Cambia che ti passa. Sembra proprio che chi ha cominciato la stagione con un nuovo allenatore abbia una marcia in più. Basti pensare alle prime cinque classificate in Serie A, a cominciare dal Torino di Paolo Vanoli, capolista solitario. Eppure, non sempre un avvicendamento in panchina è la soluzione a tutti i problemi di un club. Anzi, spesso e volentieri, scelte poco logiche o semplicemente fuori tempo dei dirigenti rischiano di aggravare una situazione già compromessa. Lo sanno bene a Barcellona che, dopo aver esonerato Ernesto Valverde quand'era primo in classifica - per una questione di stile... - si sono ritrovati a dover fare i conti con un fallimento dietro l'altro, compresi quelli che hanno finito per rovinare l'immagine di due idoli del popolo blaugrana: Ronald Koeman e Xavi Hernández. Ne era cosciente Hansi Flick quando ha deciso di accettare l'offerta di un presidente che 10 giorni prima aveva rinnovato la fiducia al suo predecessore.
Kompany al Bayern
E anche Vincent Kompany era consapevole del fatto che scegliendo la Baviera sarebbe arrivato in una di quelle società che considera i secondi classificati come i primi dei perdenti. L'irruzione di entrambi, tuttavia, è stata devastante, nel senso positivo del termine. E già, perché c'era da devastare, da distruggere le cattive dinamiche di due club che, prim'ancora di non piacere ai propri tifosi, non si riconoscevano più quando si guardavano allo specchio. Talmente caotica l'atmosfera all'ombra della Fussball Arena di Monaco che, a un certo punto, i tifosi si sono ritrovati a chiedere la conferma di un tecnico che non amavano e che era già stato silurato dalla società che, però, spaesata, tornò sui propri passi vedendosi - colpo di scena! - rispedire al mittente la frettolosa proposta di rinnovo che Thomas Tuchel considerò inadeguata. Con le spalle al muro, il Bayern decise di chiamare l’amico Pep Guardiola per capire se avesse qualche altro figlioccio da segnalare: «Ci ha detto che era convinto che Vincent fosse un tecnico pieno di talento», ha ammesso Kalle Rumenigge. Vincent dopo Xabi (Alonso), Mikel (Arteta) e Enzo (Maresca): e la verità è che, nonostante inizialmente a Monaco si chiedessero che avessero fatto di male per meritarsi un allenatore senza esperienza e appena retrocesso con il Burnley, da quando si è cominciato a giocare, nessuno dei club in questione si è lamentato di essere ricorso all’accademia Guardiola per colmare il vuoto che aveva in panchina. Quattro vittorie su quattro in Bundesliga e il festival del gol celebrato in Champions League contro la Dinamo Zagabria, ospite a propria insaputa della più grande goleada della storia della massima competizione europea (9-2).
Flick e De Zerbi
Flick, invece, al Barça post Txingurri ne aveva rifilato 8 ai quarti di Champions del 2020. Il tecnico tedesco, tuttavia, si sta facendo perdonare dal popolo culé: sei vittorie su sei in Liga, con 22 gol segnati e cinque subiti. L’unico neo dell’impressionante avvio di stagione dei blaugrana, la sconfitta contro il Monaco in Champions arrivata, però, dopo essere rimasti in inferiorità numerica quando erano passati appena dieci minuti di gioco. La carica dei nuovi allenatori si è impossessata della vetta anche della Ligue 1, dove Roberto De Zerbi - uno che a Guardiola si ispira e che Pep ha indicato come il suo sostituto ideale quando deciderà di lasciare Manchester - è riuscito ad acciuffare l’onnipotente Psg di Luis Enrique a quota 13 punti dopo cinque turni. E non sta andando affatto male nemmeno al già citato Maresca che, all’ombra dello Stamford Bridge, sembra essere riuscito a domare il cavallo pazzo blue e a Arne Slot, il cui Liverpool è secondo in Premier soltanto - e naturalmente - al City di Pep.