Bonansea: "Gli inizi, il Torino, lo scudetto con la Juventus Women e la Nazionale"

Dai primi approcci col pallone al debutto nel calcio femminile, fino al bianconero e all'azzurro: la storia della numero 11 juventina in una lunga intervista alla FIFA
Bonansea: "Gli inizi, il Torino, lo scudetto con la Juventus Women e la Nazionale"© www.imagephotoagency.it

La Juventus Women, ma anche il suo passato e come è nato l'amore per il calcio. Barbara Bonansea, ormai bandiera della compagine femminile bianconera, è stata protagonista di una triplice interivsta della FIFA insieme a Carolina Morace, ex calciatrice e oggi allenatrice, e Benedetta Orsi, giocatrice del Sassuolo.

Juventus Women, Bonansea e gli inizi

Bonansea racconta i suoi inizi e i primi approcci col calcio: "Ero una ragazza timida, col calcio sono diventata più espansiva, più affettiva. Il calcio mi ha fatto diventare quella che sono: dirò sempre grazie a me per aver seguito il mio cuore, ma anche a mio fratello e ai miei genitori che mi hanno spinta a fare ciò che sentivo giusto per me. Il mio amore per il calcio è nato con me. I miei primi allenamenti sono stati un po' strani, andavo a vedere mio fratello ad allenarsi e c'era un allenatore che, vedendomi sempre, un giorno mi chiese di entrare a giocare e dissi subito di si, perché sentivo che era quello che mi piaceva fare. I miei mi hanno sempre sostenuta. Mio papà era felicissimo, mia mamma all'inizio era un po' spaventata perché non sapeva se fosse la scelta giusta per me, poi col tempo è diventata la prima tifosi. I miei mi seguono dovunque, sono i primi a sostenermi. Mia nonna è particolare: ora è contenta, cerca di guardare le mie partite in tv e diverse volte è venuta anche allo stadio a vedermi. Prima delle gare mi dice sempre di segnare un gol per lei, ma non sempre ci riesco. La prima partita ero spaventatissima perché ero timida. La prima gara fu strana: mi sono cambiata, uscita dallo spogliatoio ho visto i miei compagni e poi l'altra squadra: erano tutti maschi, mi sono sentita un po' diversa. Ho iniziato a vergognarmi e non volevo giocare, mi piaceva così tanto il calcio che mi faceva strano la sensazione di non voler scendere in campo. Ero l'unica ragazzina, con questi capelli lunghissimi, mi sono messa a piangere tanto. Grazie al mio papà e al mio allenatore che alla fine mi sono convinta".

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La svolta e il calcio femminile

Dopo gli inizi, Bonansea si è approcciata per la prima volta al calcio femminile, un mondo all'epoca sconosciuto per lei: "A 12 anni mi vide il Torino Calcio femminile, e il mio allenatore mi disse che i granata mi volevano far giocare da loro. Rimasi sorpresa, dissi: "Ma c'è il calcio femminile? Esiste il Torino?". Dissi subito di si. Sono stati anni bellissimi: lì sono cresciuta e sono diventata quella che sono. Se devo pensare a quanti sacrifici hanno fatto i miei genitori... Quando arrivi al campo e quando sai che c'è la tua famiglia a vederti giochi anche un po' per loro, ti senti a casa. Mio papà mi chiama e mi chiede ogni volta perché non ho fatto gol, e sento mia mamma in sottofondo che gli chiede di lasciarmi stare: è sempre così. Dopo il Torino sono passata al Brescia, mi sono dovuta trasferire. Sicuramente è stato difficile separarmi dalla mia famiglia, però venivano sempre a vedere le partite in casa facendosi 300 km. A volte anche fuori mi hanno seguito, come a Napoli".

