La Juve, Ramsey e il costo degli errori

La Juve, Ramsey e il costo degli errori

Dicono che, nell’esaminare i conti della Juventus, Maurizio Arrivabene sia sobbalzato di fronte al rapporto fra retribuzione e rendimento di alcuni giocatori della rosa bianconera. Approcciandosi con logiche differenti di quelle calcistiche, ha sentito stridere certi numeri. È vero che non si può avere una corrispondenza perfettamente meritocratica di stipendio e performance, ma il caso di Aaron Ramsey salta agli occhi: nei suoi primi tre anni di Juventus (sei mesi dei quali in prestito ai Rangers), ha giocato 34 partite da titolare ed è costato 35 milioni lordi di ingaggio, più di un milione a partita, in pochissime delle quali ha lasciato ricordi indelebili. Ovviamente i Rangers non lo riscatteranno e quindi la dirigenza bianconera si troverà alle prese con il disperato tentativo di trovare una soluzione. O, a questo punto, una... risoluzione, consensuale, del contratto che non consentirà di risparmiare tutti i 14 milioni lordi, ma almeno una parte. Per piccola che potrà essere, sarà comunque utile in un mercato che la Juventus deve affrontare con l’obbligo della sostenibilità.

Esodare Ramsey è quindi indispensabile per fare posto a Paul Pogba, sia nella rosa sia nel monte ingaggi, già alleggerito dagli addii a Dybala, Bernardeschi, Chiellini e quello, probabile, a Morata. Si parla molto di possibili acquisti della Juventus, ma molto dipenderà dalle dismissioni e dalle cessioni. La prova di forza per Vlahovic ha anticipato a gennaio una mossa prevista per l’estate. Il mercato bianconero, insomma, è iniziato cinque mesi fa e promette di continuare con ambizioni altrettanto alte. Ma anche con gli obblighi di sostenibilità, perno dei discorsi di Andrea Agnelli nell’assemblea di ottobre. Liberarsi di ingaggi alti che non corrispondono a giocatori utili è la via migliore per risparmiare. Non è una rivoluzione, quella juventina, ma una ristrutturazione. Ramsey è un errore di un passato più ricco in cui l’ottimismo fase espansiva evidentemente mitigava il rischio di dare 14 milioni lordi a un giocatore a rischio infortuni: cancellarlo oggi è quasi un monito.

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