Di quelli interisti, ovviamente, che si coccolano Eriksen: un acquisto assolutamente anomalo per spessore e costi assolutamente non da giocatore “in scadenza” (una trentina di milioni tra buonuscita al Tottenham e commissioni varie) a testimonianza di quanto il club nerazzurro voglia affrettare i tempi per arrivare al livello della Juventus. Ma si danno di gomito per la soddisfazione anche quelli della Fiorentina che hanno assistito a un attivismo ormai dimenticato da parte dei dirigenti slatentizzati dall’arrivo di Comisso. Esattamente l’opposto di quanto è successo al Torino, squadra comparabile per bacino di utenza e potenzialità di classifica, che ha brillato per immobilismo almeno in entrata (nessun arrivo) a fronte di quattro uscite (Kevin Bonifazi, Iago Falque, Diego Laxalt e Vittorio Parigini). Ha lanciato segnali di rifondazione il Napoli che, infatti, ha speso come mai a gennaio nella gestione De Laurentiis. Là in fondo, dove si lotta per la salvezza, accanto all’attivismo più pasticciato del solito del Genoa (clamorosa la commedia degli equivoci intorno a Iturbe: arrivato dal Messico e visite mediche prima che vi fosse però un accordo che non è stato trovato con i Pumas) si è fatta notare un’arcigna Spal: cinque acquisti, e la conferma di Petagna fino a giugno, per far capire che non si molla di un metro. A Brescia, invece, il senso del messaggio di Cellino è piuttosto avvilente: “ci arrangiamo così”. Non è detto che basti.