L'arrivo alla Juventus e il primo premio

La vera svolta, però, arriva con il trasferimento alla Juventus Women, con la gioia del primo trofeo e anche del primo premio personale: "Quando ho ricevuto la chiamata della Juventus ero felicissima: sono tifosa juventina, quindi rimasi bloccata. Mi son sentita fortunata perché non tante persone al mondo riescono a realizzare i propri sogni. Giocare per la Juve è bello perché senti che devi dare tutto, ti entra nelle vene. Il primo Scudetto con la Juventus fu spettacolare perché nessuno, nemmeno noi, pensavamo di poter vincere. Ogni tanto riguardo le foto e mi scende una lacrima: emozioni così forti che le rivivi. Nel 2016 sono stata eletta come miglior calciatrice italiana: non me lo aspettavo, fu un grande orgoglio. Andai alla premazione ed ero l'unica femmina, poi c'erano i migliori 11 calciatori italiani. Dopo, in un'intervista, mi fu chiesto cosa provavo, cosa pensavo del premio: ero felice, ma mi venne da rispondere che ero una contro 11 e non mi sembrava giusto questo. Bisogna pensare sempre in grande e aggiudicare piccole vittorie, dire la propria idea senza paura di essere giudicati.

La prima convocazione con l'Italia

Nell'ultima parte dell'intervista, Barbara Bonansea parla della prima volta con la maglia dell'Italia e di cosa fa stare bene le calciatrici: "La prima convocazione in nazionale è stata un po' di tempo fa: ero al Torino femminile, fu pazzesco. Andai in spogliatoio e mi abbracciarono tutte le compagne. Vidi i sacrifici fatti ripagati. Mi sento orgogliosa di far parte di questa nazionale e di poter vincere qualcosa con questa maglietta. Per me è importante sentire la fiducia di un allenatore, la sua capacità credere nelle sue giocatrici. Penso sia bello allenarsi col sorriso e avere un allenatore che sa che le proprie giocatrici si devono divertire. Penso che noi donne, nel calcio femminile, siamo tanto forti. Appoggio le ragazze che hanno avuto il coraggio di parlare della loro sessualità perché non è mai semplice: queste sono le persone più libere".

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La Juventus Women, ma anche il suo passato e come è nato l'amore per il calcio. Barbara Bonansea, ormai bandiera della compagine femminile bianconera, è stata protagonista di una triplice interivsta della FIFA insieme a Carolina Morace, ex calciatrice e oggi allenatrice, e Benedetta Orsi, giocatrice del Sassuolo.

Juventus Women, Bonansea e gli inizi

Bonansea racconta i suoi inizi e i primi approcci col calcio: "Ero una ragazza timida, col calcio sono diventata più espansiva, più affettiva. Il calcio mi ha fatto diventare quella che sono: dirò sempre grazie a me per aver seguito il mio cuore, ma anche a mio fratello e ai miei genitori che mi hanno spinta a fare ciò che sentivo giusto per me. Il mio amore per il calcio è nato con me. I miei primi allenamenti sono stati un po' strani, andavo a vedere mio fratello ad allenarsi e c'era un allenatore che, vedendomi sempre, un giorno mi chiese di entrare a giocare e dissi subito di si, perché sentivo che era quello che mi piaceva fare. I miei mi hanno sempre sostenuta. Mio papà era felicissimo, mia mamma all'inizio era un po' spaventata perché non sapeva se fosse la scelta giusta per me, poi col tempo è diventata la prima tifosi. I miei mi seguono dovunque, sono i primi a sostenermi. Mia nonna è particolare: ora è contenta, cerca di guardare le mie partite in tv e diverse volte è venuta anche allo stadio a vedermi. Prima delle gare mi dice sempre di segnare un gol per lei, ma non sempre ci riesco. La prima partita ero spaventatissima perché ero timida. La prima gara fu strana: mi sono cambiata, uscita dallo spogliatoio ho visto i miei compagni e poi l'altra squadra: erano tutti maschi, mi sono sentita un po' diversa. Ho iniziato a vergognarmi e non volevo giocare, mi piaceva così tanto il calcio che mi faceva strano la sensazione di non voler scendere in campo. Ero l'unica ragazzina, con questi capelli lunghissimi, mi sono messa a piangere tanto. Grazie al mio papà e al mio allenatore che alla fine mi sono convinta".

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