Hodgson eterno, a 75 anni di nuovo in Premier: "C’è il Palace da salvare"

La svolta del club londinese dopo l’esonero di Vieira: la carriera del leggendario Roy si arricchisce di un nuovo capitolo
Hodgson eterno, a 75 anni di nuovo in Premier: "C’è il Palace da salvare"© Getty Images

LONDRA -  L’immarcescibile fascino di Roy Hodgson colpisce ancora. Alla veneranda età di 75 anni, il decano degli allenatori inglesi si rimette a lavoro, accettando di guidare il (suo) Crystal Palace fino alla fine di questa stagione, sostituendo sulla panchina delle Eagles l’esonerato Patrick Vieira. Il connubio inscindibile fra il football e il leggendario Roy si arricchisce, dunque, di un nuovo capitolo, dopo che già lo scorso inverno aveva traghettato il Watford fino alla fine della sfortunata stagione conclusasi con la retrocessione in Championship. In quell’occasione Hodgson era andato a sostituire l’altro grande “vecchio” del calcio europeo, il nostro Claudio Ranieri, anche lui, come il collega inglese, incapace di resistere al richiamo irrefrenabile dell’odore dell’erbetta appena tagliata e alle emozioni che, anche superati i 70 anni, il calcio riesce ancora a regalare. Hodgson torna sulla panchina del club del sud di Londra che aveva già guidato per 4 stagioni - dal 2017 al 2021 - ottenendo altrettante salvezze. Un nuovo esordio che gli permetterà di battere il suo stesso record di allenatore più anziano di sempre a guidare un club di Premier League. Primati a parte, però, il compito vero sarà quello di condurre le Eagles a una salvezza che sembrava scontata nel girone di andata, ma che si è fatta improvvisamente complicata con l’arrivo del nuovo anno, in cui il Palace non ha mai vinto, scivolando fino al 12° posto, a soli tre punti dalla terzultima casella occupata dal West Ham.

Le parole di Hodgson

«È un privilegio essere invitato a tornare nel club che ha sempre significato tanto per me, e ricevere l’importante compito di ribaltare le sorti della squadra - ha dichiarato -. Il nostro unico obiettivo è quello di iniziare a vincere le partite e ottenere i punti necessari per assicurarci la permanenza in Premier». Lo spirito del lottatore e la voglia di mettersi in discussione non hanno, dunque, abbandonato il tecnico nato a Croydon, a meno di 10 km da Crystal Palace, il 9 agosto del 1947. La sua storia in panchina abbraccia un’epoca lunghissima del football d’Oltremanica: la prima esperienza risale addirittura al 1971, anno in cui ricopre il ruolo di viceallenatore del club di cui a quell’epoca è ancora un calciatore, il Maidstone Utd. La prima panchina da “head coach” arriva nel 1976, nella massima serie svedese, alla guida dell’Halmstad che, contro ogni pronostico, porta subito al titolo. Poi Bristol City, Svizzera e quell’approdo nell’Inter di Moratti, nel 1995: due stagioni in chiaroscuro nella quali i nerazzurri arrivano settimi nel primo anno, qualificandosi per la Coppa Uefa, e terzi nel 1996-’97, perdendo, però, ai rigori e da favoriti la finale di quella che oggi si chiama Europa League nella doppia sfida contro lo Schalke 04. Una sconfitta che scatena la rabbia del popolo interista: a fine partita, il tecnico viene bersagliato con monetine e accendini. Per Hodgson è la fine della prima esperienza milanese: l’anno successivo si trasferirà al Blackburn, salvo poi tornare, nell’aprile 1999, in quell’Inter parecchio confusa della fine degli Anni ’90, per sostituire Castellini che, a sua volta, aveva sostituito l’esonerato Lucescu. Qualche tempo fa, parlando dell’avventura milanese, ebbe a dire: «Ci mancavano le stelle, a parte Paul Ince. Non era l’Inter che vediamo oggi con nomi conosciuti. Non erano il massimo tecnicamente, ma fisicamente erano delle macchine. La Premier League oggi è così, ma allora l’Italia era molto più avanti». Di lui, che ha anche avuto l’onore di guidare l’Inghilterra nel post Capello, hanno sempre colpito la grande intelligenza e una signorilità da lord inglese che, soprattutto nel calcio sguaiato di oggi, sembra appartenere a un’epoca lontanissima. Così come la sua sottilissima autoironia. Come quando, da allenatore dell’Inter, disse: «Sono fiducioso, a Parma non ho mai perso! Anche perché non ci ho mai giocato». Un personaggio d’altri tempi dotato, come tutti i grandi classici, di un fascino e un appeal senza età. Welcome back, Roy!

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