Rabiot, siamo fuori dal mondo

Rabiot, siamo fuori dal mondo© Marco Canoniero

Chiariamolo subito: Adrien Rabiot deve essere libero di non trasferirsi al Manchester United e rimanere alla Juventus. Anche perché il suo attuale contratto, da 7,5 milioni netti a stagione, non l’ha ottenuto minacciando i dirigenti con una pistola, ma accettando le loro insistenti (e improvvide, ripensandoci oggi) lusinghe. Quindi, chi è causa del suo mal... non deve dare la colpa a Veronique Rabiot, mamma e agente di Adrien, dunque doppiamente motivata a farne gli interessi. Rabiot è stato, nel complesso, un pessimo affare: non perché sia un pessimo giocatore, ma perché è un buon giocatore pagato come un fenomeno. Un affare voluto dalla Juventus, non da sua madre. Tuttavia, esaurita questa doverosa premessa, quanto è accaduto nell’ultima settimana di trattative fra la signora Rabiot e il Manchester United merita una riflessione, alla luce dell’attuale rottura.

Per trasferirlo allo United, la mamma agente avrebbe chiesto 10 milioni netti a stagione per Adrien e una ricca commissione per l’attività di agente. Troppo per il club inglese, così è saltato un affare da 20 milioni di euro più bonus per la Juventus. Un brutto colpo, visto che quei soldi avrebbero finanziato gli ultimi ritocchi alla squadra in un mercato che deve essere virtuoso e sostenibile (anche per colpa di qualche altro pessimo affare compiuto nel recente passato). Ma il problema qui è la richiesta lunare di Rabiot che, evidentemente, vive molto lontano dalla realtà di un calcio che sta tirando la cinghia un po’ ovunque, ma vede ancora qualche procuratore e qualche giocatore sparare cifre del decennio scorso quando una pandemia e una guerra in Europa erano scenari da libro di fantascienza. Per carità, il calcio è ancora roba da ricchi e ci sono calciatori che chiedono e ottengono ingaggi da Star Wars, ma deve essere sfuggito, a Rabiot e non solo a lui, che un giocatore come Paulo Dybala ha faticato non poco a trovare una squadra e visto ridursi in modo drastico il suo salario. Che un nazionale italiano come Andrea Belotti, una squadra ancora non ce l’ha (e chissà quanto guadagnerà dopo aver rifiutato un’offerta da 2,5 milioni dal Torino). Che Isco, 30 anni e 5 Champions in bacheca, si è accasato al Malaga, vedendo il suo stipendio ridursi a 1,5 milioni a stagione, ovvero un quarto di quello che prendeva al Real Madrid. Che il suo ex compagno di squadra Ramsey (a proposito di pessimi affari), risolto il contratto con la Juventus, ha trovato posto al Nizza per 2 milioni a stagione.

E l’elenco potrebbe continuare e, sicuramente, continuerà nella prossima stagione perché la crisi finanziaria del calcio europeo non è passeggera. Dal primo gennaio 2023, Rabiot sarà libero di cercarsi una squadra, un ingaggio e le commissioni per la mamma agente. Domanda: riuscirà a trovare una squadra migliore dello United, a guadagnare di più e far guadagnare di più la mamma? Per la risposta non sarà necessario aspettare molti mesi. Nel frattempo si ripropone il tema dei club sempre più prigionieri di giocatori e procuratori, che godono di una posizione di eccessiva forza nello scenario del calciomercato. Nel paradiso dello sport professionistico, ovvero gli Stati Uniti, un giocatore professionista non può rifiutare il trasferimento se il livello della squadra e lo stipendio sono gli stessi. Da noi può capitare di dover chiedere il permesso alla mamma

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