Boca e Fluminense, al Maracanã l’ultimo atto della Champions sudamericana

Tra tensioni, sogni, speranze e mille paure: due club e due tifoserie in delirio per il dominio dell’America Latina
Boca e Fluminense, al Maracanã l’ultimo atto della Champions sudamericana© Getty Images

Ossessione: fenomeno patologico che si manifesta con la presenza, persistente o periodica, di una rappresentazione mentale, un impulso, un affetto, che la volontà non riesce a eliminare e che risulta accompagnata da un sentimento sgradevole di ansia. Insomma: un’idea persistente, un incubo, una preoccupazione assillante. In portoghese: obsessão. In spagnolo: obsesión. Questo rappresenta, per la gente del Fluminense, per il popolo del Boca Juniors, la Copa Libertadores de América che alle 17 di Rio de Janeiro, le 21 in Italia, si contenderanno Fluzão e Xeneize in uno dei teatri più sacri dell’intero mondo del futebol: l’Estádio Jornalista Mário Filho, per tutti il Maracanã.  
 
Obsessão, dunque, per il club tricolor carioca: solo una volta in 121 anni di storia, nel 2008, il Flu è riuscito a raggiungere l’epilogo della competizione per club più importante del Continente. Andò male: sconfitta ai rigori contro la Ldu Quito dopo aver realizzato l’impresa di recuperare il 4-2 patito all’andata in Ecuador con un pirotecnico 3-1 nel ritorno in casa. Alle 5 della sera, la banda di Fernando Diniz ha l’occasione di cambiare il destino, di scrivere una pagina indimenticabile. Di diverso, oggi da quella volta, c’è che il format della Libertadores è stato irrispettosamente “europeizzato” dal Conmebol: ciao ciao doppia finale, benvenuta finale secca con supplementari ed eventuali rigori. E l’ultima a giocare una doppia finale, nel 2018, peraltro turbolenta, insanguinata e traslata, obtorto collo e con rispetto 0 e sensibilità -10, al Bernabéu di Madrid fu proprio il Boca Juniors. Quel River-Boca in Spagna fu l’ultima finale di ritorno della storia della Copa Libertadores de América o forse la prima della Copa Conquistadores, dipende dai punti di vista. Sicuramente quel trionfo del River fu uno shock, una stilettata in mezzo al cuore, un cazzottone dritto nell’anima del popolo Azul y Oro, che, oggi come allora, sogna la Séptima, il settimo sigillo, quello che lo isserebbe sul tetto dell’America Latina assieme all’Independiente, che 7 Coppe le ha già.  

L’ossessione per il Boca Juniors

Obsesión per il Boca Juniors, dunque: lo canta la gente per strada da una vita, lo urla qualsiasi bostero da un mese, dalla notte all’Allianz Parque di San Paolo quando El Chiquito Romero si è trasformato, per la terza volta nella fase a eliminazione diretta, in eroe. Di pararigori del suo livello in giro non ce n’è e per informazioni chiedete pure a Montevideo, al Nacional, ad Avellaneda, al Racing Club e pure al Verdão paulista. Un caso più unico che raro non solo nella Copa Libertadores ma in tutte le manifestazioni internazionali per club del pianeta, il Xeneize: nella fase a eliminazione diretta non ha mai vinto. Mai. Tutti pareggi: doppio 0-0 con gli uruguaiani, doppio 0-0 contro il Racing di Gago, 0-0 in casa e 1-1 in Brasile con il Palmeiras. Non gioca bene, il Boca Juniors: ha, però, mistica copera, quella capacità di trasformarsi nelle grandi occasioni, di colmare qualsiasi tipo di gap lo separi dall’avversario di turno. L’ha già fatto, il Boca: e se nella tua storia hai battuto il Real di Figo, Raúl González Blanco e Roberto Carlos e pure il Milan di Kaká, Paolo Maldini, Costacurta, Pirlo e Seedorf non puoi permetterti di non pensare in positivo ora che davanti hai “soltanto” il Fluminense. Non puoi aver paura di lottare se la tua gente ti ha seguito in 120 mila nonostante ci siano appena 25 mila biglietti disponibili: la più grande mobilitazione della storia del calcio sudamericano. Marcelo e Cavani, Germán Cano ed El Colo Barco, Felipe Melo e Marcos Rojo, John Kennedy, la Bestia Merentiél ed El Pipa Benedetto: ora tocca a voi, fate divertire il Cristo Redentor, il D10S humano, il Diego nell’alto dei cieli, e tutti noi comuni mortali.  

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