Liverpool-City, the last dance di Klopp e Pep: amici mai, ma neanche nemici

La partita che può decidere il titolo in Premier League sarà una sfida d'addio e anche il trentesimo duello: il bilancio
Liverpool-City, the last dance di Klopp e Pep: amici mai, ma neanche nemici© Getty Images

Mai una volta che ci abbiano dato una gioia. Una gioia perversa e malata, però, quella voyeuristica di uno screzio, una litigata, un’occhiataccia da una parte e una digrignata di denti dall’altra. Macché: fenomeni entrambi, amici mai ma neppure nemici, e splendidi avversari, Jürgen Klopp e Pep Guardiola non sono mai andati oltre un normale scambio di battute competitive e per il resto hanno mostrato un rispetto reciproco che fa loro onore e li rende grandi, forse l’unico punto in comune tra due irraggiungibili talenti della panchina, diversi anche nella gestualità. La frenesia lucidamente allucinata di Pep e la carica, che l’ex centrocampista Oxlade-Chamberlain ha definito «da paura, capace di motivare chiunque e fargli dare fino all’ultima goccia di talento», di Klopp, fusosi con la gente di Liverpool con un’anima che forse è unica nel calcio odierno.

Liverpool-City, il confronto Klopp-Guardiola

Oggi, ad Anfield, si sfidano per la 30ª volta, e potrebbe essere l’ultima, anche se è ancora in ballo una potenziale, fantascientifica finale di FA Cup, il 25 maggio: il bilancio, giusto a livello di curiosità e comprendendo ovviamente anche le sfide tedesche con Borussia Dortmund e Bayern Monaco, è 12-11 per Klopp, ma il livello di eccellenza delle squadre allenate dall’improbabile coppia catalano-tedesca è sempre tale che l’unica partita che conta è la prossima, perché il passato va costantemente sorpassato dal presente. E sarà ancora una partita nel segno della differenza fondamentale di filosofia tra i due allenatori, riassumibile, col timore della banalizzazione eccessiva, in un City che vuole vincere quando ha la palla e un Liverpool che vuole vincere quando ce l’hanno gli avversari, anche se il passare del tempo e l’intelligenza creativa dei rispettivi staff hanno smussato gli angoli e introdotto una lunga serie di variazioni che, senza dubbio, oggi verrà prolungata da chissà quale innovazione.

Guardiola, il Liverpool e le idee

La stima reciproca nasce ovviamente dal timore, espresso in modi diversi: se durante il 2017-18 Guardiola disse del Liverpool «mi fa paura», Klopp ha sempre risposto con elogi meno ostentati ma rispettosi, sottolineando sì - più volte - che il collega ha sempre avuto giocatori di altissimo livello ma anche che li ha sempre fatti rendere al meglio. L’uso delle ali da parte di Pep ad esempio è cambiato nel corso degli anni così come la tipologia di giocatori che Jürgen ha messo sulle fasce, con prestiti e furti dichiarati ma modificati (lo Stones che col possesso palla diventa mediano si traduce in un Alexander-Arnold che fa lo stesso, partendo però da terzino e non centrale) e una percezione che in alcuni casi è diventata realtà: quella cioé che in occasione di parecchie sfide importanti Guardiola fosse più preoccupato di Klopp che viceversa e avesse apportato modifiche per sorprendere l’avversario.

Premier League, l'impronta di Klopp e Guardiola

Quando ad esempio in un Bayern-Borussia istruì il portiere Neuer a cercare Javi Martinez con lanci piuttosto che palla a terra, per neutralizzare il contropressing giallonero che lo aveva destabilizzato in occasione della Supercoppa 2013 persa 4-2, e nell’andata del quarto di finale di Champions League del 2017-18 quando il suo 4-3-3 divenne un 4-4-2 con Gündogan sulla fascia destra. Finì 3-0 per il Liverpool, alla faccia della sorpresa. È chiaro dunque che hanno entrambi cambiato la Premier League: prima dell’arrivo di Klopp il pressing alto costante era pressoché sconosciuto, prima dell’arrivo di Guardiola c’era ancora l’idea che una rete di passaggi fosse più narcisistica che utile, e invece il successo del City ha aperto la strada.

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