Che succede al Brasile? La squadra che tante volte ha fatto tremare il mondo, il manifesto del calcio bello, allegro, spensierato e spesso anche vincente. Il Dream Team. Quella maglia che è prima di tutto uno stato d’animo, un sogno, l’obiettivo di una vita. La sconfitta dell’altra notte, 1-0 con il Paraguay, che non batteva i verdeoro da 16 anni, nel match valido per le qualificazioni ai prossimi Mondiali, arriva a due mesi di distanza dalla delusione in Copa America dove l’eliminazione arrivò ai quarti di finale per opera dell’Uruguay di Bielsa e anche nel girone gli uomini di Dorival Junior non avevano affatto convinto, incapaci di battere Costa Rica e Colombia. Per la Selezione che in attacco può schierare un formidabile tridente formato dagli assi del Real Madrid - Vinicius Jr, tra i favoriti alla vittoria del prossimo Pallone d’Oro, Rodrygo e la stellina 18enne Endryck - tutto è ormai maledettamente complicato. Come peraltro provato dal duro atto di accusa pronunciato proprio da Vinicius: «Vogliamo invertire questa situazione ad ogni costo. Ora andiamo tutti a casa e pensiamo a riflettere immediatamente su cosa dobbiamo migliorare, cosa dobbiamo fare per giocare di nuovo bene. Non possiamo venire qui, giocare come abbiamo fatto e perdere questi punti. In Europa la palla arriva in campo più velocemente, dobbiamo adattarci e giocare nel modo migliore per vincere le partite e poi ritroveremo la tranquillità che non abbiamo più».
Le parole del ct
Solo il ct continua ad ostentare una sicumera che fa a pugni con prestazioni e risultati, considerato che quello con il Paraguay è stato il 4° ko nelle ultime 5 gare di qualificazione mondiale: «Filmatemi bene quando vi dico che ai Mondiali del 2026 saremo in finale e ci giocheremo la vittoria». È il capotavola che si sofferma sul colore della tovaglia mentre il Titanic affonda o a farlo parlare così è il terrore, che qualcuno inizia a leggere nei suoi occhi, di andare incontro a un flop che più passa il tempo e più rischia di diventare enorme? Non è ancora il momento di dubitare sulla partecipazione ai prossimi Mondiali, ma intanto il Brasile è quinto nel girone sudamericano dovendo guardare le spalle anche all’Ecuador (che tra l’altro sconta una penalizzazione di tre punti…) oltre che ad Uruguay, Colombia e Argentina ed è solo a + 1 sulla Bolivia, la prima delle attuali escluse. Vedere i rivali di sempre in testa, distanti otto punti, fa ancora più male.
Il rimpianto Ancelotti
Se la ridono, invece, i tifosi dell’Albiceleste nel sapere che il Brasile dovrà ora mendicare punti per tirarsi fuori dai guai, come sarà costretto a fare nelle finestre di ottobre e novembre quando dovrà affrontare Cile, Perù, Venezuela e Uruguay. Non osiamo pensare alle conseguenze se dovessero esserci altri passi falsi. O forse è fin troppo facile prevedere: ciao ciao Dorival. Sono in tanti adesso a chiedersi se davvero è stato fatto tutto il possibile per affidare la Seleçao a Carletto Ancelotti, che quei tre là davanti avrebbe saputo farli rendere sicuramente meglio. Anche se c’erano un altro allenatore (Felipe Scolari) e altri giocatori (Hulk-Fred-Bernard il tridente, Julio Cesar a guidare la difesa con Maicon, Dante e Marcelo), il Mineirazo di dieci anni fa (1-7 nel Mondiale in casa con la Germania) è una ferita sempre aperta e accentuata dal fatto che il Brasile ha vinto l’ultimo Mondiale nel 2002 (c’era ancora Ronaldo il Fenomeno, doppiettista in finale con la Germania) e l’ultima Copa America alzata è quella del 2019. E a Dorival per pensare positivo non resta che sperare nell’ultima carta, quella della disperazione: il rientro in campo di Neymar. Che non gioca con continuità ormai da un anno e mezzo