Psg, Verratti: «Pirlo un modello. Il mio idolo? Del Piero»

Il centrocampista: «Spero di poter fare la stessa carriera di Andrea. Alex? Era un piacerlo vederlo giocare, le sue prestazioni riuscivano sempre a procurarmi grandi emozioni»
TORINO - La crescita di Verratti è sotto gli occhi di tutti. Il ragazzo partito da Pescara ne ha fatta di strada. Ora è al Psg e sfida le grandi d'Europa: «Il match agli ottavi di Champions contro il Chelsea ha dato grande fiducia a tutta la squadra. Sono partite fondamentali - spiega Verratti in un'intervista a 'L'Equipe Magazine' - che ti permettono di fare un grande salto di qualità sul piano dell'esperienza. Alimentano un progetto importante come quello che sta costruendo qui la società. Vincere la Champions sarebbe un sogno ma l'obiettivo è quello di far parte delle grandi squadre d'Europa e partite come quelle con il Chelsea ti fanno crescere molto perché pensi che se approcci le grandi sfide con la giusta determinazione puoi veramente battere qualsiasi squadra».

PROTESTE - Verratti e gli arbitri. Un rapporto difficile che negli anni il centrocampista è riuscito a migliorare: «All'inizio ho avuto difficoltà con la lingua. Con gli arbitri parlavo italiano sperando di farmi capire con gesti. Gli arbitri non capivano e a volte pensavano addirittura che volessi provocarli o offenderli. E' stato un problema. Ora va molto meglio, riesco a comunicare con loro in francese e non si creano più problemi. E' vero però che il rapporto con gli arbitri è molto diverso rispetto alla serie Serie A. In Italia ti spiegano le decisioni, c'è un dialogo continuo. Qui in Francia è diverso e ora l'ho capito: l'arbitro ha il suo potere e non si discutono le sue decisioni. Gli arbitri francesi ormai mi conoscono e prima delle partite mi dicono spesso: "Fai il bravo e non protestare tanto!". Il calcio è un passione per me ed difficile accettare decisioni che non mi trovano d'accordo. E' un aspetto che devo migliorare, lo so. In ogni caso non ho mai fatto del male a un arbitro o a un avversario. L'ultima espulsione? Contro l'Olympiacos, più di un anno fa. Ma in campionato non succede spesso, l'ultima è stata al mio primo anno a Parigi, contro l'Evian. Io provocatore? Se faccio molti dribbling è per mettere in difficoltà i miei avversari e dare un vantaggio alla mia squadra, quindi sì sono un un provocatore in questo senso. E' un complimento...Anche Messi lo fa e nessuno riesce a rubargli il pallone!».

NERVOSISMO - Cosa rende nervoso Verratti? Il centrocampista non esita a rispondere: «Quando alla fine di una partita mi accorgo che non mi sono divertito. Al nostro livello il risultato conta più di ogni altra cosa ma spesso non sono contento dopo una vittoria perché non mi sono divertito. I voti della stampa? Non m'interessano, accetto tutto senza problemi. Le critiche ti aiutano a crescere. Nella vita? Cerco di innervosirmi il meno possibile. Ho imparato a conoscere le persone che mi vogliono veramente bene e che mi aiutano sempre in ogni circostanza. In questo settore capita di incontrare invece persone che ti stanno intonro solo per interesse e che non conoscono il vero significato dell'amicizia».

TIFOSI - Verratti e il suo rapporto con i tifosi del Psg che recentemente gli hanno anche dedicato una canzone, "C'est Marco Verratti", sulle note dell'originale "La groupie du pianiste" di Michel Berger: «L'ho ascoltata con piacere, ne approfitto per ringraziare pubblicamente i tifosi che hanno avuto l'idea di farmi questo regalo. Noi giochiamo anche per loro, fanno dei sacrifici per venire allo stadio e per noi il modo migliore per ringraziarli è dare sempre il massimo in campo».

