Malagò, il N.1 dei vincenti incubo dei perdenti nati

L'analisi di Xavier Jacobelli sul momento che sta vivendo l'attuale presidente del Coni
Malagò, il N.1 dei vincenti incubo dei perdenti nati© LAPRESSE

Il 23 settembre al Quirinale, il Capo dello Stato riceverà gli Eroi olimpici e paralimpici, estendo l'invito anche ai quarti posti, gli atleti e le atlete che hanno sfiorato il podio, meritando comunque il significativo riconoscimento di Sergio Mattarella. Quel giorno, il presidente più sportivo nella storia della Repubblica avrà al suo fianco il presidente del Coni più vittorioso nella storia dello sport italiano. Nel breve volgere di tre anni solari, Giovanni Malagò ha apposto la sua firma in calce a 80 medaglie e a Parigi, rispetto a Tokyo, ne ha inanellate due d'oro in più. Per la precisione 12 ori, 13 argenti e 15 bronzi; nona nazione assoluta e quarta europea come numero di ori; per somma di medaglie, settima nazione assoluta e terza continentale; prima nazione nella classifica assoluta dei quarti posti (25).

Il numero uno dei vincenti

Di fronte a un bilancio simile, esaltante e senza precedenti, la prima cosa di buon senso che bisognerebbe fare, oltre che doveroso riconoscimento al merito, sarebbe confermare al vertice del movimento sportivo tricolore chi lo guida dal 19 febbraio 2013 e, il 9 ottobre 2018, è stato eletto membro del Cio, ventiduesimo italiano della storia ad entrare nel gotha a Cinque Cerchi, il sedicesimo a titolo individuale, ulteriore motivo d'orgoglio. Invece no. Malagò è il Numero Uno dei vincenti ed è l'incubo dei perdenti nati che pullulano nel Palazzo della politica. I loro alti lai si sono levati già all'indomani del rientro in patria della trionfale spedizione olimpica. Gente che manco sa che cosa significhi l'acronimo Coni, ha addotto come pretesto l'impossibilità normativa di un quarto mandato da conferire a Giovanni, dopo il terzo in scadenza nel maggio 2025. Bene. Anzi male. Malissimo, poiché siamo davanti a un manifesto atto contra personam che fa a pugni con il provvedimento invece ad personam che l'anno scorso ha modificato la legge, prevedendo più mandati per i presidenti delle federazioni.

Lo zampino di Malagò

Per esempio, c'è chi addirittura è al timone da ventiquattro anni e ha l'impudenza di sbraitare contro la proroga di Malagò sino a Milano Cortina 2026 e ai Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026. Sono i due grandi eventi che all'Italia non sarebbero mai stati assegnati se non ci fosse stata la provvidenziale azione di Giovanni, sistematicamente svolta in ogni sede internazionale in cui egli ha fatto valere la credibilità, l'autorevolezza e il prestigio consolidati negli anni. Il 23 agosto scorso, il sondaggio a tappeto condotto da Giorgio Marota per il Corriere dello Sport ha posto questa domanda a 48 presidenti delle federazioni: "Pensa che sia giusto garantire anche al presidente del Coni la possibilità di correre per un quarto mandato, dopo la cancellazione del limite dei tre, dichiarato incostituzionale, per i presidenti delle federazioni?". Hanno risposto sì in 34 e nel multicolore PPN (Partito Perdenti Nati), un brivido è corso lungo la schiena. Malagò, è il caso di dirlo, si è guadagnato sul campo il diritto di continuare a guidare lo sport italiano. Per lui, più di ogni altro vale il motto olimpico: Citius, Altius, Fortius - Communiter. Più veloce, più in alto, più forte - insieme. Fuori gioco frustrati e facce di bronzo.

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