No Superlega, no sanzioni. Festeggia l’Uefa, ma ha vinto la Premier

L’avvocato della Corte Europea chiude ogni possibilità alla nascita di un torneo alternativo: le decisioni di Rantos ai raggi x

La Superlega incassa una mazzata giuridica di una certa violenza. La Uefa festeggia, giustamente, un parere nettamente a suo favore. Ma la vera vincitrice è la Premier League. Se il parere consultivo dell’avvocato della Corte Europea diventasse sentenza a marzo, decretando la fine di un progetto alternativo per il calcio europeo, chi ne trarrebbe veramente vantaggio sarebbero gli inglesi, ancora più incontrastati dominatori economici del football. Non ci sono certezze che la Superlega sia un valido argine al loro strapotere, ma nel caso in cui questa si sgonfiasse definitivamente, non ci sarebbe nessun valido concorrente alla Premier, intesa come prodotto televisivo e commerciale, così che il già largo divario si farebbe voragine, economica prima, quindi sportiva. Prima di ogni ragionamento, tuttavia, è bene ricordare che quello pubblicato ieri dalla Corte di Giustizia Europea è un parere consultivo non vincolante, insomma non è una sentenza. Cosa spinge a commentarla come tale è la statistica che indica nel 70% il numero di casi nei quali i giudici della Corte hanno ricalcato il parere dell’avvocatura generale (anche se Athanasios Rantos, che si è espresso sul caso Superlega, ha una percentuale più bassa), ma non vi sono certezze che il contenuto delle 50 pagine del parere lo si ritrovi nella sentenza, quella sì vincolante e inappellabile.

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Il nocciolo della questione

L’indicazione dell’avvocato Rantos, nondimeno, è netta e senza sfumature. Di fronte alla richiesta di esprimersi sulla possibile illiceità della posizione di Uefa e Fifa, che secondo la Superlega sono monopoli e ne abusano, Rantos ha ribaltato la questione e, in sostanza, ha scritto: sì, è vero, l’Uefa è un monopolio, ma questo non viola le leggi europee (tendenzialmente molto contrarie ai monopoli), perché il calcio, e lo sport in generale, hanno una loro specificità che, soprattutto per una ragione sociale, consente di ammettere l’esistenza di un monopolio. Anche perché l’avvocato riconosce nell’Uefa una sorte di garante del «modello sportivo europeo», cui una competizione come la Superlega andrebbe contro. Quindi, riconoscendo all’Uefa e alla Fifa la possibilità di operare come monopoli, l’avvocato consente loro di punire chi dovesse organizzare qualcosa senza la loro autorizzazione. Cioè, non potendo negare la libertà di creare un torneo alternativo, l’avvocato Rantos autorizza l’Uefa a escludere dalle sue competizioni: vuoi fare la Superlega? Bene, ma allora l’Uefa può escluderti da tutto (campionati nazionali compresi) e non viola nessuna legge europea facendolo. E questo è il nocciolo della questione, perché se diventasse sentenza sarebbe la definitiva stroncatura del progetto Superlega, a meno di non immaginare uno scenario in cui un tot di squadre decidono di uscire da tutto il meccanismo istituzionale del calcio (nel caso della Juventus, quindi, la Serie A, la Coppa Italia e qualsiasi competizione Uefa) per disputare un unico torneo al di fuori da Uefa e Fifa: possibile? Beh, tecnicamente non impossibile. Probabile? No, anzi piuttosto recondito.  

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Giocatori sanzionati?

Va comunque detto che per i giocatori non ci sarebbe alcuna sanzione. Ovvero, se i club “fuggitivi” fossero esclusi dalle competizioni Uefa, non lo sarebbero i giocatori (e questo Rantos lo specifica tre volte, al punto 121 al punto 146 e al secondo paragrafo delle conclusioni): i “lavoratori”, infatti, vengono sempre tutelati dalla Corte. Quindi, qualora nascesse una Superlega fuori da tutto, i giocatori potrebbero prendervi parte senza rischiare di dove lasciare le loro nazionali e con la possibilità di passare da un sistema a un altro. Questo è un punto interessante sotto il profilo giuridico, ma con conseguenze pratiche assai marginali viste le minime possibilità che - nel caso il parere diventi sentenza - qualcuno abbia intenzione di scappare da tutto per creare un nuovo ed esclusivo torneo.

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Cosa rischiano Juve, Real e Barça?

