Un River-Boca da paura: amore, violenza e morte

Si affrontano le due anime di Buenos Aires, borghesia contro proletariato. I Borrachos del Tablón e il Jugador Número 12: guerra che dura da lustri
Un River-Boca da paura: amore, violenza e morte© Getty Images

Se c’è un luogo, su questo Pianeta, dove il calcio ha un valore sociale che va oltre il “divertissement”, il mero spettacolo che dura 90 minuti, ebbene, questo è l’Argentina. E, in Argentina, non troverete una città dove si respiri il fútbol 24 ore su 24, 365 giorni su 365, come Buenos Aires. Nella “Ciudad de la Furia”, quella che può contare ben 36 stadi con almeno 10 mila posti (e se non è record poco ci manca) non esiste nulla di paragonabile al Superclásico, a River Plate-Boca Juniors: più che un derby un immutabile scontro generazionale tra due modi antitetici di intendere non solo il gioco del pallone quanto la vita nella sua completezza.

River Plate-Boca Juniors, due mondi opposti

Sono l’opposto in tutto, Millonarios e Xeneizes, sono l’uno il metaverso dell’altro, Gallinas e Bosteros: rappresentanti “de los chetos”, dell’alta borghesia i biancorossi (proprio da quello discende uno dei loro soprannomi, Milionari, appunto), sottoproletari figli dell’emigrazione italiana e soprattutto genovese i gialloblù (da qui nasce Xeneizes, genovesi in dialetto bonaerense, uno dei loro nomignoli). Dire che non si amano sarebbe nascondere la polvere sotto il tappeto: le due anime del cielo porteño si odiano, letteralmente. E se lo dimostrano quotidianamente: sull’autobus, al mercato, nei ristoranti, ai concerti. Ovunque. Persino tra vicini di casa che si conoscono da decine di anni: a Nequén, Patagonia, nel 2018, prima del ritorno dell’ultima doppia finale della storia della Libertadores, un tifoso del Boca Juniors diede fuoco alla casa del vicino. Del River Plate. Per rispondere agli sfottò. Col vicino dentro. Logico dunque, che le due sfide dirette si trasformassero nelle micce che facevano detonare rancori e disprezzo. Come il 30 aprile del 1994, vittoria dei Millonarios 2-0 nello stadio dei rivali. Il bilancio è tragico: Vallejos e Delgado, tifosi del River Plate, vengono assassinati a colpi di arma da fuoco dalla Barra Brava del Boca. Non è finita qui: 27 gennaio 2002, Superclásico del Torneo de Verano a Mar del Plata, un torneo estivo senza valore, un Trofeo Birra Moretti in salsa chimichurri. Sul campo lezione del Xeneize, un 4-0 senza appello. Sugli spalti, guerra. E la guerra porta morti e feriti: Fernando Palermo, tifoso del Boca viene accoltellato fuori dallo stadio e spira poco dopo. Il bilancio della battaglia si completa con altri 6 feriti sempre da armi da taglio. E poi la Tragedia de La Puerta 12, 23 giugno 1968: 71 tifosi del Boca di 19 anni d’età media morti schiacciati al Monumental.

11 anni senza tifosi ospiti

Da 11 anni il Superclásico si gioca senza tifosi ospiti ma questo non ha frenato la violenza: a dicembre 2018 le pietre dei tifosi del River al bus della squadra Xeneize ferirono alcuni giocatori e obbligarono il Conmebol a traslare il ritorno della finale di Libertadores nell’ovattata sede madrilena del Bernabéu... Ovvio, dunque, che cresca l’attesa ma anche l’ansia per quanto può succedere oggi: le due tifoserie viaggiano in 35 mila verso Córdoba. Per evitare incroci, i tifosi del River arriveranno all’Estadio Mario Alberto Kempes usando la Autopista Rosario-Córdoba, quelli del Boca, invece, la Ruta 8 e poi la Ruta Provincial 36. Nei dintorni dello stadio toccherà alla Policia Federal tentare di evitare che entrino a contatto. La campagna governativa “somos rivales, no enemigos”, rivali non nemici, ha poche chance di attecchire. Perché quando si incrociano Los Borrachos del Tablón e El Jugador Número 12 non è mai una partita come le altre. Perché River Plate e Boca Juniors, da sempre e per sempre, porteranno con loro eros e thanatos. Amore illogico, passione smisurata e sì, morti violente.

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