IL SUO STILE - Verratti ha anche commentato il suo stile di gioco: «Io il padrone del centrocampo? No ormai il calcio è un gioco di squadra e nessuno può fare la differenza da solo. Bisogna avere una grande squadra e non solo un grande giocatore. I rischi con i dribbling? Spesso è necessario prendere dei rischi sul terreno di gioco ma è vero che sento Sirigu che mi urla dalla porta perché in effetti il mio gioco può essere 'pericoloso' ma quando questi numeri mi riescono è veramente un piacere. Anche gli altri compagno come Thiago Silva all'inizio se la prendevano con me per questo motivo ma ora hanno capito che questi rischi possono portare molti vantaggi alla squadra. I calci di punizione? Qui li tira Ibrahimovic. A Pescara ruotavamo un po' tutti ma quando sai che c'è uno più forte di te a batterli è giusto farsi da parte. Ognuno ha il suo ruolo e Ibra ha anche quello di battere la punizioni. Il soprannome? Il 'gufetto', è stata la mia ragazza a darmelo qualche anno fa e ora mi chiamano tutti così. Mi fa piacere!».

PESCARA - E l'infanzia di Verratti? Il centrocampista svela alcuni anneddoti divertenti: «A scuola ero l'ultimo della classe. A 14 anni mi allenavo già con i grandi e non riuscivo a gestire calcio e scuola insieme. Ero stato bocciato per la seconda volta consecutiva e allora ho deciso di puntare tutto sul pallone e mi è andata bene. Ma c'è da dire che non è sempre la scelta giusta da fare per un giovane. Il Pescara? Da giovane ero un vero tifoso, spesso andavo in trasferta per seguire la squadra con i miei amici. Erano momenti spensierati che non dimenticherò mai. Ricordo con piacere anche i primi anni in prima squadra. Si andava in 40 al ristorante e si faceva una grande confusione. Eravamo ragazzini ma ci divertivamo un sacco. Ricordo anche la trasferta a Cava de Tirreni nel maggio del 2009 quando vincemmo 4-3 contro la Cavese e ci salvammo all'ultima giornata. Anche adesso sono rimasto un tifoso del Pescara. Ricordo per esempio il mio debutto nel 2012 con il Psg. Giocavamo contro il Lorient ma alla stessa ora c'era anche Pescara-Inter. A fine primo tempo rischiavo di impazzire perché non riuscivo a sapere il risultato all'Adriatico. Ora mi sono organizzato e riesco sempre a vedere o rivedere le partite del Pescara. Ho ancora molti amici lì nella squadra, nella dirigenza e nella tifoseria. E' un club che resterà sempre nel mio cuore. Ma la chiamata del Psg non si poteva rifiutare. La mia cessione ha permesso ai dirigenti del Pescara di ricostruire la squadra e per me è stato un sogno venire in un grande club e confrontarmi con grandi giocatori».

ANCELOTTI - E l'impatto a Parigi? Verratti racconta le sue difficoltà e rivela il grande aiuto che ha ricevuto da un tecnico italiano come lui: «Ancelotti ha subito capito le mie preoccupazioni e ha cercato di mettermi nelle condizioni di esprimermi al meglio. Avevo appena 18 anni ed è stato difficile. Ancelotti è stato fondamentale anche fuori dal campo, posso dire che è stato come un padre per me. E' un grande allenatore, ha ottimi rapporti con tutti i giocatori. Non è facile trovare una persona come lui nel calcio».

VITA FRANCESE - Verratti si trova molto bene a Parigi e si è anche abituato a certe abitudini culinarie transalpine: «Ormai mi capita di mischiare carne e pasta nello stesso piatto, in Italia è una cosa proibita. Qui invece lo fanno tutti, fa parte della cultura francese, quindi mi fa sentire un po' francese. Inoltre mio figlio è nato qui a Parigi. E' una città che ormai è entrata nel mio cuore».

MODELLI - Verratti e i suoi modelli: «Del Piero era il mio idolo da piccolo. Era un piacerlo vederlo giocare, le sue prestazioni riuscivano sempre a procurarmi grandi emozioni. Pirlo? E' un onore essere paragonato a lui ma siamo un po' diversi nel nostro modo di stare in campo. Ma è uguale a me per la voglia di divertirsi sempre in campo. Lui però ha vinto tutto: Mondiale, Champions... Spero di poter fare la sua carriera. Messi? E' il più forte giocatore che ho affrontato senza dubbio. Ho giocato contro grandi stelle come Ronaldo o Hazard ma Messi mi regala emozioni uniche, adoro il suo tocco di palla, il suo stile, il suo modo di stare in campo».

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