ROMA -«Ho rischiato di smettere, andavo in bagno 30 volte al giorno. Non riuscivo neanche più a guardarmi allo specchio. Ero talmente in basso che ho pensato "prendimi ora"». Sono le parole choc di Darren Fletcher, centrocampista del Manchester United, che al Daily Mail ha rivelato il suo dramma che dura dal 2008 e si chiama colite ulcerosa, o morbo di morbo di Crohn: «Dovevo andare in bagno 30 volte al giorno, avevo sempre bisogno di una toilette, non potevo neppure uscire con mia moglie e la mia famiglia o andare al ristorante perché mi avrebbero riconosciuto, mi avrebbero visto alzarmi e risedermi 6-7 volte e si sarebbero chiesti perché. Ma ora io mi rendo conto del potere del calcio, del potere di un nome come Manchester United: parlo con i bambini e mi dicono che per loro è più facile raccontare ai compagni che hanno la mia stessa malattia».
«SOLO FERGUSON SAPEVA» - Fletcher racconta nei dettagli la sua sofferenza, soprattutto psicologica, ma anche fisica: «Solo la mia famiglia e Ferguson sapevano: gli allenamenti erano le uniche due ore della giornata in cui mi sentivo bene. A Rooney e Rio Ferdinand lo dissi nel 2011: i compagni si chiedevano perché non andassi mai a prendere una birra con loro. Mi hanno aiutato, a Ferguson devo tutto. Ha continuato a chiamarmi anche dopo che si è ritirato per sapere come andavano le cose. Abbiamo deciso assieme di non rivelare a ai miei compagni, ma più passava il tempo più diventava difficile: i ragazzi capivano che c'era qualcosa che non andava e mi facevano domande, non riuscivano a capire come mai non rimanessi mai fuori con loro».
«ORA SONO UN LEONE» - Per guarire Fletcher ha dovuto assumere tantissime medicine e sottoporsi anche a diversi interventi per la rimozione di parte dell'intestino crasso: «L'ultima operazione nell'agosto 2013, a ottobre giocavo già con le riserve e da lì sono rientrato stabilmente. Se non avessi avuto la possibilità di allenarmi probabilmente non sarei riuscito ad andare avanti: il fatto che sia tornato ad essere un calciatore professionista dà speranza a tante persone, il calcio da questo punto di vista è un grande veicolo. E ora? adesso non c'è davvero a che può fermarmi: vivo una vita normale e gioco nella squadra dei miei sogni».
«SOLO FERGUSON SAPEVA» - Fletcher racconta nei dettagli la sua sofferenza, soprattutto psicologica, ma anche fisica: «Solo la mia famiglia e Ferguson sapevano: gli allenamenti erano le uniche due ore della giornata in cui mi sentivo bene. A Rooney e Rio Ferdinand lo dissi nel 2011: i compagni si chiedevano perché non andassi mai a prendere una birra con loro. Mi hanno aiutato, a Ferguson devo tutto. Ha continuato a chiamarmi anche dopo che si è ritirato per sapere come andavano le cose. Abbiamo deciso assieme di non rivelare a ai miei compagni, ma più passava il tempo più diventava difficile: i ragazzi capivano che c'era qualcosa che non andava e mi facevano domande, non riuscivano a capire come mai non rimanessi mai fuori con loro».
«ORA SONO UN LEONE» - Per guarire Fletcher ha dovuto assumere tantissime medicine e sottoporsi anche a diversi interventi per la rimozione di parte dell'intestino crasso: «L'ultima operazione nell'agosto 2013, a ottobre giocavo già con le riserve e da lì sono rientrato stabilmente. Se non avessi avuto la possibilità di allenarmi probabilmente non sarei riuscito ad andare avanti: il fatto che sia tornato ad essere un calciatore professionista dà speranza a tante persone, il calcio da questo punto di vista è un grande veicolo. E ora? adesso non c'è davvero a che può fermarmi: vivo una vita normale e gioco nella squadra dei miei sogni».
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