Pagina 2 | Reichart, l'intervista: "Serve una riforma: la Superlega si farà"

Sentiremo spesso parlare di Bernd Reichart nei prossimi mesi. Il nuovo amministratore della A22, la società dentro la quale batte il cuore della Superlega, sarà l’uomo che porterà il progetto ai tifosi, ai club, ai giocatori, alle leghe e alle istituzioni (Uefa e Fifa comprese) per cercare un confronto, per migliorare il format e per proporre una nuova idea per modernizzare il calcio europeo. Un percorso non privo di ostacoli e di scetticismo, ma che diventerà cruciale quando la Corte di Giustizia Europea si pronuncerà (marzo 2023) sul presunto monopolio dell’Uefa, con la possibilità di cambiare in modo sostanziale tutto lo scenario.

Buongiorno signor Reichart, il suo compito è quello di convincere i suoi interlocutori che è necessario un cambiamento, che quindi è necessaria una nuova competizione europea. Qual è il primo argomento che proporrà nei confronti che dovrà affrontare?

"Innanzitutto devo dire che ho ricevuto incoraggianti reazioni nelle prime quarantotto ore del mio incarico. Il mondo del calcio ha apprezzato il nostro approccio aperto al confronto onesto e leale nel quale cerco di focalizzare l’attenzione su quanto sta accadendo al calcio europeo, trasformazioni che possono farlo diventare meno rilevante a livello mondiale e di impoverire i club. I club che, in definitiva sono gli attori che rischiano economicamente e che, quindi, hanno il diritto di poter definire il loro futuro, senza subirlo. Poi parlo di sostenibilità economica del nostro ecosistema, che sta diventando un problema sempre più grave e, infine, mi soffermo sul problema della governance del calcio europeo che deve essere all’altezza delle difficili sfide che sta affrontando".

Forse è il tipo di lavoro che andava fatto un anno e mezzo fa, al momento della maldestra presentazione del progetto, poi subito rientrato?

"Il clima di minacce e sanzioni, messo subito in atto dall’Uefa e da alcuni governi, aveva impedito di impostare un confronto. Dopodiché oggi ci presentiamo con un’evoluzione di quel progetto, con un torneo aperto e con un approccio completamente diverso. Nel frattempo le critiche di chi avversa una competizione alternativa si sono basate su concetti errati che oggi siamo qui per chiarire. E il consenso nei confronti di qualcosa di nuovo è aumentato, perché molti si rendono conto dei problemi che vive il mondo del calcio, oltretutto acuiti dalla pandemia. C’è una crescente e palpabile consapevolezza della necessità di riforme nel mondo del calcio. E noi proponiamo le nostre idee, pronte a dare loro forma insieme ai nostri interlocutori".

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Esiste, dunque, un nuovo format della Super League? Ce lo può spiegare?

"No, esiste una nostra idea, che si basa su un torneo aperto, con retrocessioni e promozioni, che possa essere più attraente per il pubblico, più coinvolgente e meglio spendibile a livello globale. Ma siamo qui per ascoltare, per analizzare le idee di tutti e non per imporre un format, ma per costruirlo insieme".

Il vostro progetto si potrebbe definire un campionato dell’Unione Europea?

"I regolamenti dentro i quali ci muoviamo sono quelli dell’Unione, quindi sì, si potrebbe definire anche in quel modo, ma il nostro è un modello inclusivo, quindi non ci sono preclusioni di alcun tipo".

Quanto influirà sul suo lavoro il pronunciamento della Corte Europea sul presunto monopolio dell’Uefa?

"Noi vogliamo migliorare il calcio europeo. Questo è il nostro obiettivo, indipendentemente da quanto deciderà la Corte. È ovvio che la Corte, molto probabilmente, darà una cornice dentro la quale si dovrà costruire il futuro del calcio europeo".

Molti affermano che quel pronunciamento potrebbe avere lo stesso straordinario impatto del pronunciamento che portò alla Legge Bosman. È d’accordo?

"Ho sentito che lo dicono in molti. Direi che potrebbero avere ragione".

In compenso in Spagna la Liga minaccia scioperi contro la Superlega e in Germania la Bundesliga esprime ancora perplessità. Cosa pensa di queste reazioni al rilancio del vostro progetto?

"Non credo che ci sia necessità di commentare".

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Andrete a parlare anche da Ceferin?

"Certo. Beh, se lui vorrà ovviamente. Al momento gli abbiamo spedito una lettera che lui ha ricevuto e ha fatto sapere che risponderà a tempo debito. Aspettiamo".

E dalla Fifa?

"Certamente. Parleremo con tutti coloro che hanno a cuore il futuro del calcio europeo, che è un problema anche di cultura. Il calcio è l’unico sport veramente globale nel mondo. È nato in Europa e si è espanso ovunque nel corso del secolo scorso, ora affronta una crisi di interesse, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni. Possiamo ignorarla, ma il risultato è che il calcio europeo finirebbe per diventare sempre meno rilevante e l’Europa stessa perderebbe un elemento importante della sua cultura".

