Serie A Torino, Papà Immobile: «Per Ciro il club granata è come una famiglia»

Antonio, padre di Ciro: «Ventura è come un secondo padre. Certo che spero nei Mondiali! Se succede, io e mia moglie andiamo in Brasile. Segnava già da bimbo, anche contro i più grandi»
TORINO - Ecco un estratto dell'intervista ad Antonio Immobile padre di Ciro, grande attaccante del Torino.

Antonio suo figlio al secondo anno di serie A è in lizza per vincere il titolo cannonieri. Ma Ciro era un bomber già da piccolo?
«Come no? Certo. Sin da quando aveva cinque anni, quando ha iniziato a giocare a pallone faceva sempre l’attaccante. Ha cominciato con Scuola Calcio Torre Annunziata ‘88».

E com’era?
«Era forte già allora, faceva un sacco di gol. Pure all’inizio era ambidestro. Gli toccava quasi sempre di giocare contro gli avversari più grandi di lui di un anno, ma tanto segnava lo stesso».

Senta ma questa sua generosità che lo spinge a correre anche lontano dall’area l’ha imparata da grande?
«No, è sempre stata una sua caratteristica. Gli è sempre piaciuto partire quasi da metà campo per poi avvicinarsi all’area di rigore e alla porta. Non è mai stato un centravanti vecchio stampo».

Se l’aspettava questo suo exploit dopo l’annata no al Genoa?
«Diciamo che io l’ho sempre visto dotato di grandi capacità e quindi ero convinto che prima o poi sarebbe successo. L’anno scorso andò male non solo per colpa sua. Dipende anche da come gioca la squadra. Del resto uno non è che disimpara a giocare da un anno all’altro... Ora al Torino va tutto a meraviglia, il tipo di gioco esalta le sue qualità».

Di tutte le 17 reti che ha segnato qual è secondo lei la più bella?
«Beh, chiaramente tra le più spettacolari c’è la rete che ha segnato a Roma alla Roma. Ma pure il tiro di destro con cui ha fatto gol al Chievo da circa 30 metri non è stato male...».

Crede che alla fine andrà ai Mondiali?
«Eh, questa domanda bisognerebbe rivolgerla al ct Prandelli. Io ci spero, ovviamente».

Ma se Ciro dovesse essere convocato cosa farà: se lo guarderà in tv oppure andrà pure lei in Brasile?
«No, se dovesse andare pure io e mia moglie partiremmo per vederci i Mondiali allo stadio».

È una famiglia numerosa la vostra?
«Ciro ha un fratello più grande, Luigi, che si è laureato in ingegneria informatica applicata e lavora a Napoli. A casa siamo io, che dopo aver lavorato come riparatore dei treni sono in pensione, e mia moglie che è casalinga».

E Luigi com’era a calcio?
«Non era tanto portato, giusto per divertirsi con gli amici. Ciro il calcio invece ce l’ha nel sangue. Come il gol».

Secondo lei Ciro ce la farà a vincere il titolo cannonieri?
«Non lo so, per me, che sono il papà, ha già fatto tanto: ha segnato 17 gol senza rigori. Se ce la farà a battere Tevez sarò ovviamente felicissimo. Ma, lo ripeto, ha già fatto tanto così».

Vi sentite spesso?
«Direi di sì: mediamente tre volte al giorno. Ci chiede sempre come stiamo. È molto legato alla famiglia».

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