City, un Guardiola multiforme: Diavolo che inganna e rivoluziona il gioco

Parla di Champions, illude i rivali e poi li travolge nella sfida cruciale, con Haaland che fa l’assist man
City, un Guardiola multiforme: Diavolo che inganna e rivoluziona il gioco© Getty Images

LONDRA - «Il più grande inganno del diavolo è quello di far credere al mondo che lui non esiste», diceva Verbal Kint, il protagonista della straordinaria pellicola di Bryan Singer, “I Soliti Ignoti”, interpretato da uno grandissimo Kevin Spacey. Una frase che sembra perfetta per essere ritagliata e rimbastita sulla figura di quel genio della panchina che di nome fa Josep Guardiola i Sala, detto Pep. Soprattutto per come, con straordinaria disinvoltura, abbia fatto credere che in questa stagione, quella Premier vinta tante volte, quasi quasi, fosse diventata un obiettivo secondario rispetto al sogno Champions. Ed ecco che, invece, in una serata di fine aprile la sagoma di Pep si trasforma nel temibile “Keyser Söze”, il diavolo in persona. E all’improvviso diventa chiaro a tutti il suo più grande inganno. Nei volti di Arteta e dei suoi giocatori, apparsi esterrefatti, quasi rassegnati, già dopo il primo gol realizzato da De Bruyne al 7’ di gioco di quella che era stata definita da molti come la sfida dell’anno, è sembrato di scorgere proprio lo stupore di chi all’improvviso realizza di essere stato raggirato e che, ormai, non vi è più nessuna possibilità di tornare indietro. Il City c’è. Anzi, il City non ha mai smesso di esserci, e difficilmente qualcuno riuscirà a portargli via anche questo titolo, il quinto dell’era Guardiola, il terzo consecutivo, come mai nessuno prima di lui

Contro l’Arsenal Guardiola ha fatto l’illusionista

Non sarà stato facile per Arteta realizzare in modo tanto veemente che nemmeno stavolta sarebbe arrivato il turno del suo Arsenal. Quella contro i Gunners è stata la vittoria di Pep e del suo multiforme ingegno. La stagione in corso – ma questo lo potremo dire con certezza solo alla fine – sembra essere quella in cui il catalano è riuscito a portare la sua macchina ai limiti della perfezione. Contro l’Arsenal, per esempio, Pep ha giocato a fare l’illusionista, preparando la gara consapevole di poter dare al mondo del calcio l’ennesima lezione: nessuno in questo sport in cui i livelli di preparazione e maniacalità tattica sono estremi può permettersi di diventare prevedibile, di non cambiare mai idea, di trasformarsi nel simbolo dell’uno e dell’altra corrente di pensiero e convincersi di dover rimanere sempre uguale a sé stesso. Nel calcio di oggi non esistono né dogmi né verità indiscusse. Quanti a inizio stagione dicevano che Haaland per il gioco di Pep sarebbe potuto diventare un problema? Tanti. Un problema da 49 reti all’attivo. Un rebus capace di far deflagrare ogni record realizzativo detenuto in Premier League. Mercoledì sera, il norvegese si è addirittura concesso il lusso di servire due assist a chi di solito è chiamato a servirli a lui, l’altro mago belga, Kevin De Bruyne. Tutto invertito, dunque. Proprio come nella migliore tradizione dell’illusionismo, nulla è ciò che sembra. La costruzione di un City quasi imbattibile e finalmente trionfatore anche al di fuori della Manica sembra, dunque, non essere mai stata così vicina al completamento. E a separare i blue di Manchester da quel sogno che, però, nessuno osa nemmeno pronunciare – triplete o “treble” per dirla all’anglosassone - sono solo 11 partite. Nulla se paragonato a quanto la squadra di Pep ne ha già vinte in questa e nelle stagioni precedenti. Sette gare di Premier, la finale di FA Cup, e le due sfide in semifinale di Champions contro il Real Madrid che - spera Pep - potrebbero regalargli l’undicesima, la più attesa di tutte. «Ora è tutto nelle nostre mani», ha detto il catalano a margine della vittoria con i Gunners. Sì, Pep, è tutto nelle tue mani e nella tua straordinaria capacità di continuare a rivoluzionare il gioco più bello del mondo.

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