Caso Vinicius, per il razzismo la Spagna rischia il Mondiale!

La posizione equivoca di Tebas e quei troppi precedenti di xenofobia, il caso dell'attaccante del Real solo l'ultimo: in forse la candidatura alla coppa 2030
Caso Vinicius, per il razzismo la Spagna rischia il Mondiale!© EPA

Il razzismo è abiezione umana, metastasi della società e, dunque, anche del mondo del calcio che della società è parte integrante. Sì, certo: il razzismo esiste ovunque. In alcuni Paesi, grazie a politici xenofobi e compiacenti, è stato, però, sdoganato e solo il pensiero fa orrore. Esattamente come la politica va il calcio: ci sono governi (del calcio) che, proprio come come i governi (della politica), strizzano l’occhio alla discriminazione e sono, se non conniventi, quantomeno lassisti. Il problema del razzismo nel calcio è, ahinoi, endemico e non va minimamente sottovalutato: spesso, infatti, la subculture delle curve è stata apripista di movimenti, modi di pensare e comportarsi che poi hanno preso piede in settori molto più ampi rispetto a uno stadio. Sotto la luce dei riflettori, per l’ennesima volta, negli ultimi giorni è finita la Spagna, con Vinícius Júnior come parte lesa. Allarghiamo il fuoco del problema: cosa fa il governo del fútbol iberico per combattere la discriminazione e la xenofobia? Di fatto praticamente nulla. Potrete obiettare “ma come, hanno chiuso la curva del Mestalla di Valencia per 5 turni!”. Certo, ma non sono da escludere sconti di pena che porterebbero la sanzione da “esemplare” a “di prassi”. Cos’ha fatto la Liga de Fútbol Profesional quando un manichino con la maglia del crack carioca del Real è stato impiccato a un cavalcavia di Madrid a poche ore dal derby contro l’Atlético? Nulla. Come hanno reagito la Lfp e la sua cupola dirigenziale quando, allo stadio Son Moix di Maiorca il brasiliano venne ripetutamente chiamato “puto mono” (letteralmente “scimmia omosessuale”)? Con il silenzio. Un silenzio che, dopo troppi precedenti, ora si sta tentando di squarciare a suon di “operazioni speciali”.

Vinicius, il razzismo e l'ingombrante passato di Tebas

Continua a far rumore, enorme rumore, invece, l’ingombrante passato di Javier Tebas, il presidentissimo della Liga de Fútbol Profesional. L’avvocato, infatti, è cresciuto nelle file dell’estrema destra e ha fatto parte di Fuerza Nueva, partito fondato nel 1976 per difendere le idee della dittatura franchista nel processo di transizione verso la democrazia: è stato capo provinciale dell’associazione giovanile a Huesca. A chi è pronto a ribattere: “E cosa vuoi che sia, un errore di gioventù!”, facciamo notare che, nel 2016, 7 anni fa, quando ossia aveva già 53 anni e tutto era fuorché un ragazzino, Tebas affermò: «Ho un sentimento di unità, di famiglia, di difesa della razza, della vita religiosa e delle tradizioni spagnole. Sì, la penso ancora come 20 anni fa: sulla maggior parte delle questioni, la penso ancora come quando ero di Fuerza Nueva. Non voglio nessuna legge sull’aborto. Zero. Illegale». E dulcis in fundo, anzi meglio, in cauda venenum, l’endorsement ai neofascisti di Vox, 18 febbraio 2022: «Ho chiaro dove schierarmi ed è pubblico: non ho votato per molti anni e da quando l’ho fatto di nuovo, ho sempre scelto Vox». Ecco perché, con un personaggio così, il calcio spagnolo non farà nulla di realmente concreto contro il razzismo. E, proprio a causa della xenofobia, secondo The Times, la candidatura della Spagna al Mondiale 2030 sarebbe in dubbio. Uno come Tebas al vertice della Liga non aiuta, anzi...

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