Barcellona, Laporta si vende il futuro per vincere subito

Ceduti parte di diritti tv e Studios: 700 milioni a cui bisogna aggiungere i 250 che verserà in quattro rate Spotify
Barcellona, Laporta si vende il futuro per vincere subito© EPA

Il sogno americano di un Barcellona vicino al fallimento e che, invece, è stato capace di rialzarsi e ricominciare non solo a camminare, ma addirittura a correre non va giù a molti. Si fa finta di non voler capire o, forse, non si riesce proprio a farlo che a dover essere maggiormente preoccupati non siano i tifosi inglesi, italiani o tedeschi, né quelli merengues o colchoneros che al massimo potrebbero perdere una partita o un titolo, bensì i soci blaugrana che tra qualche anno potrebbero essere costretti a consegnare le chiavi del club a un proprietario esterno. E già, perché quello di Laporta è un all in in piena regola. Il presidente catalano è stato costretto a vendere una parte del proprio futuro per poter assicurarsi un presente degno del “més que un club”. Ma non aveva altra scelta. Le sue promesse elettorali di restituire al Barça la sua grandeur non erano un semplice specchietto per le allodole, ma l’unica forma di agire per chi non può più concepire un Barcellona costretto a vivacchiare ed elemosinare un piazzamento Champions come succedeva prima dell’arrivo in panchina di Rijkaard, incaricato proprio da Laporta, all’inizio del suo primo mandato, di recuperare l’eredità di Cruijff e soprattutto la filosofia di gioco che El Flaco e i suoi collaboratori avevano imposto alla Masia, un settore giovanile dove l’importante non è vincere e nemmeno partecipare, ma giocare bene: «Quando veniva a vedere gli allenamenti del lunedì non ci chiedeva mai il risultato della partita del giorno prima, ma solo se la prestazione era stata positiva», ricordavano, delle visite di Cruijff, gli allenatori della cantera blaugrana.

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Ed è per questa ragione che Laporta è stato obbligato a puntare forte su una rapida ricostruzione del grande Barça, in barba alle critiche di alcuni senatori blaugrana che gli chiedevano di «essere onesto con i tifosi. Deve dirgli che non abbiamo soldi e che ci metteremo qualche anno a vincere di nuovo». Tra questi anche Minguella, l’agente che al Camp Nou ha portato sia Maradona che Messi: «Laporta è convinto che l’entusiasmo tornerà al Camp Nou grazie ai grandi acquisti, ma nel calcio contano i risultati. Ci tocca essere ottimisti, ma allo stesso tempo coscienti che sono stati venduti attivi del club che possono pesare tantissimo nei prossimi anni provocando una situazione insostenibile. Il Barça potrebbe essere costretto a diventare un club come il Bayern e non essere più proprietà dei suoi soci». È proprio questo, come dicevamo, il grande timore del barcelonismo ed è per questo motivo che le critiche dei vari Nagelsmann, Neville e compagnia scivolano via come rumori d’ambiente impercettibili che infastidiscono, ma nemmeno più di tanto.

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Sulla stessa posizione del tecnico del Bayern e dell’ex difensore del Man United, si è allineato anche The Athletic che, ieri mattina, rivelava l’esistenza di un’improbabile conversazione tra «uno dei dirigenti blaugrana e la Uefa». Secondo il webmagazine inglese, la cupola del Barça avrebbe chiesto un anticipo dei propri diritti tv delle prossime edizioni di Champions per evitare di indebitarsi ulteriormente. Sebbene tutto sia possibile, stride un po’ che uno dei tre club che non ha ancora abbandonato il progetto della Superlega si presenti da Ceferin per chiedergli di finanziare i propri debiti con i proventi di un torneo che vorrebbe distruggere. Quello che è certo è che è stato lo stesso Laporta ad assicurare di aver ricevuto un club in terapia intensiva. Agli 1,3 miliardi di debiti (crediti esclusi) si sono sommati nel tempo i prestiti per pagare gli stipendi (80 milioni), per rifinanziare il proprio debito (550) e per la costruzione del Nou Camp Nou (1,5 miliardi). La buona notizia per il presidente è che, nonostante i disastri sia sportivi che societari, il Barça è ancora considerato un club dalle enormi potenzialità. Prova ne siano l’interesse di Sixth Street e Socios.com per i suoi diritti tv e i Barça Studios: 700 milioni a cui bisogna aggiungere i 250 che verserà in 4 rate Spotify e la possibilità di vendere - col permesso dei soci - fino al 49% del merchandising. A questo punto non resta che vincerla, la scommessa. In caso contrario il “més que un club” diventerà “un club més”, una società qualsiasi: «I miei rischi sono calcolati», ha assicurato Laporta al New York Times. I suoi tifosi sono costretti a credergli.

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