Pagina 3 | Arabia: tanto rumore (e soldi) per un teleflop

Un miliardo e trecento milioni di euro. Secondo un calcolo per difetto, fra ingaggi e cartellini, tanto ha investito sinora la Saudi Pro League per importare oltre cinquanta giocatori dai principali campionati europei. Una somma astronomica, destinata a lievitare qualora Mohamed Salah accettasse i 220 milioni netti a stagione per quattro stagioni propostigli dall’Al-Ittihad, che già allinea Benzema, Kanté e Fabinho.

L’Al-Nassr, invece, annovera Cristiano Ronaldo, Otavio, Mané, Laporte, Fofana, Brozovic e Telles. L’Al-Ittihad ha ingaggiato Fabinho, Jota, Benzema e Kanté; nell’Al-Hilal giocano Neymar, Malcom, Ruben Neves, Mitrovic, Milinkovic-Savic, Koulibaly, Bono; l’Al-Ahli risponde con Mahrez, Ibanez, Saint-Maximin, Demiral, Mendy, Kessie, Firmino e l’ultimo arrivato Gabri Veiga, 21 anni, che il Napoli ha fatto bene a lasciar andare. Con rispetto parlando, l’ex Celta Vigo non è mica Osimhen e non lo sarà mai: a quelle cifre, il gioco non valeva la candela.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Saudi Pro League, giochi invernali

Nella Saudi Pro League è atterrato un battaglione di giocatori, ciascuno dei quali non ha fatto una scelta di vita, ma di Iban: pochi i solisti eccellenti, nessuno che in un mondo normale possa giustificare uno sperpero di ingaggi di spropositata misura. Certo, ognuno è libero di spendere i propri soldi come vuole. Il Pif del principe Mohamed Bin Salman, il fondo sovrano d’investimento con potenza di fuoco di 776 miliardi di dollari, proprietario di quattro delle diciotto squadre in lizza, ha messo sul tavolo la sua montagna di milioni e sappiamo bene perché l’ha fatto. L’obiettivo non è solo e soltanto squisitamente sportivo, con vista sui Mondiali 2034 e, prima ancora, sui Giochi Invernali asiatici del 2029, a Trojena, situata nella catena montuosa più alta dell’Arabia Saudita, a circa 50 km dalla costa del Golfo di Aqaba, con altitudini comprese fra 1.500 e i 2.600 metri.

Trojena rientra nell’area di Neom, la città che dovrebbe sorgere nel 2025 e prende il nome dalla fusione di neo, nuovo e la “m” di mustaqbal, futuro in arabo. Il progetto ha un costo stimato di 500 miliardi di dollari, il doppio di quanto la Coppa del Mondo sia costata al Qatar. Il Pif è già sbarcato in Premier con l’acquisizione del Newcastle di Tonali: per qualificarsi alla Champions League, dall’inizio della gestione araba il club ha già speso 360 milioni di euro. Nel 2022, invece, è nato il Liv Golf, circuito alternativo al Pga Tour, già definito la Champions League delle diciotto buche. Ha debuttato con un evento londinese dal montepremi di 25 milioni di dollari. A Dustin Johnson e Phil Mickelson, stelle di prima grandezza, sono stati offerti 100 milioni di dollari per emigrare. Tiger Woods ha detto no. Lo scopo di tutta la strategia saudita è primariamente politico, ovvero, per mezzo dello strumento sportivo rifarsi una verginità in materia di diritti umani, omicidi di giornalisti come Jamal Kashoggi e repressione del dissenso che Amnesty International non si stanca di ricordare. Gli addetti ai lavori chiamano questa pratica sport washing e non c’è bisogno di traduzione per i signori del petrolio, nel Paese che produce il 10% per cento del fabbisogno quotidiano mondiale di greggio.

In ambito strettamente calcistico, il fenomeno Saudi Pro League deve essere studiato con attenzione e rispetto che si accompagnano alla gratitudine dei club europei, le cui casse sono state rimpinguate dai petrodollari. Per capire se il torneo arabo riuscirà a diventare importante come lo sono Premier League, Bundesliga, Liga, Serie A e Ligue 1, bisognerà verificare anche il suo ritorno d’interesse, non soltanto nel mondo arabo, of course, ma nel resto del pianeta e seguire passo doppo passo il mercato dei diritti televisivi, implacabile termometro del successo di un evento sportivo. La Saudi Pro League è visibile in 170 Paesi, ma in Italia, ha registrato una falsa partenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Saudi League, teleflop!

