© Marco CanonieroTORINO - Per l’occasione ribattezzato Alvar...co Morata. Con la “c” posta là in mezzo al nome di battesimo. Essì perché con questo tormentone Vlahovic più montante d’un cazzotto di Mike Tyson, ci sta che l’attaccante spagnolo attenda in agguato gli sviluppi della questione per capire fino a che punto certe allegriane rassicurazioni siano ancora valide. Ergo, fino a che punto possa avere ancora senso (o meno) la sua permanenza alla Juventus qualora mai vi approdasse anche l’attaccante ora in forza alla Fiorentina.
Già qualche giorno fa, del resto, Morata era stato cullato dall’idea di trasferirsi (Barcellona in primis) in cerca di nuovi stimoli e nuove avventure. Era però subito intervenuto il tecnico Massimiliano Allegri: deciso a chetare le acque e calmare i bollenti spiriti prendendo da parte il giocatore per parlargli a quattr’occhi, facendolo sentire importante. Poi ancora, l’oracolo di Livorno, aveva spiegato urbi et orbi: «Anzitutto è un giocatore che l’anno scorso ha fatto 21 gol, quest’anno 7 senza rigori o punizioni. È un giocatore di rendimento, il problema è che nel calcio vengono affibbiate delle etichette. Ho parlato con lui, gli ho detto che da qui non si muove. Per andare a migliorare Morata serve uno dei 4-5 centravanti che ci sono, che non ti danno. E quindi Alvaro rimane, con grande entusiasmo perché deve stare sereno e tranquillo».
Bingo! La chiave è tutta lì, in quel: «Per andare a migliorare Morata serve uno dei 4-5 centravanti che ci sono, che non ti danno». Nel momento in cui te lo dessero, uno di quei 4-5 attaccanti, allora sì che cambierebbe tutto.
Ecco perché, dunque, Morata avrebbe buon diritto di rispolverare quelle riflessioni, elucubrazioni, rimuginamenti che lo attanagliavano fino a pochi giorni fa nel momento in cui capisse che il fronte Vlahovic davvero può svilupparsi in modi inattesi.