Pagina 3 | Florentino Perez esclusivo: "Cambiamo il calcio. Lotterò con tutte le forze"

La sala dove sono esposte le quattordici Champions League vinte dal Real Madrid è la sagrestia della cattedrale del calcio mondiale che porta il nome di Santiago Bernabeu. Un luogo laicamente sacro per qualsiasi appassionato, non solo per i tifosi madridisti. Quelle coppe sono ora temporaneamente nel centro sportivo di Valdebebas, in attesa che finisca la mastodontica ristrutturazione dello stadio, ma l’effetto è lo stesso abbacinante per chi entra e si trova davanti all’imponente sfilata di argento che intimidisce. Lo stesso Florentino Perez, quando entra nella stanza, passa in rassegna i trofei con uno sguardo in cui è difficile trovare il confine fra amore e orgoglio. È davanti alla bacheca più ricca del mondo che gli consegniamo il “Golden Boy Best President”: Perez scorre i nomi dei membri della nostra giuria e sospira: «Sapere che autentiche leggende del football abbiano votato per me rende questo premio ancora più importante e me ancora più orgoglioso».

Presidente Perez, premiando lei ci sembra di premiare la storia del Real Madrid, ma è indubbio che la scorsa stagione sia stata particolarmente speciale.

«Questo è infatti un premio che onora la storia del Real Madrid prima di me. È un orgoglio che mi consegniate un riconoscimento così prestigioso. Sinceramente è stata una stagione magica, che ricorderemo per sempre una delle migliori della storia, perché abbiamo vinto praticamente tutto. E, soprattutto, abbiamo conquistato la Champions in un modo spettacolare, battendo nell’ordine prima il Psg, poi il Chelsea, poi il City e il Liverpool in finale. E poi ci sono state le notti magiche del Bernabeu quando sembrava avessimo perso la qualificazione al turno successivo, ma all’improvviso si è verificato un vero miracolo: l’unione fra i tifosi e i giocatori, così in situazioni limite come contro il City, nella quale dovevamo rimontare due gol e mancavano due minuti, ma poi abbiamo ribaltato la partita. E questo fa parte del DNA del Real Madrid, il Real Madrid non si arrende mai».

A chi dedica questo premio?

«A tutti i tifosi del Real Madrid che sono moltissimi in tutto il mondo, ne abbiamo cento milioni in tutti i continenti, cinquecento milioni ci seguono sui social. È un club universale e tutti gli appassionati del mondo ci conoscono, anche solo per una grande partita. Nel magico sport del calcio ci si può emozionare anche per una sola partita».

Siamo in una stanza piena di trofei, è ancora emozionato a riceverne uno?

«Noi iniziamo tutte le stagioni come se non avessimo vinto nulla in quella precedente. Questo (indica il Golden Boy Best President) è il primo trofeo di questa stagione e lo mettiamo in bacheca con la speranza che i nostri tifosi siano felici anche di questo trofeo. Ogni trofeo per me, comunque, è come se fosse il primo che vinciamo».

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Cosa la inorgoglisce di più del Real Madrid?

«Mi inorgoglisce essere ilpresidente della istituzione sportiva più grande del mondo. E nello stesso tempo è una grande responsabilità perché devo essere all’altezza della circostanze e della storia. Io non devo tradire i tifosi, che vogliono vincere sempre, ma vogliono farlo con i nostri valori che sono sacrificio e rispetto dell’avversario, così come solidarietà, abbiamo infatti anche una fondazione Real Madrid che opera in tutti i continenti e abbiamo aperto 400 scuole sociali. Il legame con i nostri tifosi è qualcosa difficile da spiegare, ma è qualcosa che sperimentiamo in tutto il mondo e questa connessione con loro è un valore».

Qual è stato il momento più difficile della scorsa stagione?

