Compattezza. E soldi naturalmente. Ma se i secondi sono l’ingrediente essenziale di qualsiasi trattativa di alto livello, la compattezza fra la proprietà, la presidenza e la dirigenza della Juventus ha caratterizzato l’affare più clamoroso del mercato di gennaio: Dusan Vlahovic. L’unità di intenti è stato un elemento chiave, perché quando si affronta un investimento così importante è necessario che ognuno si assuma la sua porzione di responsabilità, così come ognuno deve mettere la sua parte di esperienza e capacità. La dirigenza della Juventus è sostanzialmente nuova. È vero che Maurizio Arrivabene, amministratore delegato, fa parte del CdA da molto tempo, così come Federico Cherubini, ds bianconero, è in società fin dai primi anni della gestione Marotta, ma entrambi hanno cambiato mansione in estate e si sono trovati a fare squadra e trovare l’intesa. Paradossalmente sono state le difficoltà ad accelerare l’amalgama.
Dalle tempeste all'affare Vlahovic
Nel giro di pochi mesi la Juventus è passata da una serie di tempeste, dall’addio di Ronaldo e all’inchiesta sulle plusvalenze, dall’inizio di campionato disastroso al caso Dybala: decisamente il più probante stress test che poteva affrontare una nuova squadra dirigenziale. E così quando si è presentata l’occasione di mercato, non c’è stata esitazione e tutti si sono mossi in modo coordinato. E sicuro. Perché per spendere 70 milioni di euro (più 10 milioni di bonus) in questo contesto servono polsi fermi e sangue freddo.
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