Israele, Tal Banin disperato: "Mio figlio in guerra, aiutateci per la pace"

Il dramma del primo israeliano in Serie A sul conflitto che sta colpendo il suo paese: "Illuso che il calcio potesse servire come collante per trovare pace"
Israele, Tal Banin disperato: "Mio figlio in guerra, aiutateci per la pace"© ANSA

Quello che semini poi raccogli e se lasci qualcosa d'importante nel tuo ambiente lavorativo, prima di tutto dal punto di vista umano, lo ritrovi quando sei nel momento del bisogno. Il calcio non fa eccezione e per chi si comporta bene poi diventa aggregativo e solidale. In queste ore di dramma che sta vivendo Israele, con l'inasprimento delle guerra con i terroristi palestinesi, c'è chi dall'Italia trova conforto e aiuti concreti. Tal Banin è stato il primo calciatore israeliano a militare nella Serie A italiana: il Brescia di Gino Corioni lo acquistò nell'estate del 1997 da squadra neopromossa.

Tal Banin, la sua storia

Era un "tuttocampista" quando il termine ancora non era entrato nel gergo comune: preferibilmente mezzala, ma anche mediano centrale e trequartista all'occorrenza. In biancoazzurro 81 partite e 1 gol fino al 2000, lui che per tredici anni ha indossato la maglia della Nazionale del suo Paese. Nella sua casa di Haifa sono giorni di grande apprensione. Il figlio, nato proprio nella sua esperienza bresciana, è in prima linea nel conflitto. È di leva e in Israele il periodo da militare è ancora un obbligo, cha va dai due ai tre anni per i maschi ed è previsto un addestramento anche per le donne. Come tutti in Israele, la famiglia Banin è abituata da anni a convivere con le bombe, gli attenti e Tal, ora 52enne, ne parlò in diverse interviste durante la sua esperienza a Brescia. Quando gli veniva chiesto conto di una sconfitta, non di rado rispondeva che «in Italia fate un dramma per una partita persa, ma da noi i drammi veri sono altri. Non potete capire cosa significhi camminare per le vie della propria città, temendo di vedere da un momento all'altro una piazza, un locale, una scuola o un ospedale che saltano in aria per una bomba. Quando gioco - disse - mi concentro al massimo sulla partita, ma quando stacco è normale che il mio pensiero vada ogni volta a parenti e amici che vivono in Israele e ogni giorno convivono con tensione e paura».

Il messaggio

Due giorni fa, su Facebook Tal Banin ha postato un messaggio che gelava il sangue: «Faccio appello a ognuno di voi, per favore aiutiamo chi sta proteggendo il nostro territorio alla ricerca della pace, non abbandoniamo chi è in prima linea, non facciamo mancare nulla: la nostra forza è nella nostra unità». E ancora: «Questa è l’unità di mio figlio (viene postato il link, ndr), stanno combattendo con attrezzature non adatte, c’è bisogno di raccogliere donazioni per acquistare quello che serve e combattere con attrezzature appropriate. Sii benedetto se puoi aiutare anche con la distribuzione. Pregate per tutti i nostri bambini/soldati affinché conosciamo giorni migliori». Già, giorni migliori. Non c’è dramma più grande per un padre che vedere il figlio in pericolo e quello di Tal Banin è impegnato in una guerra che sembra non finire mai: «Siamo stati attaccati e dobbiamo difenderci» ci racconta in messenger l’ex centrocampista del Brescia, che ha giocato anche con Cannes, Maccabi ed Hapoel Haifa, con Maccabi Tel Aviv, Bnei Yehuda, Maccabi Netanya e Beitar Gerusalemme. Ha giocato e onorato i colori delle squadre che militano nel cuore di Israele, ma anche per quelle al confine con la Striscia di Gaza. Il Beitar Gerusalemme fino ai primi anni Novanta militava in uno stadio denominato “la buca della sabbia”, non il posto migliore dove calciare un pallone. I suoi tifosi sono politicamente schierati a destra e spesso subiscono le critiche dell’opinione pubblica per l’atteggiamento anti-arabo, che sconfina nel razzismo. Tal Banin si è spesso illuso che il calcio potesse servire «come collante per trovare un po’ di serenità e pace» in un territorio martoriato da una guerra che non finisce mai e che in un periodo come questo diventa ancora più dura, cruda, che non guarda in faccia nessuno. Quando indossava la maglia della Nazionale israeliana dava tutto e di più e il suo rammarico più grande è stato quello di non riuscire a conquistare con i suoi compagni la qualificazione a una manifestazione internazionale, che avrebbe portato ancora più all’attenzione generale la necessità di trovare un punto d’incontro con il confinante territorio palestinese. Sotto il suo post dell’altro ieri su Facebook hanno commentato ex compagni di squadra e tifosi che in Italia l’hanno apprezzato come uomo oltre che come calciatore. “100% con voi”, “Forza Tal”, “Spero che tu e la tua famiglia stiate bene”. E c’è anche chi si è già mosso per aiutarlo mandando generi di conforto. Anche il calcio italiano è al fianco di Tal Banin e di Israele.

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