TORINO - Altro che una vecchia signora dai fianchi un po’ molli di gucciniana memoria: Bologna si risveglia in Champions League e si riscopre una piazza amante del bel calcio di alta classifica. Niente male per una città che ha nel dna la palla a spicchi e che nel corso dei decenni si è accesa quasi esclusivamente, per quanto concerne lo sport, per i duelli sul parquet tra Virtus e Fortitudo. Lì dove il basket è una religione laica è arrivato un altro predicatore a regalare spettacolo: quando poi lo spettacolo va a braccetto con risultati sorprendenti, ecco allora che la parola rivelata diventa storia da scolpire nella pietra.
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Thiago Motta, il re Mida di Bologna
Thiago Motta ha contribuito a portare Bologna verso vette inesplorate e pure considerate inesplorabili fino a poco tempo fa: ciò che prima nessuno osava anche solo immaginare, non si è trasformato soltanto in un sogno da poter incredibilmente accarezzare, ma è diventato addirittura realtà. Tra il sacro e il profano, lungo la via Emilia, Thiago - e con lui proprietà, dirigenza, staff, squadra - ha riacceso la fiammella della passione che mai si era spenta, ma era soltanto sopita in attesa di qualcuno in grado di prenderla e portarla in una nuova dimensione. "l più grande merito di questo Bologna - racconta Massimo, che respira il calcio in città da oltre 30 anni - è aver unito più generazioni: ha riportato l’entusiasmo in chi, come me, ha vissuto altri periodi come quello di Baggio e Signori; poi ha soprattutto portato allo stadio i ragazzi più giovani, i bambini che si immedesimano in Zirkzee, in Calafiori, in Skorupski e via discorrendo. In questo processo, portato avanti dalla società, il ruolo di Thiago Motta è stato certamente fondamentale: ha portato un gruppo di giocatori oltre i limiti, ha migliorato i singoli senza togliere il focus dalla crescita del gruppo. E beh, sócc’mel, la qualità del gioco espresso è sotto gli occhi di tutti...".
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