De Ligt, il mercato fa paura: Mino Raiola, niente scherzi

Le prestazioni, le parole e l’atteggiamento hanno consacrato l’olandese nel cuore dei tifosi. Il club lo vede come un senatore del futuro. E lui adora Torino
De Ligt 2019© /Ag. Aldo Liverani Sas

Si sapeva benissimo anche due anni fa che Matthijs de Ligt ha il dna del leader. Non si veste la fascia di capitano dell’Ajax a 18 anni per caso e quel video in cui arringa migliaia di tifosi nel piazzale dello stadio è ancora una chicca che mette i brividi. Ma fa ancora più impressione vederlo lì, con la maglia della Juventus, mentre non solo erige un muro invalicabile insieme a Chiellini o Bonucci, ma incita i compagni, li riprende, li sveglia richiamandoli a un maggiore agonismo e ad una più consona concentrazione. E i tifosi si sono innamorati. La partita di sabato pomeriggio a Bologna è solo l’ultima puntata di una storia d’amore che si consolida sempre di più e sulla quale incombe il destino sotto forma di Mino Raiola. «Mino, niente scherzi», hanno pensato in coro i tifosi bianconeri e, probabilmente, anche i dirigenti, perché in questo momento storico uno come De Ligt non lo fai partire molto volentieri sia per una questione meramente tecnica (è senza ombra di dubbio uno dei migliori difensori centrali europei e davanti a sé ha una carriera per diventare “il” migliore), sia per una questione caratteriale, visto che in una squadra giovane e con qualche fragilità, l’olandese è un sostegno adesso e può diventare un pilastro nel futuro. Sabato, sull’onda dell’entusiasmo della grande partita, i tifosi lo vedevano già capitano.

De Ligt capitano

Il tifoso, si sa, è facile preda di iperboli emotive, ma questa volta non ci vuole troppa fantasia a immaginare De Ligt capitano della Juventus. Già adesso ne è un leader. Ha imparato da Chiellini e Bonucci, suoi precettori personali per quanto riguarda l’antica arte del difendere e anche per tutto ciò che serve a trascinare lo spogliatoio. «Voglio vincere sempre e fare tutto per vincere. A volte mi arrabbio, non capisco quando i giocatori fanno errori di mentalità, non mi piace. Quando sbagli tecnicamente va bene, ma la mentalità di fare tutto per la squadra è importante per me. Per questo ero arrabbiato», ha detto alla fine della partita contro il Bologna, durante la quale ha spesso richiamato chi, fra i suoi compagni, aveva cali di tensione (bersagliato particolarmente Kean). Non un atto di presunzione, né qualcosa che, in qualche modo, possa compromettere i rapporti con il resto della squadra, ma una mossa calcolata e apprezzata, perché la sua lucidità è stata ancora una volta fondamentale.

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