Venerdì sera, l’Al-Ittihad ha giocato in casa all’Al-Riyadh, nello stadio Prince Turki bin Abdul Aziz, capienza 15 mila posti, media spettatori 5.019 (dato transfermarkt). L’Al-Ittihad ha vinto per 4-0 (reti di Benzema, Hamdallah (2) e Al-Amri. In Italia, la partita trasmessa da La7, è stata vista da 154 mila spettatori, share 2,1% (dato Auditel). Un deciso progresso rispetto ai 64 mila spettatori (dato Auditel, share 1,9%) che il 14 agosto, sempre su La7, avevano seguito la gara inaugurale del massimo campionato saudita, con Cristiano Ronaldo, Brozovic, Laporte e Mané nelle fila dell’Al-Nassr, sconfitto per 2-1 dall’Al-Ettifaq allenato da Steven Gerrard. Gli esperti del settore invitano alla cautela quando commentano il teleflop iniziale del torneo saudita, ad onta della formidabile cassa di risonanza mediatica di cui gode, rimbombante a livello globale. Si sottolinea come non bastino due partite in chiaro per esprimere una valutazione e un pronostico sugli sviluppi futuri.

Tuttavia, a fare la differenza sarà il grado di passione e di attenzione che il torneo arabo saprà suscitare. Sui Facebook, commentando gli scarsi ascolti di Al Riyad-Al Ittihad, un utente ha scritto: “La gente non guardava le partite per vedere giocare Benzema, le guardava per vedere il Real Madrid”. E un altro: “Dai, ma come fa a essere credibile un campionato dove si scontrano squadre che hanno lo stesso proprietario... È soltanto un business per incrementare guadagni, sponsor e visibilità in Paesi che hanno deficit democratici e umanitari spropositati”. Un altro ancora: “I sauditi se ne fregano degli ascolti tv, non hanno bisogno dell’elemosina (almeno per loro) che fanno le emittenti in chiaro o a pagamento”. Un quarto va controcorrente: “C’era gente che guardava il campionato australiano quando vi partecipava Del Piero. Date tempo a questi ricconi e vedrete che salità l’interesse verso il loro campionato delle stesse...”. Fermo restando che non sempre chi più spende più vince e diverte: dall’alto del miliardo e 300 milioni spesi in questi anni per non vincere nulla in campo internazionale, la proprietà araba (qatariota) del Psg può confermare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Saudi League, teleflop!

Venerdì sera, l’Al-Ittihad ha giocato in casa all’Al-Riyadh, nello stadio Prince Turki bin Abdul Aziz, capienza 15 mila posti, media spettatori 5.019 (dato transfermarkt). L’Al-Ittihad ha vinto per 4-0 (reti di Benzema, Hamdallah (2) e Al-Amri. In Italia, la partita trasmessa da La7, è stata vista da 154 mila spettatori, share 2,1% (dato Auditel). Un deciso progresso rispetto ai 64 mila spettatori (dato Auditel, share 1,9%) che il 14 agosto, sempre su La7, avevano seguito la gara inaugurale del massimo campionato saudita, con Cristiano Ronaldo, Brozovic, Laporte e Mané nelle fila dell’Al-Nassr, sconfitto per 2-1 dall’Al-Ettifaq allenato da Steven Gerrard. Gli esperti del settore invitano alla cautela quando commentano il teleflop iniziale del torneo saudita, ad onta della formidabile cassa di risonanza mediatica di cui gode, rimbombante a livello globale. Si sottolinea come non bastino due partite in chiaro per esprimere una valutazione e un pronostico sugli sviluppi futuri.

Tuttavia, a fare la differenza sarà il grado di passione e di attenzione che il torneo arabo saprà suscitare. Sui Facebook, commentando gli scarsi ascolti di Al Riyad-Al Ittihad, un utente ha scritto: “La gente non guardava le partite per vedere giocare Benzema, le guardava per vedere il Real Madrid”. E un altro: “Dai, ma come fa a essere credibile un campionato dove si scontrano squadre che hanno lo stesso proprietario... È soltanto un business per incrementare guadagni, sponsor e visibilità in Paesi che hanno deficit democratici e umanitari spropositati”. Un altro ancora: “I sauditi se ne fregano degli ascolti tv, non hanno bisogno dell’elemosina (almeno per loro) che fanno le emittenti in chiaro o a pagamento”. Un quarto va controcorrente: “C’era gente che guardava il campionato australiano quando vi partecipava Del Piero. Date tempo a questi ricconi e vedrete che salità l’interesse verso il loro campionato delle stesse...”. Fermo restando che non sempre chi più spende più vince e diverte: dall’alto del miliardo e 300 milioni spesi in questi anni per non vincere nulla in campo internazionale, la proprietà araba (qatariota) del Psg può confermare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...