© www.imagephotoagency.itTORINO - Hanno fatto rumore le parole dell’altro ieri di Kamil Glik sul proprio futuro, al punto che la tifoseria granata aveva iniziato a interrogarsi su cosa significassero le sue dichiarazioni, dando il là a tutta una serie di interpretazioni figlie del cercare di “leggere tra le righe”. Operazione più che comprensibile perché in effetti i pensieri del capitano, nuova icona della tifoseria, amatissimo dai bimbi che fiutano la sua trasparenza e dai meno giovani, che ne apprezzano la grinta granitica, erano sibillini. Pensieri che, oggettivamente, sembravano adatti a far sì che il bicchiere potesse essere visto anche come mezzo vuoto. E dire che il Torino, nella figura del presidente, decidendo nel finale della scorsa stagione di elargirgli una sorta di premio produzione extra per gli 8 gol segnati, non aveva mandato segnali tali da incrinare nel polacco la certezza di restare. Anche se in effetti le partenze illustri di Cerci e Immobile della scorsa stagione sono un monito di cui tenere la giusta considerazione. Sta di fatto che Glik si aspettava probabilmente un colpo di telefono rassicurante che non è arrivato per la semplice ragione che il Toro non ha mai provato a venderlo. Semmai, pur non avendone bisogno per esigenze di bilancio, avrebbe preso in considerazione quell’eventualità qualora il suo agente oppure un club avesse bussato alla porta del Torino. Ma nessuna delle due situazioni si è verificata e così tutto è proceduto in maniera regolare. Ma, come sempre, dipende dai punti di vista. E sul “cucuzzolo” di Kamil qualche nuvola si era evidentemente fermata, di cui la sua necessità/volontà di rovesciare inquietudini e dubbi urbi et orbi.