«Tutti! Tutte le partite qui al Bernabeu sono notti magiche dove si celebra questa comunione fra i tifosi sugli spalti e i giocatori in campo che è molto difficile da spiegare. Ma è nel nostro DNA lottare fino alla fine e per questo tutte sono state difficili. Magari la più difficile è la partita contro il Manchester City, nella quale fino al minuto 89 e avevamo bisogno di due gol, abbiamo pareggiato e poi quando ci sono stati i supplementari dopo 6 minuti tutto il pubblico aveva capito che la qualificazione l’avevamo in mano. La verità è che vale sempre la pena vivere una notte al Bernabeu e vi invito tutti a venire perché, come dice Carletto: i giocatori del Real oltre a essere giocatori di grande qualità sono “madridisti”. Quindi l’unione di questa qualità e “madridismo” ci permette di vivere queste notti magiche. E qualcosa difficile da spiegare ma è questo che è capitato in tutte le partite della competizione».

Benzema è il nostro “Golden Player”. Qual è il segreto di Karim the Dream?

«Il segreto di Benzema è che è il miglior giocatore del mondo. Mi ricordo quando lo abbiamo preso dal Lione nel 2009, sono andato a casa sua perché era un ragazzino, aveva 20 anni. Era ed è un insieme fra la classe di Zidane e l’esplosività di Ronaldo Nazario. E con il passare degli anni è effettivamente migliorato, è da almeno due anni che meritava il Pallone d’Oro, mi rimane l’orgoglio di averlo ingaggiato andando a casa sua anche se era già costoso. E adesso risplende di tutto il suo valore».

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Ci dica in una frase chi è per lei Carlo Ancelotti.

«È sicuramente il migliore allenatore per il Real Madrid, perché ci conosce da tanti anni. Conosce i nostri valori e li sa trasmettere ai giocatori. Questo lo rende l’allenatore perfetto. È difficile trovare un allenatore migliore di Ancelotti».

Riceve questo premio grazie al voto di giocatori come Van der Sar, Chapuisat, Nedved, Matthaus, Toni, Verón, Shevchenko, Stoichkov, Eto’o, Butragueño, Costacurta, Rui Costa che fanno parte del nostro board di leggende. Di solito è lei a scegliere i grandi campioni, che sensazione prova a essere scelto dai campioni questa volta?

«Alcuni hanno giocato in periodi in cui non ero presidente, altri sì: diciamo comunque che mi sarebbe piaciuto che tutti avessero giocato nel mio Real Madrid. È per me una soddisfazione immensa perché sono delle leggende della storia del calcio e la loro scelta mi inorgoglisce».

Lei ha costruito alcune delle formazioni più forti del mondo: qual è il segreto per creare una grande squadra? Soldi a parte naturalmente.

«Il Madrid è un club in cui tutti vogliono venire. Non c’è mai difficoltà nel convincere qualcuno ad accettare l’offerta del Real Madrid. C’è una grande storia, una grande organizzazione, le strategie sono sempre buone, gli stipendi sono buoni, insomma tutti i grandi campioni vogliono giocare nel Real Madrid».

C’è più soddisfazione nell’acquistare un “galactico” o nel lanciare un giovane del vivaio?

«È la stessa soddisfazione, perché i primi sono grandi campioni, i secondi possono diventarlo. Prendiamo l’esempio di Camavinga, è arrivato qui a 18 anni, sta sbocciando e ha tutta la vita davanti a lui. Zidane, invece, era arrivato già campione e ci ha regalato la Champions di Glasgow con quel meraviglioso gol. Il Real deve essere sempre una mescola di tutte e due le categorie: campioni e giovani talenti. Adesso stiamo allevando molto giovani perché è sempre più difficile acquistare i campioni, perché le squadre non li vogliono cedere. Così abbiamo in rosa Vinicius Jr, Rodrigo, Valverde, Militao, Camavinga, Tchouaméni: avere così tanti giovani che giocano titolari è difficile, ma è bello vederli al fianco dei Modric, dei Kroos e di questi campioni. Insieme a quell’ambiente che si crea sul campo ci rende quasi imbattibili».

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Presidente, come vede il futuro del calcio europeo?

