È il grande vincente, almeno a livello politico, delle ultime vicende del calcio europeo, dove la Uefa di Aleksandar Ceferin chiude un occhio e mezzo sulla questione del Fair Play finanziario dopo il suo secco no alla Superlega. Tuttavia, Nasser Al-Khelaïfi sembrerebbe essere entrato in una spirale di giochi di potere che sembrano andare piuttosto oltre. Da quanto segnalato da un'inchiesta del quotidiano francese Libération, infatti, il presidente del Paris Saint Germain sarebbe addirittura accusato di estorsione nei confronti di un impresario franco-algerino, tale Tayeb B., che secondo l'indagine sarebbe stato in possesso di una serie di prove che avrebbero inchiodato lo stesso Al-Khelaïfi in merito a un presunto caso di corruzione che riguarderebbe l'assegnazione dei Mondiali in Qatar, avvenuta nel lontano 2010. Il capo di accusa, secondo Libération, è di "prove potenziali di azioni di corruzione nella controversa attribuzione del campionato del mondo 2022". In sostanza, il 41enne affarista il cui cognome è stato occultato per evitare ulteriori complicazioni, sarebbe il classico uomo che ha finito con il saper troppo di situazioni più grandi di lui, e per questo è stato messo sotto torchio. L'inchiesta si sofferma principalmente sul possesso di una chiavetta usb nella quale la persona in questione avrebbe immagazzinato le prove schiaccianti di corruzione da parte degli emiri del Qatar per l'assegnazione dell'evento calcistico per eccellenza.
Libération parla di un arresto durato dal 13 gennaio al 1° novembre. Tayeb era riuscito ad avvicinarsi al presidente del Paris Saint Germain grazie alcuni contatti politici, e viveva in quel di Doha insieme a moglie e figli. All'improvviso, però, tutto ha preso una brutta piega, e sarebbe arrivata dall'alto la decisione di metterlo in prigione con il fine di ottenere la tanto agognata chiavetta usb, che avrebbe potuto aprire un vaso di Pandora. Il racconto del quotidiano francese parla addirittura di “sevizie” ricevute dall'affarista, il quale sarebbe stato maltrattato per giorni per poi essere trattenuto in carcere per oltre otto mesi. L'obiettivo sarebbe stato quello di poter ottenere i documenti che avrebbero messo a rischio la reputazione del massimo responsabile della società calcistica parigina e di conseguenza dell'intero governo dello stato del golfo, che da anni intende penetrare politicamente ed economicamente in Europa.
La risposta degli avvocati di Al-Khelaifi
Nel pomeriggio di ieri è arrivata la risposta degli avvocati di Al-Khelaifi, Francis Szpiner e Renaud Semerdjian, i quali hanno voluto subito raffreddare gli animi e invocare l'innocenza assoluta del loro assistito. Il comunicato lanciato dai due legali del presidente del Paris Saint Germain recita testualmente: "In risposta ai reportage dei media francesi che riguardano delle inchieste in corso contro tre individui per delle attività potenzialmente illegali, confermiamo categoricamente e nel modo più assoluto che queste indagini non hanno nulla a che vedere con Nasser Al-Khelaïfi". La vicenda rischia di tramutarsi in qualcosa di esplosivo, soprattutto per il tempismo. Manca, infatti, un mese e mezzo all'inizio della competizione planetaria che a Doha attendono da dodici anni, e la diffusione di questa indagine così spinosa rischia di destabilizzare non poco l'ambiente della società parigina, che vive una stagione nella quale dovrà dimostrare di essere finalmente diventata grande. Ma non solo. Già negli ultimi anni erano stati evidenziati una serie di accordi sotto banco tra alti rappresentanti dell’emirato e politici francesi. Tra tutti l’ex presidente Nicolas Sarkozy, il quale aveva influito sull’allora presidente della Uefa, Michel Platini, affinché appoggiasse la candidatura del Qatar e non quella degli Stati Uniti, come confermato nel 2015 da Sepp Blatter. Adesso si parla di sequestro ed estorsione, un’altra macchia disonorevole per il Mondiale che verrà.