Antognoni: "Ho vinto poco ma il mio bicchiere è pienissimo"

Intervista alla bandiera della Fiorentina: "So di aver fatto nella vita e nella carriera la scelta più giusta. Tornare in viola? Le mie porte sono sempre aperte. A Firenze non chiedo nulla, mi fa un regalo ogni giorno"
Antognoni: "Ho vinto poco ma il mio bicchiere è pienissimo"
Buongiorno Giancarlo, il 1° aprile compirà 70 anni. Come si sente? «Bene, anche perché me ne sento almeno dieci di meno (sorride, ndc)». 
 
Ha già deciso come festeggerà? 
«Lunedì insieme alla famiglia, mentre il giorno dopo i vecchi ultrà e anche qualcuno più giovane hanno organizzato una cena al circolo della Rondinella, saremo almeno 120. Poi a metà settimana sarò in Palazzo Vecchio invitato dal sindaco, una cerimonia comunque ben più intima rispetto ai grandi festeggiamenti che mi fecero per i 60 anni». 
 
Forse Antognoni non va più di moda? 
«Spero di no (risata, ndr). E comunque in nessun'altra città mi avrebbero festeggiato come è stato e sarà a Firenze, per questo non ho rimpianti». 
 
Neppure aver vinto meno di quanto avrebbe meritato? 
«So di aver fatto nella mia vita e nella mia carriera la scelta più giusta. Per i fiorentini è come se non avessi mai smesso di giocare. Fossi andato a Torino, a Milano, a Roma non credo sarebbe stato lo stesso». 
 
Vladimiro Caminiti, storica penna di Tuttosport, scrisse di lei che 'giocava guardando le stelle'. Quante ne ha viste in questi anni? 
«Ho sempre considerato bellissime quelle parole coniate per me e ancora oggi dico grazie. Di stelle ne ho viste tante, neppure nei sogni di bambino immaginavo di vivere una vita così. Ho fatto una professione appassionante che mi ha dato tanto, non sono mancati gli infortuni, ho vinto poco ma il mio bicchiere è pienissimo». 
 
Quando aveva 60 anni, nel 2014, era un dirigente federale. Ora cosa fa? 
«Sono e resto un grande appassionato di calcio, continuo a seguirlo e a documentarmi in tv o di persona. Non mi sento affatto un pensionato!». 
 
Che calcio sta vedendo? 
«Migliorato tecnicamente anche se il gioco sempre più veloce non sempre fa rima con qualità. Comunque prendiamo i difensori: ai miei tempi non avevano piedi gentili, ora sanno giocare e impostare». 
 
Cosa è cambiato maggiormente rispetto a quando giocava lei? 
«Ora conta di più il collettivo del singolo. Forse perché di giocatori che da soli facevano vincere le partite, penso a Maradona, Zico, Platini e più recentemente a Messi e Ronaldo, ce ne sono sempre meno. L'unico che ora mi viene in mente è Mbappé». 
 
Chi è per lei adesso il giocatore simbolo del calcio italiano? 
«Nicolò Barella. Quando ero in Federazione lui già in Under 15 aveva fatto vedere di poter diventare un grande calciatore. Ha carattere, segna, fa reparto in una squadra forte, dà sempre tutto in campo». 
 
Proprio Barella è andato in gol nell'amichevole vinta dalla Nazionale domenica con l'Ecuador. Questa Italia saprà difendere il titolo europeo conquistato nel 2021? 
«Sono sicuro che ai prossimi Europei farà bella figura. Conosco Spalletti, è un allenatore esperto cui piace far giocare bene le sue squadre. E sa assemblare come pochi tecnica e tenacia». 
 
Lo scudetto è ormai sulla maglia dell'Inter? 
«Certo, e con pieno merito. Vero che è uscita dalla Champions contro un super Atletico Madrid, ma la squadra nerazzurra può consolarsi con la doppia stella. E non è poco». 
 S'annuncia più combattuta la bagarre per gli altri piazzamenti. 
«Dal Torino in su tutte le squadre sono coinvolte. Per la Champions il Bologna meriterebbe di accedervi, ha un ottimo allenatore, ha trovato continuità e ha giocatori che da semi sconosciuti stanno mettendo in mostra un bel calcio. La Juventus pur andando a fasi alterne alla fine centrerà l'obiettivo: Allegri è nel mirino, ha cambiato molto ma pure lanciato tanti giovani interessanti e altri il club bianconero ne ha in giro, vedi Soulé, pronti per il gran salto. Poi c'è un dirigente come Giuntoli che sa il fatto suo». 
 
Al secondo posto c'è il Milan. 
«Non capisco tutte queste critiche a Pioli, mica è passato un secolo da quando ha conquistato lo scudetto... Il pubblico rossonero è esigente ma non può pretendere di vincere sempre. Questo Milan è forte, andrà in Champions e può arrivare in fondo all'Europa League che è un trofeo di prestigio». 
 
Proprio il Milan affronterà sabato una Fiorentina segnata da un nuovo lutto, la scomparsa del dg Barone, dopo quello vissuto con il capitano Astori. Lei fra l'altro nel 2018 era dirigente del club e Pioli l'allenatore dei viola. 
«Impossibile dimenticare quella tragedia, ero a Udine quando successe, fu devastante. La scomparsa di Barone l'ho vissuta da fuori. Ma come fu per Davide anche stavolta alla squadra e alla società è venuto a mancare un punto di riferimento. Cosa fare? Se ripenso a 6 anni fa dico che un grande dolore ti porta a compattarti ancor di più, è il solo modo per cercare di ripartire come seppe fare pur nella sofferenza la Fiorentina di Pioli. Sono sicuro che Italiano e i tifosi ci riusciranno». 
 
Quando nel 2021, sotto la gestione Commisso, chiuse con il club viola affermò di essersi sentito quanto mai deluso e declassato: da technical manager le dissero che sarebbe passato al settore giovanile e lei rifiutò. 
«Provai grande amarezza, ci rimasi male, poi però si va avanti». 
 
Ritiene impossibile un suo ritorno in Fiorentina? 
«No. Tutto può succedere, le mie porte sono sempre aperte. Ho sempre vissuto la Fiorentina come un privilegio». 
 
Si aspetta un regalo speciale da Firenze? 
«A Firenze non chiedo nulla, qui mi fanno un regalo ogni giorno». 

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