«È una domanda che potrebbe richiedere una lunga risposta. Ma proverò a semplificare il concetto: negli ultimi vent’anni è arrivata una nuova generazione e il mondo è cambiato, tutto è cambiato nelle nostre vite, il calcio quindi non può non adeguarsi. Il calcio è l’unico sport veramente universale e globale, non possiamo permettere che altri sport che sono più organizzati e orientati al cambiamento e alla modernità possano sfruttare questo per togliere al calcio questa situazione di privilegio. Sto lavorando, come i miei predecessori e quelli ancora prima, per adeguarmi ai tempi che vivo: non possiamo consentire che i giovani amino sempre di meno il calcio perché le partite che offriamo sono meno attraenti e coinvolgenti. Non possiamo permetterlo, dobbiamo riflettere tutti insieme e dare ai giovani, che rappresentano il futuro, anche del calcio, quello che loro si aspettano da noi. Stiamo lavorando a questo e lotterò con tutta la mia forza perché il calcio non perda la sua posizione di privilegio e perché continui a essere il re degli sport in tutti i continenti».

Il Santiago Bernabeu, che state ristrutturando in modo spettacolare, avrà mai il suo nome? Ci sarà mai il Bernabeu-Perez?

«Mai! Lo stadio si chiamerà Santiago Bernabeu per tutta la sua vita. È lui che ha creato tutto questo, noi siamo dei prosecutori della sua opera. È lui che nel 1947 ha avuto l’idea di costruire questo stadio, all’epoca un progetto ambiziosissimo, è stato lui il primo a far viaggiare la squadra in America quando sembrava una follia, tutto quello che siamo adesso lo dobbiamo a lui. E poi il nome dello stadio è ormai un “marchio”. I giovani magari non sanno chi è stato Bernabeu, ma dicono: ci vediamo al Bernabeu. Se vogliono posso dedicarmi il centro sportivo, ma lo stadio sarà sempre Santiago Bernabeu».

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Ci dica in una frase chi è per lei Carlo Ancelotti.

«È sicuramente il migliore allenatore per il Real Madrid, perché ci conosce da tanti anni. Conosce i nostri valori e li sa trasmettere ai giocatori. Questo lo rende l’allenatore perfetto. È difficile trovare un allenatore migliore di Ancelotti».

Riceve questo premio grazie al voto di giocatori come Van der Sar, Chapuisat, Nedved, Matthaus, Toni, Verón, Shevchenko, Stoichkov, Eto’o, Butragueño, Costacurta, Rui Costa che fanno parte del nostro board di leggende. Di solito è lei a scegliere i grandi campioni, che sensazione prova a essere scelto dai campioni questa volta?

«Alcuni hanno giocato in periodi in cui non ero presidente, altri sì: diciamo comunque che mi sarebbe piaciuto che tutti avessero giocato nel mio Real Madrid. È per me una soddisfazione immensa perché sono delle leggende della storia del calcio e la loro scelta mi inorgoglisce».

Lei ha costruito alcune delle formazioni più forti del mondo: qual è il segreto per creare una grande squadra? Soldi a parte naturalmente.

«Il Madrid è un club in cui tutti vogliono venire. Non c’è mai difficoltà nel convincere qualcuno ad accettare l’offerta del Real Madrid. C’è una grande storia, una grande organizzazione, le strategie sono sempre buone, gli stipendi sono buoni, insomma tutti i grandi campioni vogliono giocare nel Real Madrid».

C’è più soddisfazione nell’acquistare un “galactico” o nel lanciare un giovane del vivaio?

«È la stessa soddisfazione, perché i primi sono grandi campioni, i secondi possono diventarlo. Prendiamo l’esempio di Camavinga, è arrivato qui a 18 anni, sta sbocciando e ha tutta la vita davanti a lui. Zidane, invece, era arrivato già campione e ci ha regalato la Champions di Glasgow con quel meraviglioso gol. Il Real deve essere sempre una mescola di tutte e due le categorie: campioni e giovani talenti. Adesso stiamo allevando molto giovani perché è sempre più difficile acquistare i campioni, perché le squadre non li vogliono cedere. Così abbiamo in rosa Vinicius Jr, Rodrigo, Valverde, Militao, Camavinga, Tchouaméni: avere così tanti giovani che giocano titolari è difficile, ma è bello vederli al fianco dei Modric, dei Kroos e di questi campioni. Insieme a quell’ambiente che si crea sul campo ci rende quasi imbattibili».

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