© LaPresseTuttosport si è dedicato spesso al valzer degli allenatori, valutandone i pro e i contro, pertanto cerchiamo di evitare noiose ripetizioni di concetti triti e ritriti. Ma quanto è accaduto nel campionato in corso sulle panchine di serie A esige qualche considerazione. Abbastanza recentemente, il presidente del Palermo, Zamparini, noto licenziatore, ha dato il benservito a Iachini l’indomani di una rassicurante vittoria, assumendo al posto di questi il povero Ballardini che, in tre partite, ha racimolato la miseria di un punto. Cosicché è scattato il pentimento al vertice della società siciliana. Si parla insistentemente di un ritorno dello stesso Iachini. Ci domandiamo che senso abbia avuto cacciare un tecnico che andava benino per poi meditare di riassumerlo in quanto il sostituto non ha compiuto il miracolo di scalare la classifica. Non è la prima volta che Zamparini si comporta così, e forse ci va a genio proprio per questo: egli come tutti gli uomini che hanno carattere, ce l’ha brutto. Sorvoliamo sull’avvicendamento in casa del Carpi: fuori Castori, il mago della promozione dalla B alla A, dentro Sannino per alcune settimane e clamoroso ripescaggio del primo. Un casino inutile e grottesco. Altro episodio ridicolo. La Samp, dopo la partenza di Miha (destinazione Milan), si è assicurata Zenga, il quale tutto sommato non ha deluso, eppure è stato trombato dal Viperetta per motivi sicuramente validi ma che a noi sembrano idioti. Atterra in sua vece il cosiddetto Aeroplanino, Montella, che passa per un fenomeno senza esserlo, e in tre gare non riesce a collezionare un tubo. Si sa che costui ha bisogno di tempo per imporre il proprio gioco, ma zero punti in quasi un mese sono troppo pochi per giustificare un cambio alla guida di una compagine che era ampiamente sopra il limite di sicurezza ossia non in zona retrocessione. Ergo: perché sbarazzarsi di Zenga? Veniamo a Verona. Sei punti totalizzati fin qui sono un certificato di avvenuto fallimento. Sacrificare Mandorlini rientrava nell’ordine naturale delle cose. Subentrato Del Neri, vecchio saggio che vanta un curriculum di tutto rispetto, si è notato subito nell’Hellas un certo risveglio, che non è bastato per battere l’Empoli, ma che è di buon augurio. Aspettiamo gli incontri venturi per giudicare. Infine, un grande e scrosciante applauso a Donadoni, successore di Rossi al timone del Bologna, capace di strapazzare il Napoli capolista, l’Atalanta, il Verona e di pareggiare con la Roma: dieci punti. Mica male per un club che pareva destinato a scendere di categoria. Da notare che i rossoblù hanno dimostrato grazie a Donadoni di essere tecnicamente ben preparati e di poter puntare a una rapida ascesa. Inoltre, il centravanti Destro, scartato dalla Roma e dal Milan con eccessiva fretta, è addirittura risorto, segnando tre gol spettacolari e correndo a tutto campo come fosse indiavolato. Il suo valore venale è schizzato in alto e, avanti di questo passo, salirà ulteriormente. Qui la bravura di Donadoni non può essere ignorata. È stato un giocatore delizioso e di rendimento elevato per numerosi anni, e anche nel ruolo di allenatore si è rivelato fin dagli esordi un eccellente stratega, per giunta non privo di sensibilità nel comprendere le potenzialità degli atleti al suo servizio. Trattasi di un bergamasco taciturno, tutt’altro che simpatico, tignoso e ruvido nei rapporti, ma intelligente e intuitivo. Basti pensare che nel torneo scorso, con un Parma a pezzi e in bolletta nera, egli non ha mollato un colpo. Se salverà il Bologna, e lo salverà, nessuno potrà negargli la panchina di uno squadrone.
