C’è una classifica che parla chiaro e c’è una critica costante, spesso un po’ pretestuosa, che prova a mettere “i puntini sulle i” a quella che fino a questo momento è una stagione quasi perfetta. Una decina di giorni fa, l’Ajax targato Francesco Farioli si è insediato in testa alla Eredivisie, coronando un lavoro di ricostruzione partito la scorsa estate, sulle ceneri di una stagione tra le più disastrose nella storia del club. L’anno scorso l’Ajax aveva chiuso il campionato al quinto posto, dopo aver cambiato tre allenatori, sfiorato in alcuni momenti la zona retrocessione e concluso a 35 punti di distacco dal Psv campione, con lo sconcertante dato di 61 gol subiti. Un disastro totale, dove l’aspetto tecnico si coniugava con quello finanziario, e la necessità di guardare, 26 anni dopo Morten Olsen, nuovamente a un “papa straniero”.
Farioli vola con l'Ajax
La scelta di Farioli è apparsa subito di rottura: giovane, senza esperienze pregresse da calciatore professionista, e soprattutto italiano. Sulla carta, l’Ajax allenato da un italiano era un concetto paragonabile al mischiare l’acqua e l’olio: troppo diverse le culture calcistiche, con una punta di complesso di superiorità in casa olandese. Dal punto di vista dei risultati, l’operato di Farioli è sin qui inappuntabile: primi in campionato, un posto agli ottavi di Europa League, l'ottima gestione di giovani come Hato, Godts o Mokio, mentre l’eliminazione in Coppa d’Olanda agli ottavi va alla voce “mal comune mezzo gaudio”, visto che in semifinale non ci sono arrivate nemmeno Psv e Feyenoord. Una fotografia che però non ha esentato i commentatori olandesi dal muovere più di una critica all’allenatore toscano.