che non sono un fallito" o domandarsi "cosa voglio fare oggi per fare la differenza"?

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Parli di negatività, di fallimento. Come si coniuga questa visione di eccellenza con quello che è il lato oscuro della medaglia sportiva? Dove si trova l'errore, la sconfitta, in questo discorso?
"Gestire le paure, la pressione, non è quello che facciamo. Ci siamo accorti che quando si è al massimo tante cose a cui si pensa di dover dedicare energie, per cui perdiamo tanto tempo e risorse, cose come la motivazione, la resilienza, saper reagire subito all'errore, alla sconfitta, etc., in realtà si è perfettamente equipaggiati per affrontarle. E quando lo vedi è stupefacente rendersene conto, dire "wow, era davanti al mio naso e non lo vedevo". Se sei a gonfie vele, anche l'errore, la sconfitta, in qualunque campo - al lavoro come in una partita - lo vedi in maniera diversa, lo superi senza starci sopra, cambia la percezione, non c'è niente da applicare. Un esempio che può aiutare a capire è quello del temporale: nei tempi primitivi, quando non si conoscevano le leggi fisiche, si attribuivano i fenomeni meteorologici a decisioni di divinità, si creavano rituali per influenzarli eccetera… oggi siamo ancora in tempi primitivi in termini di comprensione del nostro potenziale umano e di quanto questo possa farci paura proprio perché non conosciuto, come poteva far paura un tuono o un lampo".

"Alzare l'interruttore principale è alzare il livello nel calcio"

"Se io non so che c'è questa leva a monte, prendo i problemi a uno a uno e ti aiuto a superare lo sconforto, a ritrovare la motivazione, a ridarti prospettiva, creatività, empatia, coraggio, sicurezza… ed è giusto, perché se non so che c'è questa variabile madre, è il massimo che posso fare. Posso provare a lavorare su tutte queste cose una a una manualmente: hai avuto l'infortunio, il brutto voto, non segni da x partite, etc… Oppure. Oppure posso mostrarti l'interruttore principale, guarda, c'è il "levone", il salvavita. E poi chiaramente c'è il lavoro, che con la leva generale alzata si può fare nella maniera migliore possibile. Se le leve sono già su, se i giocatori sono su alti livelli, carichi, pensa che allenamenti vengono fuori. Pensa quanto un allenatore può fare la differenza cercando un cambio tattico, pensa un preparatore atletico quanto può lavorare meglio senza demotivazione, nervosismo, muscoli contratti...".

Abbiamo aperto con l'Easier, chiudiamo col Project: dove si direziona tutto questo?
"Questo è un progetto perché questa cosa non è nostra, semplicemente la sappiamo fare e la vogliamo portare nel mondo del calcio perché essere al proprio meglio è contagioso. Una persona che è al suo meglio ha un impatto anche sugli altri, nel nostro lavoro l'abbiamo sentito spesso dai nostri clienti ("Ah guarda, sai che mia moglie/mio capo/mio collega mi ha detto: ma che hai di diverso?"). Questa diversità si percepisce, anche gli altri la sentono. E portarla in una squadra di calcio, in un gruppo di persone che deve essere connesso, sentiamo che può fare doppiamente la differenza. E una squadra gioca, una squadra che entra in questa dimensione, con questa connessione, quest'energia, quest'impatto dell'essere al proprio meglio tu la vedi sul campo, si trasmette al pubblico che guarda, è nel pacchetto diciamo, c'è l'aspetto personale dell'individuo anche fuori dal campo. Il calcio è un grande amplificatore, per noi è quasi ovvio portarlo qui, perché questo progetto può fare la differenza per calciatori, allenatori, società e tutte le persone coinvolte".

"Mi viene sempre in mente Maradona che fa il secondo gol all'Inghilterra e Victor Hugo Morales che fa la radiocronaca e crea una poesia sul momento, che fa venire la pelle d'oca. Mi piace pensare che l'ispirazione di Maradona ha ispirato Morales, è quella roba lì che noi cerchiamo. E' un progetto che non si ferma a noi, chi lavora con noi entra a farne parte. Le conversazioni che abbiamo in corso sono tante con club di alto livello e vediamo che c'è grande interesse: sanno di cosa parliamo e ne vogliono sapere di più. Come se in questo mondo non ci avessero mai guardato, come se la considerassero incomprensibile".

"Lavoriamo già in Serie A. E facciamo parlare esperienze e risultato"

"Abbiamo avuto la fortuna di lavorare da sette anni ad alto livello: grandi management, aziende, imprenditori, in progetti con le Nazioni Unite, l'Unione Europea, la FAO, la Bocconi, per dirne alcuni. Siamo entrati velocemente nel calcio perché facciamo parlare l'esperienza e i risultati. Già lavoriamo con dirigenze di calcio di Serie A. Il lato romantico del nostro lavoro è che questa conversazione è l'unica cosa che all'interno di un club accomuna tutti, tutti che esplorano la marea, a capire come si fa a stare con le vele spiegate. Il resto sono cose diverse, vite completamente diverse, ma questa è una cosa che ci accomuna tutti. È importante sottolineare che noi non ci poniamo come possessori della conoscenza. Facciamo solo guardare le persone, alle conclusioni poi ci arrivano loro. Offriamo una nuova comprensione della performance. La trasformazione, il progresso, il miglioramento di qualsiasi settore nasce sempre da una nuova comprensione. Alla fine del nostro percorso hai più elementi per comprendere, per capire".

