Beckham, capitano di una nazione nel dolore

Beckham, capitano di una nazione nel dolore© EPA

Si è messo in coda alle 2 e un quarto della notte («Non immaginavo di trovare tanta gente a quell’ora: evidentemente abbiamo pensato tutti la stessa cosa»). Gli occhi lucidi, la commozione sul viso, davanti al feretro della Regina composto nel Lying-in-State, la camera ardente, è arrivato dopo tredici ore e cinque minuti. Le ha contate il cronista di un tabloid particolarmente puntiglioso, dal momento in cui David Beckham è entrato nella fila che partiva da Southwark Park, Bermondsey, per arrivare sino a Westminster Hall, dieci chilometri più in là.

Nel Regno Unito si dice bastino due inglesi per fare una coda, la sublimazione del carattere nazionale. Siccome tutto il mondo è paese, una volta riconosciuto il Capitano dei Tre Leoni, un politico si è fatto avanti chiedendogli se volesse saltare la fila. «No, grazie. Mio nonno adorava Elisabetta e non me lo perdonerebbe mai», ha sorriso Beckham, calandosi un po’ di più la coppola sul viso e stringendosi nel suo abito scuro, la cravatta nera, l’ombrello in mano. Passo dopo passo, ha continuato ad andare avanti, sino a quando è arrivato davanti alla sua Regina. «Lei merita di essere celebrata come avviene in questi giorni e in queste notti - ha confidato alla Bbc - Accettare la sua scomparsa è difficile per la nostra nazione e per tutto il mondo. I nostri pensieri sono per la sua famiglia e per tutti coloro presenti qui, è davvero speciale renderle omaggio e ascoltare tutte le storie delle persone». Devono essere state tante le storie che David ha ascoltato in quelle tredici ore, durante le quali è stato riconosciuto, selfato, molto avvicinato, al punto che si è creato anche un piccolo ingorgo di fan durante il cammino.

«Qui ci sono persone di tutte le età. Ho visto una signora di 84 anni in piedi per ore e così anche un signore di 90 anni. Tutti vogliono essere qui per essere parte di questa esperienza e celebrare ciò che Sua Maestà ha fatto per noi». Ai 75,2 milioni di follower che conta su Instagram, Beckham ha raccontato di essere veramente addolorato per la morte di Elisabetta. «Quanto ci ha ispirato con la sua leadership e come ci confortava quando i tempi erano duri. Sino ai suoi ultimi giorni, ha servito il nostro Paese con dignità e grazia». Nel 2003, era stata Elisabetta ad attribuire a David l’Order of the British Empire, l’ordine cavalleresco istituito da re Giorgio V il 4 giugno 1917. È l’onorificenza fra le più importanti del Regno, Beckham ne è stato insignito per i meriti sportivi e per l’impegno a favore dell’Unicef.

Anche sul web, tutto il mondo è paese e i soliti cialtroni hanno perso un’occasione per non digitare scemenze. C’è stato chi ha scritto che Beckham sia andato a Westminster Hall solo per farsi pubblicità, quando è notorio che il momento migliore per farsi pubblicità siano le 2 di notte a Southwark Park, Londra. I conigli da tastiera sono stati messi in fuga da una vigorosa reazione social-popolare. Beckham ha 47 anni. Si è ritirato il 18 maggio 2013 (PsgBrest 3-1, Ancelotti lo sostituisce a dieci dalla fine e l’abbraccia all’uscita dal campo mentre il pubblico gli tributa un’interminabile ovazione). Sono trascorsi più di nove anni, ma la sua fama e, soprattutto l’amore degli inglesi per lui è rimasto intatto. Se possibile, in quelle tredici ore, il sentimento si è fatto ancora più profondo. Citando William Ernest Henley, David in coda è stato il capitano del suo dolore, del dolore di un’intera nazione per la sua Regina.

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