Pirlo non si è perso: come sta andando la sua vita in Turchia

Sta cercando di dare una forte identità al Karagümrük rischiando anche la panchina per imporre il proprio gioco. Deve tuttavia ancora trovare il giusto equilibrio

Se Pirlolandia – una delle boutade giornalistiche più infelici di sempre – è mai esistita oggi ha le sembianze eleganti del quartiere Nisantasi, quelle moderne del Riva Center, la Coverciano turca, il fascino antico di Fatih, la città murata, e l’odore delle vecchie case di legno di Vefa. Questo, in un’andata e ritorno continui, grazie ai ponti Atatürk e Galata, è il nuovo mondo, calcistico e no, di Andrea Pirlo che dalla scorsa estate è l’allenatore del Fatih Karagümrük Spor Kulübü; una società che nella sua storia ha per lo più frequentato la seconda e terza serie turca piuttosto che la Süper Lig e questa è la sua settima partecipazione al massimo campionato. Nel 2010 ha vinto quello di sesta serie per poi salire progressivamente, fino a quando nel 2018 è stata acquistata da Suleyman Hurma, già proprietario del Kayserispor, dove ha saputo gestire con equilibrio bilancio e risultati sportivi. Un passato nel calcio come direttore sportivo e dirigente, Suleyman Hurma ha scommesso su Andrea Pirlo e una colonia di giocatori italiani, ed ex dei nostri campionati, perché è convinto che: «Il modo di giocare in Italia si adatta molto bene a quello che serve in Turchia. La loro cura tattica permette a questi ragazzi di saper giocare bene anche senza conoscere al lingua. Sono bravi, soprattutto in difesa».

Il Karagümrük di Pirlo

Questo, purtroppo, non è il caso della squadra di Pirlo che ha il secondo peggiore reparto difensivo dopo l’ultima in classifica, Istanbulspor, e il secondo miglior attacco dopo quello del Fenerbahce; con 20 punti e la decima posizione in classifica. L’ex giocatore e allenatore della Juventus l’aveva annunciato dopo la firma del contratto – di un anno, per suo volere, più o meno alle stesse cifre della Juve, 1,5 milioni di euro circa – che avrebbe fatto il suo gioco, cercando d’imporsi su gli avversari, perdendo poi 5-4 proprio contro i gialloblù e mettendo insieme pareggi roboanti come l’ultimo 3-3 contro il Konyaspor: facendosi rimontare il 2-0 e il 3-2. Tanto che a ottobre la sua panchina ha traballato. Lo stadio di proprietà del Karagümrük è a Vefa – lì dove sorgeva parte della vecchia Costantinopoli –, nel quartiere natale del club, pittoresco, incastonato tra le abitazioni e con un forte profumo di narghilè che ha impregnato ogni angolo, ma inadatto a giocare la Süper Lig. Così la squadra si allena al Riva Center, dove le strutture, anche per il recupero degli infortuni, sono di assoluta avanguardia, e gioca all’Atatürk, diviso tra nazionale, Basaksehir, Besiktas, Galatasaray e, appunto, Karagümrük, molto distanti l’uno dall’altro; senza contare che in quello stadio Andrea Pirlo nel 2005 ha perso una clamorosa finale di Champions League ai rigori con il Milan, dopo essersi fatto rimontare il 3-0 dal Liverpool.

La Istanbul di Pirlo

Pirlo e la sua famiglia hanno scelto di vivere a Nisantasi, nella parte europea di Istanbul, sulla sponda occidentale del Bosforo, così come tutti gli altri luoghi di questa avventura professionale; tra boutique, locali e ristoranti alla moda, girovagando tra caffè, panifici e mercati. Voleva una panchina e un campionato che non conosceva per fare una nuova esperienza dopo un anno di fermo. Ha preferito l’estero alla Serie B italiana, anche se tra tutti gli italiani che fanno parte del suo staff tecnico e i calciatori – da Viviano e Biraschi, da Ricci a Borini – non soffre certo di nostalgia. A Torino centrò la qualificazione alla Champions vincendo Supercoppa e Coppa Italia, e non bastò, a Istanbul gli chiedono molto meno: divertire dando un’identità al club, magari con un equilibrio maggiore. E dal Bosforo, passando da ‘Maestro’ a ‘Padrino’, la panchina del Belgio sembra ancora più lontana.

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