Allegri, la Juve e il giro di panchine

Max si scalda, ipotesi ritorno in bianconero ma la Roma insiste. Si è lasciato bene con la società: dipende da come si chiuderà l’annata juventina e dal budget per il tecnico
Allegri, la Juve e il giro di panchine

TORINO - Minestra riscaldata: così un tifoso apostrofò Fabio Capello al ritorno al Milan nel 1997. Il tecnico rientrava dopo un anno al Real Madrid, riabbracciando il club con cui aveva vinto scudetti e Champions League dal 1991 al 1996. «A me le minestre riscaldate piacciono», rispose. Sul campo le cose andarono non benissimo: decimo posto, finale di Coppa Italia persa con la Lazio e saluti a fine stagione. Milan comunque recidivo (ma Silvio Berlusconi ragionava con il cuore su certe cose), visto che lo stesso era capitato poco prima con Arrigo Sacchi, richiamato a novembre 1996 e congedato dopo pochi mesi.

Allegri bis, le variabili con cui fare i conti

Anche la Juventus non è immune da decisioni simili, con Giovanni Trapattoni richiamato a rimettere la barca in linea di galleggiamento nel 1991 nella restaurazione voluta da Gianni Agnelli - un altro che, in termini calcistici, cedeva spesso al sentimento - dopo il tonfo del progetto Gigi Maifredi. Al Trap-bis andò meglio, con un paio di secondi posti e la Coppa Uefa sollevata nel 1993. Ora occorre capire se gli occhi del cuore e il sostegno della ragione potranno aprire le porte a un eventuale Massimiliano Allegri bis. Sono diverse le variabili con cui fare i conti: il piazzamento finale di Andrea Pirlo (in soldoni: dentro a zona Champions), gli umori della società, il budget a disposizione per un eventuale cambio in panchina. Al momento il tecnico viene dato saldo, ma tutto potrebbe cambiare nel caso in cui gli eventi precipitassero.

Le parole di Allegri

Lui, Allegri, ha usato l’altra sera parole al miele per il club con cui ha conquistato cinque scudetti consecutivi e due finali di Champions. La Juventus è stata argomento approfondito domenica notte nel salotto di Sky Calcio Club: «Lì sono stato cinque anni benissimo, la chiusura è arrivata in modo naturale. Tra me e Agnelli c’è stata una diversità di vedute quando ci siamo divisi. Alla Juventus devi vincere. Non ce ne siamo nemmeno resi conto, è stata una chiusura naturale. La scelta è stata del presidente ovviamente, ma con lui sono rimasto in ottimi rapporti. Sono stati cinque anni fantastici e irripetibili: c’era tanta positività, sono state fatte scelte di mercato importanti. Se sapevo di Sarri? No, assolutamente. Dopo tanti anni è difficile riuscire a trasmettere le stesse cose e anche per questo credo che sia arrivata la decisione di Paratici e Nedved di cambiarmi. Avevamo fatto tanti punti, vinto lo scudetto in 30 giornate, poi è arrivata la sconfitta contro l’Ajax. Sono molto legato alla Juventus, lo sono stato al Milan e al Cagliari. A livello personale mi lego molto, sono uno passionale. Tornare alla Juve? Ora è impossibile dirlo, poi c’è Andrea (Pirlo, ndr) che secondo me sta facendo bene». Nessuna autocandidatura, come è logico. Sarebbe stata fuori luogo e totalmente estranea al personaggio.

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