Livakovic, il nuovo Neuer entrato nel mirino del Bayern Monaco

Il portiere croato della Dinamo Zagabria, che si è esaltato ai rigori contro Giappone e Brasile, piace ai bavaresi

Se in quest'ultimo mese i serbi sono cascati con tutte le scarpe nel vecchio cliché dei balcanici umorali e inaffidabili, litigiosi e tatticamente squilibrati, i croati hanno raggiunto un record che dice moltissimo sulla loro psiche di ferro: sono finiti quattro volte ai rigori nella loro storia Mondiale... e hanno sempre vinto. Il “4 su 4” è condiviso anche con la Germania, e ci mancherebbe altro; ma qual è l'origine di questi nervi d'acciaio della Croazia, paese dall'indipendenza trentennale che, malgrado 4 milioni scarsi di abitanti, sfodera un agonismo da Guinness dei primati in ogni disciplina sportiva in cui ci sia di mezzo una palla (basket, tennis, pallanuoto, pallamano...)? Il primato è stato costruito negli ultimi due Mondiali grazie a due portieri dalle carriere del tutto ordinarie: nel 2018 Danijel Subasic, che non è andato oltre un'onorevole permanenza per otto anni al Monaco, e nell'ultima settimana Dominik Livakovic, che a quasi 28 anni è ancora appena il numero uno della Dinamo Zagabria, sforacchiato sette volte in 180 minuti dal Milan in Champions League, ma che è entrato nel mirino del Bayern Monaco: i bavaresi pensano a lui per sostituire Neuer.

Livakovic, parare aiuta a parare

Si suol dire che vincere aiuta a vincere, e dunque parare i rigori aiuta a parare altri rigori. Così la Croazia si è fabbricata una reputazione da Uruguay dei tempi moderni, una terribile masnada di facce da poker che quattro anni fa interruppe il sogno della Russia padrona di casa e lunedì pomeriggio ha ridotto a uno straccio Neymar e altri 200 milioni di brasiliani, con un cinismo che fa provincia in grado di capitalizzare l'unico tiro scoccato nello specchio della porta in 130 minuti complessivi. In tutto questo livello di competizione insopportabile per i comuni mortali, incarnato da un cavaliere Jedi come Luka Modric che possiede i codici per dilatare lo spazio e fermare il tempo, spicca per normalità il mite Livakovic, che contro la Seleçao è sembrato un portiere dallo stile più hockeystico che calcistico, alfiere solitario del senso della posizione, nel giro di un paio d'ore diventato uno dei quindici “10” in pagella della storia dell'Équipe. Si dirà che la storia dei Mondiali è piena di queste settimane di grazia, a maggior ragione per i portieri, da Goycochea nel Mondiale italiano del 1990 al solito messicano Ochoa che spunta fuori ogni quattro anni.

Mondiali, Croazia sottovalutata

Ma non è normale che queste parabole umane e sportive capitino con regolarità alla Croazia, sottovalutata anche quest’anno, grigia e impacciata per lunghe parti della fase a gironi, graziata a ripetizione nel finale della sfida con il Belgio da Romelu Lukaku e ora - secondo l’opinione corrente, mobile qual piuma al vento - in grado di guardare negli occhi dalla stessa altezza nientemeno che Leo Messi. Anche il profilo Instagram di Livakovic, biglietto da visita verso il mondo, non ha nulla di eroico: tante foto di campo, corredate da didascalie banali, poi la foto del suo matrimonio. Ha sposato Helena lo scorso 18 giugno, data collocata a esattezza inquietante dalla finale Mondiale: sei mesi prima, sei mesi dopo, come se pure il calendario della sua vita fosse scandito dai rintocchi del metronomo Modric. Perciò, nel regno dell’incertezza estrema che è una semifinale Mondiale, in opposizione alle montagne russe emotive dell’Argentina, già sappiamo che i vecchi samurai a scacchi biancorossi non tarderanno all’appuntamento, con il ghigno riflesso nella lama del coltello stretto tra i denti. Posizionata al centro della culla geografica del caos europeo, la Croazia ha una lucidità che fa spavento.

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