Conte è un’idea che si fa largo nella mente di chi è chiamato a prendere decisioni fondamentali, da primo tifoso juventino. Conte, l’ex ct che rilanciò il sogno azzurro nel 2016, è un uomo in sala d’attesa. Di qualcosa che, se si verificasse, sconvolgerebbe abitudini apparentemente consolidate, ripristinando tradizioni che sembravano parte di una storia conclusa.
E’ come se in quella stessa sala d’attesa il salentino stia aspettando la grande notizia: la nascita di una nuova vita, come fosse il bis di un’esperienza, sulla scorta di un triennio (2011-14) in cui la Juventus è tornata a dominare dopo due settimi posti in fila, una discesa in B e una risalita particolarmente difficoltosa nelle gerarchie. Conte temporeggia, mentre il suo entourage s’è già portato avanti con il lavoro stabilendo contatti con l’Inter, senza contare una fugace attrazione nei confronti di una Roma di cui si ipotizzano prospettive tuttora indistinte. E se con i dirigenti nerazzurri il feeling è a prova di bomba, c’è un passato che fa da contrappeso, sostenuto dalla sensazione di aver interrotto (masochisticamente, ça va sans dire) un progetto sul più bello.