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Perché i giovani sono meno interessati al calcio?

"Perché la concorrenza nel mondo dell’intrattenimento è enorme e feroce. Ci sono i videogiochi, gli smartphone, i social network, le piattaforme di streaming... Il calcio così com’è rischia di essere meno attraente ai loro occhi, che pure ammirano i grandi campioni. Qual è il calcio che piace ai ragazzi? Quello dei top player che si sfidano. Guardate che partite simulano con i videogiochi: quelle fra grandi club o fra squadre che costruiscono loro stessi mettendo insieme i campioni. Possiamo anche non dare peso a questa rivoluzione, in nome delle tradizioni del calcio, ma poi rischiamo di rimanere con le tradizioni e un pugno di spettatori. Il calcio deve decidere se calarsi nel presente o rimanere solo nel passato".

I campionati nazionali sono il passato?

"No, i campionati nazionali sono la linfa del calcio e possono coesistere con il nostro progetto. Nessuno deve temere che la nostra idea possa influire negativamente sui campionati nazionali".

Cosa dirà ai tifosi per convincerli?

"I tifosi sono tifosi dei club, non delle Federazioni o dei format delle competizioni. E qui è in ballo il futuro dei club, degli oggetti del loro amore. Questo spiegherò".

Quali difetti ha l’attuale sistema di competizioni europee?

"Poche sfide fra grandi club, prodotto televisivo poco attraente nella prima fase nella quale ci sono troppe partite inutili ai fini della qualificazione e una prevedibilità troppo alta nella prima fase. Difetti che la riforma della Champions non corregge, ma semmai amplifica".

Ad aprile 2021 si era anche parlato di cifre: la Superlega poteva generare 6 miliardi di dollari all’anno. È una cifra ancora attuale?

"Preferirei non parlare di cifre, perché non esiste ancora un format definito, quindi avrebbe poco senso".

Qual è il ruolo di Florentino Perez, Andrea Agnelli e Joan Laporta nel progetto?

"Loro hanno iniziato il discorso un anno e mezzo fa, mettendo sul tavolo i problemi del calcio e nonostante le minacce e le critiche, anche feroci, sono ancora qui a farsi carico della loro responsabilità di club che guidano il calcio europeo, provando a migliorarlo e portarlo nel futuro".

La Superlega, quindi, si farà? E se sì, quando?

"Questo sarà il mio, il nostro obiettivo nei prossimi mesi. Vedremo quale sarà la decisione della Corte Europea e noi saremo pronti. Io sono convinto che si farà, per il bene e la sopravvivenza del calcio. Sui tempi non riesco a fare una previsione precisa, ma credo che non si possa ipotizzare un inizio prima della stagione 2024-25".

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Esiste, dunque, un nuovo format della Super League? Ce lo può spiegare?

"No, esiste una nostra idea, che si basa su un torneo aperto, con retrocessioni e promozioni, che possa essere più attraente per il pubblico, più coinvolgente e meglio spendibile a livello globale. Ma siamo qui per ascoltare, per analizzare le idee di tutti e non per imporre un format, ma per costruirlo insieme".

Il vostro progetto si potrebbe definire un campionato dell’Unione Europea?

"I regolamenti dentro i quali ci muoviamo sono quelli dell’Unione, quindi sì, si potrebbe definire anche in quel modo, ma il nostro è un modello inclusivo, quindi non ci sono preclusioni di alcun tipo".

Quanto influirà sul suo lavoro il pronunciamento della Corte Europea sul presunto monopolio dell’Uefa?

"Noi vogliamo migliorare il calcio europeo. Questo è il nostro obiettivo, indipendentemente da quanto deciderà la Corte. È ovvio che la Corte, molto probabilmente, darà una cornice dentro la quale si dovrà costruire il futuro del calcio europeo".

Molti affermano che quel pronunciamento potrebbe avere lo stesso straordinario impatto del pronunciamento che portò alla Legge Bosman. È d’accordo?

"Ho sentito che lo dicono in molti. Direi che potrebbero avere ragione".

In compenso in Spagna la Liga minaccia scioperi contro la Superlega e in Germania la Bundesliga esprime ancora perplessità. Cosa pensa di queste reazioni al rilancio del vostro progetto?

"Non credo che ci sia necessità di commentare".

"Superlega, Liga pronta allo sciopero"

Andrete a parlare anche da Ceferin?

"Certo. Beh, se lui vorrà ovviamente. Al momento gli abbiamo spedito una lettera che lui ha ricevuto e ha fatto sapere che risponderà a tempo debito. Aspettiamo".

E dalla Fifa?

"Certamente. Parleremo con tutti coloro che hanno a cuore il futuro del calcio europeo, che è un problema anche di cultura. Il calcio è l’unico sport veramente globale nel mondo. È nato in Europa e si è espanso ovunque nel corso del secolo scorso, ora affronta una crisi di interesse, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni. Possiamo ignorarla, ma il risultato è che il calcio europeo finirebbe per diventare sempre meno rilevante e l’Europa stessa perderebbe un elemento importante della sua cultura".

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