Pagare per giocare, il caso Bagni non è una novità: le denunce inascoltate

Le esperienze di Soviero e di Resca tra i dilettanti: "Se dovevo portare i soldi facevo il Presidente, non l'allenatore"
Pagare per giocare, il caso Bagni non è una novità: le denunce inascoltate© Getty Images

Salvatore Bagni e “Le Iene” hanno fatto scalpore, amplificati dal mezzo televisivo ("Ho un’agenzia, se il giocatore lo scelgo io ci investo, altrimenti è lui che deve darmi 30.000 euro e lo sistemo", la frase pronunciata dall’ex centrocampista a un finto calciatore che l‘ha avvicinato), ma che nel calcio si paghi per giocare o per essere presi in considerazione dai talent scout è, purtroppo, tutt’altro che una novità; molte le denunce, anche pubbliche, rimaste inascoltate. "Per allenare mi hanno chiesto uno sponsor da 50.000 euro – aveva segnalato a suo tempo Salvatore Soviero, ex portiere tra le altre di Genoa e Venezia –. Se dovevo portare i soldi facevo il presidente non l’allenatore" avrebbe poi risposto.

La denuncia di Marco Resca

E contro questa e altre modalità si era ribellato pure Marco Resca, meno famoso di Soviero, ma con un percorso professionale da fare invidia ad alcuni colleghi di Serie A: "Sono laureato in Scienze alimentari e ho iniziato ad allenare da quando avevo 17 anni, ma non conoscendo nessuno avevo difficoltà a trovare una squadra. Inoltre, nei corsi organizzati dalla Federazione per prendere il patentino Uefa B come allenatore di base gli ex calciatori ti passano sempre avanti e gli altri, più capaci e preparati, restano al palo". Classe ’81, Marco è nato a Milano, e dopo anni divisi tra campo e un impiego in un’azienda aveva deciso che era il momento di andarsene dall’Italia: "Ero arrivato anche nei professionisti, allenando i Giovanissimi Nazionali del Pavia. A me, comunque, non hanno mai chiesto di portare uno sponsor per allenare, ma sono a conoscenza di tanti casi simili e così persone che prima erano dei genitori che guardavano le partite dalle tribune te li ritrovavi in panchina in squadre e in categorie importanti come la Promozione e l’Eccellenza, per non parlare di quelli che portano con sé i giocatori, in un caso addirittura nove, così quando la società ha esonerato l’allenatore si è poi ritrovata senza squadra".

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Soviero e Rossi, le denunce

Allora, con rabbia e malinconia, Marco aveva fatto le valigie girando l’Europa, formandosi, in Svizzera e Irlanda dove ha preso il patentino B, e allenando, in Inghilterra (Sandgate e Southall) e Olanda (Rksv Heeze): "A Londra sono stato bene, anche perché non ti pagano per allenare a quei livelli, ma ti trovano attività parallele, come l’insegnamento di educazione fisica nelle scuole o seguire le attività sportive nel doposcuola, e con queste ti mantieni, In Olanda sono arrivato a collaborare con il Willem II Tilburg, formazione di Eredivisie, ma la cosa che più mi ha colpito è che sono rimasti impressionati dal mio curriculum, dalle mie esperienze in giro per l’Europa, capiamoci non è che all’estero c’è il 'Paese dei balocchi' ma sicuramente più meritocrazia", adesso Marco allena l’Arca nella Promozione lombarda. Alcuni anni fa la guardia di finanza ha effettuato migliaia di controlli anche sulle società sportive dilettanti: "L’imprenditore locale può fare una donazione al club che poi gli gira i soldi dell’Iva, oppure questo rigira all’azienda una percentuale del donato attraverso varie causali: si può arrivare a 30.000 euro in Promozione o Eccellenza, 5.000 in Seconda categoria – ha ricordato Marco –. A volte è proprio con questi soldi che pagano i collaboratori. Senza dimenticare i giocatori che prendono rimborsi spese di centinaia di euro". Anche se ci tiene a precisare che: "Da quando sono tornato in Italia, per fortuna, non sono venuto più a conoscenza di fatti simili". La stessa cosa di Soviero, tempo fa, è stata denunciata da Marco Rossi, che non ha ceduto al ricatto come altri colleghi e che dal 2018 è, con grande merito, ct dell’Ungheria. E di casi come il suo ce ne sono a centinaia, sia nel calcio professionistico che in quello dilettante. Insomma, niente di nuovo, purtroppo, sul fronte occidentale.

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Salvatore Bagni e “Le Iene” hanno fatto scalpore, amplificati dal mezzo televisivo ("Ho un’agenzia, se il giocatore lo scelgo io ci investo, altrimenti è lui che deve darmi 30.000 euro e lo sistemo", la frase pronunciata dall’ex centrocampista a un finto calciatore che l‘ha avvicinato), ma che nel calcio si paghi per giocare o per essere presi in considerazione dai talent scout è, purtroppo, tutt’altro che una novità; molte le denunce, anche pubbliche, rimaste inascoltate. "Per allenare mi hanno chiesto uno sponsor da 50.000 euro – aveva segnalato a suo tempo Salvatore Soviero, ex portiere tra le altre di Genoa e Venezia –. Se dovevo portare i soldi facevo il presidente non l’allenatore" avrebbe poi risposto.

La denuncia di Marco Resca

E contro questa e altre modalità si era ribellato pure Marco Resca, meno famoso di Soviero, ma con un percorso professionale da fare invidia ad alcuni colleghi di Serie A: "Sono laureato in Scienze alimentari e ho iniziato ad allenare da quando avevo 17 anni, ma non conoscendo nessuno avevo difficoltà a trovare una squadra. Inoltre, nei corsi organizzati dalla Federazione per prendere il patentino Uefa B come allenatore di base gli ex calciatori ti passano sempre avanti e gli altri, più capaci e preparati, restano al palo". Classe ’81, Marco è nato a Milano, e dopo anni divisi tra campo e un impiego in un’azienda aveva deciso che era il momento di andarsene dall’Italia: "Ero arrivato anche nei professionisti, allenando i Giovanissimi Nazionali del Pavia. A me, comunque, non hanno mai chiesto di portare uno sponsor per allenare, ma sono a conoscenza di tanti casi simili e così persone che prima erano dei genitori che guardavano le partite dalle tribune te li ritrovavi in panchina in squadre e in categorie importanti come la Promozione e l’Eccellenza, per non parlare di quelli che portano con sé i giocatori, in un caso addirittura nove, così quando la società ha esonerato l’allenatore si è poi ritrovata senza squadra".

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