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Parli di negatività, di fallimento. Come si coniuga questa visione di eccellenza con quello che è il lato oscuro della medaglia sportiva? Dove si trova l'errore, la sconfitta, in questo discorso?
"Gestire le paure, la pressione, non è quello che facciamo. Ci siamo accorti che quando si è al massimo tante cose a cui si pensa di dover dedicare energie, per cui perdiamo tanto tempo e risorse, cose come la motivazione, la resilienza, saper reagire subito all'errore, alla sconfitta, etc., in realtà si è perfettamente equipaggiati per affrontarle. E quando lo vedi è stupefacente rendersene conto, dire "wow, era davanti al mio naso e non lo vedevo". Se sei a gonfie vele, anche l'errore, la sconfitta, in qualunque campo - al lavoro come in una partita - lo vedi in maniera diversa, lo superi senza starci sopra, cambia la percezione, non c'è niente da applicare. Un esempio che può aiutare a capire è quello del temporale: nei tempi primitivi, quando non si conoscevano le leggi fisiche, si attribuivano i fenomeni meteorologici a decisioni di divinità, si creavano rituali per influenzarli eccetera… oggi siamo ancora in tempi primitivi in termini di comprensione del nostro potenziale umano e di quanto questo possa farci paura proprio perché non conosciuto, come poteva far paura un tuono o un lampo".

"Alzare l'interruttore principale è alzare il livello nel calcio"

"Se io non so che c'è questa leva a monte, prendo i problemi a uno a uno e ti aiuto a superare lo sconforto, a ritrovare la motivazione, a ridarti prospettiva, creatività, empatia, coraggio, sicurezza… ed è giusto, perché se non so che c'è questa variabile madre, è il massimo che posso fare. Posso provare a lavorare su tutte queste cose una a una manualmente: hai avuto l'infortunio, il brutto voto, non segni da x partite, etc… Oppure. Oppure posso mostrarti l'interruttore principale, guarda, c'è il "levone", il salvavita. E poi chiaramente c'è il lavoro, che con la leva generale alzata si può fare nella maniera migliore possibile. Se le leve sono già su, se i giocatori sono su alti livelli, carichi, pensa che allenamenti vengono fuori. Pensa quanto un allenatore può fare la differenza cercando un cambio tattico, pensa un preparatore atletico quanto può lavorare meglio senza demotivazione, nervosismo, muscoli contratti...".

Abbiamo aperto con l'Easier, chiudiamo col Project: dove si direziona tutto questo?
"Questo è un progetto perché questa cosa non è nostra, semplicemente la sappiamo fare e la vogliamo portare nel mondo del calcio perché essere al proprio meglio è contagioso. Una persona che è al suo meglio ha un impatto anche sugli altri, nel nostro lavoro l'abbiamo sentito spesso dai nostri clienti ("Ah guarda, sai che mia moglie/mio capo/mio collega mi ha detto: ma che hai di diverso?"). Questa diversità si percepisce, anche gli altri la sentono. E portarla in una squadra di calcio, in un gruppo di persone che deve essere connesso, sentiamo che può fare doppiamente la differenza. E una squadra gioca, una squadra che entra in questa dimensione, con questa connessione, quest'energia, quest'impatto dell'essere al proprio meglio tu la vedi sul campo, si trasmette al pubblico che guarda, è nel pacchetto diciamo, c'è l'aspetto personale dell'individuo anche fuori dal campo. Il calcio è un grande amplificatore, per noi è quasi ovvio portarlo qui, perché questo progetto può fare la differenza per calciatori, allenatori, società e tutte le persone coinvolte".

"Mi viene sempre in mente Maradona che fa il secondo gol all'Inghilterra e Victor Hugo Morales che fa la radiocronaca e crea una poesia sul momento, che fa venire la pelle d'oca. Mi piace pensare che l'ispirazione di Maradona ha ispirato Morales, è quella roba lì che noi cerchiamo. E' un progetto che non si ferma a noi, chi lavora con noi entra a farne parte. Le conversazioni che abbiamo in corso sono tante con club di alto livello e vediamo che c'è grande interesse: sanno di cosa parliamo e ne vogliono sapere di più. Come se in questo mondo non ci avessero mai guardato, come se la considerassero incomprensibile".

"Lavoriamo già in Serie A. E facciamo parlare esperienze e risultato"

"Abbiamo avuto la fortuna di lavorare da sette anni ad alto livello: grandi management, aziende, imprenditori, in progetti con le Nazioni Unite, l'Unione Europea, la FAO, la Bocconi, per dirne alcuni. Siamo entrati velocemente nel calcio perché facciamo parlare l'esperienza e i risultati. Già lavoriamo con dirigenze di calcio di Serie A. Il lato romantico del nostro lavoro è che questa conversazione è l'unica cosa che all'interno di un club accomuna tutti, tutti che esplorano la marea, a capire come si fa a stare con le vele spiegate. Il resto sono cose diverse, vite completamente diverse, ma questa è una cosa che ci accomuna tutti. È importante sottolineare che noi non ci poniamo come possessori della conoscenza. Facciamo solo guardare le persone, alle conclusioni poi ci arrivano loro. Offriamo una nuova comprensione della performance. La trasformazione, il progresso, il miglioramento di qualsiasi settore nasce sempre da una nuova comprensione. Alla fine del nostro percorso hai più elementi per comprendere, per capire".

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