14 maggio 2011. È la data dell’ultima partita giocata dal St. Pauli in Bundesliga, sul campo del Mainz. Una sconfitta per 2-1, la ventunesima di una stagione che la squadra del quartiere di Amburgo ha rimediato, il dodicesimo match di una striscia negativa che ha portato il club dalla mezza classifica ai bassifondi fino all’ultimo posto valso un biglietto finora di sola andata per la Zweite Liga. Lì è rimasto per tredici stagioni, con un paio di quarti posti, qualche piazzamento nella parte sinistra della classifica, tante ambizioni spesso invecchiate male, alla ricerca di una quadra che permettesse a una delle realtà maggiormente di culto del calcio tedesco - espressione di un quartiere particolarmente libertino, con una forte identità politica e sociale, in prima linea per i diritti dei migranti e della comunità Lgbt - di tornare dove meriterebbe, in massima serie.
Da Schultz a Hürzeler
Mai come quest’anno la possibilità è concreta. La stagione scorsa sembrava essere quella buona, con l’unico ostacolo gigante sulla carta rappresentato dai più titolati, ricchi e nobili dell’Hsv - inevitabilmente mal tollerati dalle parti del Millerntor. Invece la falsa partenza sotto la gestione di Timo Schultz ha aperto un divario che non si è chiuso. Nonostante, nella pausa per il Mondiale, la dirigenza abbia deciso di provare un cambio di guida tecnica che aveva lasciato sbalorditi per tempi e modalità. A inizio dicembre, col campionato fermo da tre settimane per dar spazio alla Coppa del mondo, la squadra è stata affidata a Fabian Hürzeler, allora ventinovenne.