Ma, quindi, se la Corte confermasse quanto scritto dall’avvocato Rantos: la Juventus, il Real Madrid e il Barcellona rischierebbero una qualche sanzione da parte dell’Uefa (come più volte minacciato e in parte attuato dal presidente Aleksander Ceferin negli ultimi dicono mesi?). No, alla luce di tre fattori è da escludere questo scenario. Innanzitutto, nel parere dell’avvocato si autorizzano in modo esplicito delle sanzioni solo in caso di effettiva creazione di una Superlega o di un torneo alternativo (e non è il caso attuale, visto che la SL è solo un progetto su carta). È vero che si legge da più parti che anche le «minacce di sanzioni» sono lecite per l’Uefa, ma è anche vero che in altre parti, si invita l’Uefa a gestire il monopolio autorizzato con trasparenza, etica e giustizia. In quest’ottica sarebbe difficile giustificare una sanzione (anche solo economica) per aver solo presentato un progetto, nello statuto del quale c’è esplicitamente scritto fin dall’aprile del 2021 che «verrà realizzato solo previa autorizzazione di Fifa o Uefa». E c’è anche una ragione di più prosaica opportunità economica: escludere, anche solo per una stagione, tre club come quelli dalla Champions League, svaluterebbe non poco il prodotto commerciale e televisivo, facendo quindi un danno a tutto il sistema, non solo alle tre “ribelli”. Infine, in seno all’Uefa, c’è una corrente di colombe che si oppone al falco Ceferin (la cui sete di vendetta è l’unica cosa da temere per Juve, Real e Barça), una corrente che vorrebbe tendere una mano per rasserenare il clima dopo anni tempestosi. Ora, poi, che è uscito di scena Andrea Agnelli, il nemico giurato di Ceferin, tutto sarebbe più semplice.  

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Un progetto mal gestito

L’Uefa si godrebbe così la vittoria e il mantenimento dello status quo. E come ha fatto a conquistare questa vittoria? Nella decisione dell’avvocato c’è un concetto ricorrente: la Superlega va contro il modello sportivo europeo perché è un torneo «chiuso», scrive più volte, salvo in due casi concedere fra parentesi un «semi-aperto». Nella sua interpretazione del caso, ha dunque prevalso l’immagine della Superlega che ha dipinto l’Uefa ed è scomparsa completamente l’idea di torneo «aperto» che la Superlega ha diffuso negli ultimi quattro mesi, spiegando di aver cambiato il format iniziale. Bernd Reichart, amministratore delegato di A22, la società che “contiene” il progetto SL, ha più volte sottolineato il concetto di cambiamento e di «torneo aperto», ma questo è stato ignorato. Il lavoro di lobby dell’Uefa presso le istituzioni politiche, dai governi nazionali alla Commissione Europea, il cui vicepresidente Margheritis Schinas ha suggellato un accordo con Ceferin proprio pochi mesi fa, ha evidentemente pesato molto e la pessima immagine che ha diffuso di sé la Superlega ha pesato altrettanto. Alla fine di tutto, infatti, rimane incomprensibile come un progetto enorme come la Superlega (per il quale banche americane erano pronte a sborsare 6,5 miliardi di dollari) e con attori così importanti del calcio mondiale, sia stato gestito in modo così maldestro sul fronte della comunicazione, dal primo disastroso comunicato notturno fino alla tardiva nomina di un uomo che spiegasse il progetto a chi ne fosse interessato in giro per l’Europa. Poche decisioni giuste sono state prese su quel fronte dall’aprile del 2021.

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Il trionfo della Premier

Tutte giuste, invece, le mosse della Premier League e del Governo inglese che, fin dalla notte del disastroso comunicato, hanno agito per tutelare il fatto che il loro campionato è il meglio venduto nel mondo e il più ricco sotto il profilo commerciale. Un concorrente come la Superlega avrebbe creato qualche problema e, chissà, qualche guadagno in meno. Adesso sarà dura contrastare lo strapotere di club che, la scorsa estate, hanno speso due miliardi di euro nel calciomercato, ovvero tanto quanto Serie A, Liga, Bundesliga e Ligue 1 messi insieme. La Premier incassa più del doppio del resto d’Europa e il nuovo FairPlay finanziario consente di spendere il 70% di quello che si incassa: ma il 70% di 120 milioni (cifra assegnata alle neopromosse in Premier) è diverso dal 70% di 25 milioni (cifra assegnata alle neopromosse italiane). Anche perché 120 milioni non li prende neanche chi vince la Champions League.

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La Superlega incassa una mazzata giuridica di una certa violenza. La Uefa festeggia, giustamente, un parere nettamente a suo favore. Ma la vera vincitrice è la Premier League. Se il parere consultivo dell’avvocato della Corte Europea diventasse sentenza a marzo, decretando la fine di un progetto alternativo per il calcio europeo, chi ne trarrebbe veramente vantaggio sarebbero gli inglesi, ancora più incontrastati dominatori economici del football. Non ci sono certezze che la Superlega sia un valido argine al loro strapotere, ma nel caso in cui questa si sgonfiasse definitivamente, non ci sarebbe nessun valido concorrente alla Premier, intesa come prodotto televisivo e commerciale, così che il già largo divario si farebbe voragine, economica prima, quindi sportiva. Prima di ogni ragionamento, tuttavia, è bene ricordare che quello pubblicato ieri dalla Corte di Giustizia Europea è un parere consultivo non vincolante, insomma non è una sentenza. Cosa spinge a commentarla come tale è la statistica che indica nel 70% il numero di casi nei quali i giudici della Corte hanno ricalcato il parere dell’avvocatura generale (anche se Athanasios Rantos, che si è espresso sul caso Superlega, ha una percentuale più bassa), ma non vi sono certezze che il contenuto delle 50 pagine del parere lo si ritrovi nella sentenza, quella sì vincolante e inappellabile.

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